Ravello De Masi risponde ad Amalfitano non abbiamo bisogno di prime donne

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Ravello, costiera amalfitana. Negli ultimi dieci anni Ravelo gha rappresentato un buon esempio di sviluppo socio-economico grazie al binomio cultura-turismo: un esempio tanto più originale quanto più corale. Nel 2000 il «Progetto Ravello» era un’aspirazione teorica più che un piano concreto. Poi la Fondazione prese corpo; la sua sede fu restaurata; il Festival riprese vigore; man mano fu selezionato il personale giusto per gestire uffici ed eventi; i singoli collaboratori divennero squadra, attentamente formata per lavorare in team affiato ed efficiente; si riuscì a ottenere la gestione di Villa Rufolo; si creò una scuola internazionale di management della cultura; si realizzò e si inaugurò l’Auditorium. I media moltiplicavano in tutto il mondo la fama di Ravello. Come si è riusciti a realizzare tutto questo?A chi va il merito? La risposta è: «Perfezione e polifonia». Ogni tappa di questo percorso decennale ha visto la collaborazione di molti enti e molte persone. La Fondazione non sarebbe nata senza l’apporto dei presidenti di Regione, Provincia e della Fondazione Monte Paschi. Nel Sud questo lavoro di gruppo è un’eccezione, dalla cui rarità dipende gran parte del sottosviluppo meridionale. Se la gestione di Villa Rufolo, auspicata da decenni, è stata finalmente affidata a Ravello attraverso la Fondazione, il merito va alla consulenza insostituibile di un Consigliere, alla disponibilità del sovrintendente ai beni culturali e del direttore EPT di Salerno, oltre all’impegno diretto dell’Assessore regionale al turismo. E cosa dire dell’Auditorium?Sarebbe stato progettato senza Niemeyer? Sarebbe stato finanziato senza il Governatore regionale?Avremmo vinto la battaglia mediatica senza l’aiuto di Legambiente, del WWF, del Fai, dell’In/Arch e di tantissimi intellettuali mobilitati in tutto il mondo? A livello locale avremmo emarginato gli oppositori del progetto senza le centinaia di ravellesi che si sono persino tassati per contribuire alle spese legali?I lavori sarebbero iniziati senza il Commissario nominato dal Presidente della Regione? Sarebbero giunti termine in soli tre anni senza il lavoro sinergico delle ditte, dei tecnici del Comune, dei sessantacinque operai che hanno lavorato anche sotto la neve? In una lettera al Mattino del 15 ottobre, Secondo Amalfitano, orgoglioso dei risultati che Ravello e la Fondazione hanno saputo conquistare, se ne attribuisce il merito e la primogenitura. Lo invito perciò a un atto si onestà intellettuale: nel periodo in cui egli è rimasto sindaco di Ravello, il suo contributo di idee e di azione è stato determinante. Poi, una volta perse le elezioni, per tre anni egli ha drasticamente ridotto il suo impegno, limitandosi a dirigere Villa Rufolo dietro regolare compenso. Quanto al mio ruolo, in tutta questa storia decennale esso è stato davvero secondario rispetto all’enorme sforzo collettivo di cui ho parlato sopra. In fin dei conti mi sono limitato a organizzare la Fondazione, a riorganizzare il festival, e a lottare per la realizzazione dell’Auditorium. Tutto qui. A questi obiettivi ho dedicato ogni anni anno, gratuitamente, un centinaio di giornate di lavoro, tentando di ricostruire e diffondere la storia di Ravello, fornire alla Fondazione un paradigma concettuale e un’organizzazione manageriale, convogliare su Ravello il contributo di tanti miei amici prestigiosi. Le due ultime edizioni del Festival (2010 e 2011), benché decurtate nel budget, hanno conservato il loro stile polifonico e la loro perfezione grazie alla squadra che si era formata negli anni precedenti. La Fondazione, invece, ha cambiato registro e nocchiero, come scrive Secondo Amalfitano, ma non mi pare che, grazie a questo, abbia raggiunto risultati migliori: il nuovo presidente e un consigliere si sono già dimessi ; i consiglieri di estrazione aziendale, con cui sono stati sostituiti quelli di estrazione culturale, non hanno portato gli sperati finanziamenti; da mesi non si riesce neppure a raccattare il numero legale per eleggere il terzo presidente. Non mi sottrarrò al dovere di vigilare attentamente, insieme a tanti intellettuali di tutto il mondo, sulla sorte dell’Auditorium perché Oscar Niemeyer mi ha espressamente incaricato di «supervisionare e controllare in permanenza lo stato di manutenzione e di estetica dell’intero complesso architettonico». Per il resto, sono felice che Secondo Amalfitano minimizzi il mio ruolo: più evapora il protagonismo individuale, più risulta evidente che Ravello e il Sud non hanno bisogno di prime donne – sociologi e geologi che siano – perché sono capaci di riscatto sociale.

Professor Domenico De Masi, Il Mattino

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