Pagani Gambino annullata condanna in cassazione

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 Pagani Gambino annullata condanna in cassazione. Per l’ex consulente di Edmondo Cirielli presidente della provincia di Salerno e consigliere Regione Campania una buona notizia sul fronte giudiziaria

Era stato condannato in appello a un anno e sei mesi di reclusione per uso improprio della carta di credito del Comune, ora è stata annullata in Cassazione la condanna inflitta all’ex sindaco di Pagani, Gambino. La Suprema corte – con la sentenza 36718 – ha disposto quindi un nuovo processo per le spese sostenute dal consigliere regionale Pdl, finito agli arresti domiciliari questa estate nell’ambito di una successiva inchiesta sul voto di scambio. Secondo i supremi giudici, la corte di Appello di Salerno che ha confermato la condanna di primo grado il 26 febbraio 2010, ha sbagliato a giudicare Gambino colpevole ritenendo una prova negativa la circostanza che avesse fornito solo in un secondo momento, al Comune, i giustificativi delle spese. La palla passa ora alla corte di Appello di Napoli che dovrà chiarire se le spese saldate con la «Visa» del Comune sono state fatte per fini personali o istituzionali. E per far questo – avverte la Cassazione, accogliendo la tesi difensiva degli avvocati Franco Coppi e Michele Tedesco – non importa se i giustificativi sono forniti in ritardo, quel che conta – e rimane da appurare – è se la spesa sostenuta «dimostri in modo trasparente e chiaro la realizzazione di uno scopo pubblico e non la canalizzazione del denaro ad un fine personale». In pratica, per la Cassazione, non prova il peculato la circostanza che la rendicontazione delle spese sia fatta con ritardo dal momento che «il meccanismo contabile della apertura di credito, con concessione della carta, presuppone che, all’atto di compimento della spese, sia emessa una doppia nota contabile: una rilasciata subito all’esibitore della carta, l’altra inviata in un estratto conto e sottoposta alla verifica del debitore». «In tal modo – rileva la sentenza – la spesa Š immediatamente valutabile dall’organo di controllo amministrativo». «È l’esborso in sè che può costituire, o meno, reato a prescindere dal documento contabile», conclude la Suprema Corte.

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