Carlucci lascia Berlusconi Maroni e finita

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    “La maggioranza non c’è più, inutile accanirsi”. Sembra una condanna definitiva quella pronunciata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. Il de profundis per il governo Berlusconi da parte del dirigente leghista arriva pochi minuti dopo l’annuncio di un’altra clamorosa defezione per la maggioranza: Gabriella Carlucci, ex soubrette Mediaset e parlamentare di lungo corso prima con Forza Italia, poi con il Pdl, comunica il passaggio all’Udc auspicando la nascita di un governo di larghe intese. Maroni ha ribadito come la Lega non sia comunque disponibile a trovarsi in una maggioranza diversa da quella attuale. “Se non ci sarà una maggioranza ne prenderemo atto”, afferma Maroni. “A quel punto secondo me la strada è quella delle elezioni”, ha detto il ministro dell’Interno. “Per noi non è possibile una maggioranza diversa da quella uscita dalle elezioni. Bisogna tornare dagli elettori e chiedere loro da chi vogliono essere governati. Se in Parlamento c’è una diversa maggioranza possibile si esprimerà, ma noi non siamo disponibili”, ha affermato Maroni. Non solo. Per Maroni si potrebbe andare al voto con una nuova legge elettorale e il “mattarellum” sarebbe una buona ipotesi. Meglio della reintroduzione delle preferenze. Secondo l’esponente della Lega, anche andando a votare a gennaio è possibile cambiare la legge elettorale: se c’è l’accordo “lo si può fare semplicemente e in tre settimane”. Dal ministro, poi, una stoccata finale al premier, che due giorni fa aveva negato la crisi parlando di ristoranti pieni 1. Berlusconi “poteva risparmiarsela”, ha detto. “Perché la crisi – ha aggiunto – c’è e c’è grande sofferenza. Io giro continuamente, incontro imprenditori che sono in difficoltà. E’ il sistema che è in crisi, non solo in Italia. E’ giusto non autoflagellarsi, e in questo Berlsuconi è stato bravissimo, ma non si può nascondere la verità”. Ancora stamattina, Berlusconi si era detto certo dei numeri della sua maggioranza. “Non credo a esecutivi tecnici con un premier fantoccio e nemmeno alle larghe intese. Nonostante le defezioni che io continuo a ritenere possano rientrare, noi siamo ancora maggioranza in parlamento”, aveva detto il premier nel corso di un collegamento telefonico con una convention organizzata da Silvano Moffa. “Abbiamo verificato in queste ore, con numeri certi che la maggioranza c’è – annuncia il Cavaliere – La volontà popolare non può essere commissariata e non possiamo lasciare l’Italia a Bersani, Vendola e Di Pietro”. Eppure, dopo le notizie dell’abbandono della Carlucci e le parole di Maroni, il premier ha visto a Palazzo Grazioli il segretario del Pdl Angelino Alfano e il sottosegretario Gianni Letta, in un vertice notturno sul cui piatto c’è anche la possibilità di dimissioni, per evitare un voto negativo in aula. Anche sull’economia, Berlusconi ha minimizzato. E sulla richiesta di una certificazione da parte del Fondo monetario dei conti italiani ha detto: “E’ venuta da noi e possiamo ritirarla quando vogliamo”. Parole liquidate come un bluff da Dario Franceschini, presidente dei deputati Pd. “Berlusconi non ha più la maggioranza alla Camera, o si dimette o presto i parlamentari che vogliono un governo di emergenza per salvare il Paese voteranno la sfiducia per poterlo far nascere”. Poi parla Pier Luigi Bersani: “Daremo l’occasione in Parlamento di dire, a chi lo pensa, che così non si può continuare. Non so se accadrà martedì per il voto sul Rendiconto, ma discutiamo con l’opposizione e valutiamo se un voto su un provvedimento o su un documento”. Dal Pd no a un esecutivo guidato da Gianni Letta o Renato Schifani: “Sarebbe un esecutivo di centrodestra e non si vede come potrebbe fare quello che non ha fatto il governo Berlusconi” dice Pier Luigi Bersani. Mario Monti? “Lascio la parola a Napolitano. Parole che rimbalzano alla convention del Terzo Polo a Roma, da dove anche Pier Ferdinando Casini dice no a un governo Letta e avverte: “Senza il Pd non si ricostruisce l’Italia. Noi siamo nel Ppe, da sempre antagonisti della sinistra ma dobbiamo essere onesti, ragazzi: la sinistra ieri ha detto, quando potrebbe avere un interesse elettorale a chiedere solamente le elezioni, che sono disponibili. E allora pensare a un governo che emargini una parte del mondo politico più direttamente rappresentativo del mondo operaio e sindacale significherebbe essere irresponsabili”. “Non si fanno sacrifici – avverte ancora Casini – agitando la contrapposizione sociale o dividendo i lavoratori, perchè quelle forze vanno coinvolte. Sarebbe autolesionista cercare divisioni. Nè si può fare un governo di risanamento nazionale senza la destra che ha vinto le elezioni”. Ed ancora: “A 48 ore dalla scadenza del rendiconto, io non possono credere che il Pdl sia così miope e autolesionista da non raccogliere la disponibilità a un esecutivo di emergenza avanzata dalle opposizioni”. Un governo guidato “da una personalità indipendente e seria, riconosciuta a livello internazionale”. E tra il leader dell’Udc, Fini e Rutelli spunta anche il senatore Pdl Beppe Pisanu, con un piede nel Terzo Polo “A Berlusconi – chiediamo di contribuire con il suo peso politico a contribuire a un governo di unità e salvezza nazionale. Non si può attribuire a lui e alla maggioranza l’esclusiva responsabilità della crisi che investe l’Occidente e non è solo politica, ma che in Italia è notevolmente politica”. “La chiave della soluzione – scandisce l’ex ministro dell’Interno – è nelle mani del presidente del Consiglio. Più si arrocca nella fortezza del Pdl e più cresceranno le sue reponsabilità per l’inasprimento della crisi. Ma continuo a confidare nella sua intelligenza e nella coerenza politica di quei tanti colleghi del Pdl che non si rassegnano al peggio e mettono avanti a tutto l’interesse dell’Italia. Noi non siamo traditorI, semmai traditi”. (06 novembre 2011)

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