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Trionfo al teatro Verdi  per la Sapporo Orchestra diretta da Tadaaki Osaka il quale ha diretto con le vittime di Fukushima nel cuore

 Penultimo appuntamento mercoledì sera, della prima parte della stagione lirico-concertistica del teatro Verdi di Salerno, che si concluderà il 30 maggio con il rècital di Sergej Levitin e Min-jung-Kim. Sul palcoscenico del massimo la Sapporo Orchestra diretta da Tadaaki Osaka ha inteso principiare il suo programma con una pagina di Toru Takemitsu, “How slow wind”, che è una vera commistione di filosofia orientale su gesti musicali e colori individuali di strumenti occidentali. A proprio agio i giovani strumentisti della Sapporo Orchestra con una scrittura fatta di eventi sonori ottenuti ora con impasti timbrici, ora con la purezza dei colori di strumenti isolati. Su stratificazioni più o meno dense degli archi si stagliano singoli suoni realizzati con una nitidezza geometrica andando a formare accordi complessi, silenzi, in bilico tra tonalità ed espressionismo. Special guest della serata è stata la violinista Akiko Suwanai  e in particolare il suo Stradivari “Dolphin” con il quale ha eseguito il concerto per violino n°1 in Sol minore op.26 di Max Bruch. Amabile e discorsiva è risultata l’esecuzione della giovane violinista una vigorosa farfalla, capace di contemperare accenti cantabili e scansioni drammatiche, in cui mai il sentimentalismo emotivo ha prevalso sulla profonda spiritualità orientale che contraddistingue anche la formazione. Scroscio di applausi a conclusione del Finale vigorosamente popolaresco e virtuosistico con chiamata per il bis, per il quale la Suwanai ha scelto un adagio bachiano, dissolvendo tutte le tensioni del brano precedente. Tadaki Osaka e la Sapporo Orchestra si sono cimentati con la  Sesta Sinfonia Pyotr Ilyic Tchaikovsky, detta “Patetica”. Una sola nota nel quarto movimento, alla battuta 137. E’ quella suonata dal tamtam, il leggendario e misterioso strumento orientale, che come uno spartiacque “segna l’inizio del pizzicato lugubre dei contrabbassi, sul quale si inanella un tema discendente, di rassegnazione, che si spegnerà dopo qualche battuta”, scrive il nostro Riccardo Muti. Il testamento artistico del tormentato genio russo, nel quale confluiscono tutti gli stati emotivi, spirituali ed affettivi segnata da ombre e tinte dal tenore caravaggesco, veste perfettamente la formazione orientale. Tadaaki Osaka si è posto su strade che non s’incontrano comunemente in altre interpretazioni. Sin dal primo episodio della lettura di Osaka, domina una regolarità di conduzione, una misura nel gesto, una precisione ritmica che vanno nella direzione di una vitalità luminosa. Un vero paradosso questa “mancanza” di patetismo è la via non verso la superficie (dell’effetto, dell’esibizione, della perfezione del meccanismo ritmico) ma proprio verso un mondo poetico più ricco di interiorità non esibite: un Tchaikovsky che, in quest’ aria più respirabile, può essere amato con minori cautele e diffidenze. Saluto in italiano del Maestro al pubblico del Verdi, tra cui abbiamo visto numerosi fans giapponesi della Sapporo Orchestra, e apprezzamenti calorosi al compositore cui è intitolato il nostro massimo. Pensiero alle 15.000 vittime del terremoto e del disastro nucleare di Fukushima a cui il Maestro ha dedicato il bis, la IX variazione Nimrod dalle variazioni op.36 Enigma di Edward Elgar, che ha posto in luce la pregnante cavata degli archi.

Olga Chieffi

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