LIBIA, RIBELLI AD AJDABIYA. OBAMA: EVITATA CATASTROFE

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    •Donna denuncia: “Violentata dai lealisti” TRIPOLI – Gli insorti libici stamani hanno ripreso Ajdabiya, città a 160 km da Bengasi, nella Libia orientale, riconquistata una settimana fa dai governativi. Dopo una notte di combattimenti, con il sostegno degli aerei della coalizione, i ribelli sono entrati nella città dall’ingresso est. Per gli insorti è la prima vittoria, dopo che l’intervento internazionale li ha salvati da una sicura disfatta. Le forze lealiste stamani si erano ritirate all’ingresso ovest della città. Poi sono partite anche da lì, incalzate dagli insorti sulla strada per Brega, strategico porto petrolifero 75 km a ovest, altra città che hanno strappato ai ribelli la settimana scorsa. “Inseguiamo le forze di Gheddafi sulla strada di Brega”, hanno annunciato trionfanti i ribelli. Secondo Al Jazira, i ribelli sarebbero avanzati per 40 km da Ajdabiya. Quest’ultima stamani appariva una città fantasma, con i segni della battaglia: muri crivellati di proiettili, carri armati distrutti dai raid aerei, bossoli dappertutto. Abitanti ne sono rimasti pochi, solo quelli che non avevano neppure una macchina per fuggire. La riconquista di Ajdabiya, l’ultima grande città sulla strada per Bengasi, è una vittoria importante per i combattenti anti-Gheddafi, perche’ allontana i governativi dalla loro roccaforte, Bengasi, e risolleva il morale degli insorti. Il regime ha riconosciuto di aver perso la strategica citta’, ma ha detto che le forze governative si sono ritirate a seguito di attacchi della coalizione. Il vice-ministro degli esteri ha detto che le forze occidentali aiutano direttamente i ribelli e che non sono interessate a proteggere i civili. All’ovest, i continuano a stringere d’assedio Misurata: l’esercito controlla gli ingressi della città e i cecchini continuano a sparare dai tetti, secondo gli abitanti. Il bilancio dei morti sarebbe salito a 115. Non si fermano i raid aerei della coalizione. Stanotte tre grandi esplosioni hanno scosso Tripoli: una caserma è stata colpita e un radar militare distrutto. Stamani la tv di stato ha detto che gli aerei stranieri hanno bombardato obiettivi civili e militari nel sobborgo della capitale di Tarunah e impianti petroliferi, una notizia che non e’ stato possibile verificare. Il presidente Usa Obama stamani nel suo discorso settimanale ha ribadito la legittimità dell’intervento occidentale, che ha evitato un bagno di sangue. Ma Obama ha anche sottolineato che “il ruolo delle forze americane” in Libia è “limitato” e che “più paesi” condividono “la responsabilità e il costo della pace e della sicurezza”. Il Washington Post scrive stamani che Stati Uniti e alleati stanno studiando la possibilità di fornire armi ed addestramento agli insorti. FRATTINI: “NON SIAMO IRRITATI CON PARIGI” Roma non è «assolutamente» irritata con Parigi. Ha incassato una vittoria, raccogliendo quasi l’unanimità degli altri paesi sulla sua idea di un comando delle operazioni in Libia affidato alla Nato. E si limita a far notare come questa proposta «abbia prevalso» su quella francese – che l’Italia «non condivideva» – di mettere le operazioni sotto il comando «della coalizione dei volenterosi». All’indomani del duello con la Francia, il ministro degli esteri Franco Frattini tiene così a rispondere «assolutamente no» a chi gli chiede se vi sia irritazione verso oltralpe. Ma ribadisce che a Londra martedì arriverà con un suo «piano alternativo a quello franco-britannico». I riflettori si puntano così sulla riunione del gruppo di contatto nella City. Dove la Francia di Nicolas Sarkozy ha annunciato che si presenterà con una propria «iniziativa politico-diplomatica», appoggiata dalla Gran Bretagna di Cameron, auspicando che riceva anche il placet della Germania di Angela Merkel. Roma volerà però in Gran Bretagna con «le sue idee», ha fatto sapere già ieri la diplomazia italiana spiegando che anche l’Italia ha «proposte da fare». Con un «suo piano diplomatico alternativo a quello anglo-francese» ha detto oggi il responsabile della Farnesina puntualizzando: Sarkozy «ha detto che ha delle idee. Siccome le abbiamo anche noi, a Londra presenteremo un nostro piano di azione. Ne parleremo assieme e assieme troveremo una quadra, mi auguro». Proposte che «saranno fatte valere nelle sedi opportune e nei prossimi appuntamenti», facevano sapere ieri fonti autorevoli della Farnesina – ribadendo comunque che ogni passo, ogni decisione, dovrà essere frutto di un confronto e di un consenso da parte di tutti. Senza ‘strappì in avanti e protagonismi, sembra essere il monito. Roma «sar… certamente nel gruppo di contatto per la Libia», spiega Frattini rassicurando anche «gli investitori, come l’Eni» sul fatto che da parte degli insorti non ci saranno favoritismi pro-Parigi. «A Bengasi sono pragmatici: ho avuto un colloquio con il professor Jibril, capo del governo provvisorio, e mi ha garantito non solo che manterranno tutti gli impegni internazionali verso i partner che vogliono una Libia unita, ma anche che rispetteranno i contratti petroliferi». Una preoccupazione quella sul futuro delle imprese italiane nel paese ribadita anche oggi dal Pd. Sul fronte delle polemiche interne, intanto, Frattini smorza anche su quello letto da molti come un eccessivo silenzio del premier sulle vicende libiche: «Berlusconi semplicemente condivide e l’ha detto pubblicamente, l’azione compiuta sotto il profilo diplomatico e la scelta che si è coagulata attorno al ruolo della Nato». A Bruxelles proseguono, nel frattempo, le grandi manovre in casa Nato: il comitato militare, presieduto dall’ammiraglio Giampaolo Di Paola, è al lavoro da stamattina per pianificare l’intervento, incluse le decisioni sulle regole di ingaggio degli alleati e dei paesi extra alleanza. In vista della riunione, in programma domani pomeriggio, che dovrebbe mettere ‘il timbrò politico sulla decisione e vedere lunedì il passaggio di consegne tra la coalizione dei volenterosi ed il comando Nato. E, nello scacchiere della diplomazia internazionale, la settimana prossima è prevista anche una riunione a Addis Abeba tra una delegazione Ue e rappresentanti dell’Ua sugli spazi di una possibile mediazione africana, dopo il ‘si« arrivato da Gheddafi a questa ipotesi. DONNA AI GIORNALISTI: “VIOLENTATA DAI LEALISTI” «Mi hanno sequestrato e stuprato per due giorni dopo avermi fermata a un posto di blocco. Lo hanno fatto perchè sono di Bengasi». È la denuncia di una donna libica di circa 30 anni, di nome Iman al-Obeidi, che ha messo a dura prova i nervi del governo libico. Stamani, verso le 9.30 locali (le 8.30 in Italia) ha fatto ‘irruzionè nell’albergo di Tripoli dove sono ospitati i giornalisti stranieri accreditati, il Rixos, per denunciare stupri e abusi da parte dei soldati di Muammar Gheddafi nei suoi confronti, e scatenando un vero e proprio parapiglia tra cronisti e funzionari della sicurezza quando questi hanno portato via la donna a forza. Fonti sul posto confermano che Iman è entrata nel salone da pranzo dell’albergo di lusso – che si trova all’interno del compound del rais libico – mostrando ferite da taglio su tutto il corpo, «si alzava la gonna, univa le braccia per far vedere i segni delle manette sui polsi». I giornalisti le si sono fatti intorno volendo garantire la sua incolumità, «Mi arresteranno non appena esco da qui», strillava la donna. «Mi hanno urlato contro di tutto, mi hanno filmata. Ero sola. C’era del whisky. Ero legata, mi hanno urinato addosso. Hanno violato il mio onore. Guardate cosa mi hanno fatto i soldati di Gheddafi, solo perchè sono di Bengasi», ha raccontato Iman, denunciando di essere stata due giorni in balia dei suoi «carnefici». Gli agenti di sicurezza e il personale dell’albergo sono a quel punto intervenuti per cercare di trascinarla via, spezzando il ‘cordonè che i giornalisti avevano creato. Poi il parapiglia: spintoni, pugni e schiaffi, una telecamera della Cnn in pezzi mentre agli altri cameraman veniva intimato a brutto muso di fermare la ripresa. Due inservienti dell’albergo, due ragazze fino a oggi considerate dai tanti cronisti che alloggiano al Rixos come il «volto bello e sorridente» del regime, hanno tirato fuori le unghie: una ha minacciato Iman con un coltello da burro, «traditrice» le urlava secondo i testimoni, mentre l’altra la incappucciava con un velo per impedirle di strillare ancora e lanciare le sue accuse. Alla fine la donna è stata caricata su un’auto bianca: «È mentalmente disturbata, l’abbiamo portata in ospedale», hanno riferito funzionari libici ai giornalisti. Una cosa è certa: ora al Rixos tutti hanno mostrato il proprio vero volto, e la tensione sale in attesa di un’altra notte di bombe. OBAMA, NOSTRA RESPONSABILITA’ AGIRE CONTRO BAGNO SANGUE “Gli Stati Uniti non possono, e non devono, intervenire ogni volta che c’é una crisi in una parte del mondo”. Lo ha detto il presidente americano Barack Obama nel discorso settimanale. “Ma credo fermamente – ha aggiunto – che quando innocenti sono brutalizzati, quando qualcuno come Gheddafi minaccia un bagno di sangue e quando la comunità internazionale è preparata ad agire insieme, è nel nostro interesse nazionale agire. E’ nostra responsabilità. E questo”, in Libia, “é uno di questi momenti”. “Il ruolo delle forze americane” in Libia “é limitato”. Con gli alleati si è deciso che “la responsabilità della missione passasse dagli Stati Uniti ai nostri alleati e partner della Nato”. Lo ha detto il presidente americano Barack Obama nel suo discorso settimanale. “E’ così che la comunità internazionale funziona, più paesi, non solo gli Stati Uniti, a condividere la responsabilità e il costo della pace e della sicurezza”.

    Michele Pappacoda

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