Yara, Fikri verso rilascio Datore lavoro:era con me

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    Alibi per il nordafricano: si trovava nel cantiere nell’orario in cui la giovane scompariva

    PADOVA – “Nel momento in cui Yara è scomparsa Mohammed Fikry era con me in cantiere”. A sostenerlo é Roberto Benozzo datore di lavoro del marocchino indagato per la scomparsa della tredicenne bergamasca. Benozzo non ha dubbi sulle mosse del giovane extracomunitario il 26 e 27 novembre: “Eravamo in cantiere e su di lui non ho certo sospetti lo conosco da quattro anni”. Come rileva il Mattino di Padova Benozzo è convinto che “tutto si chiarirà”. Anche la sorella dell’imprenditore, Patrizia Benozzo, conferma le parole di Roberto: “Mohammed non stava scappando aveva già prenotato il viaggio in Marocco da tempo”.

     

    BERGAMO – La drammatica vicenda di Yara Gambirasio, la ragazza scomparsa ormai da dieci giorni da Brembate Sopra, nel Bergamasco, conosce un altro, clamoroso colpo di scena. Mohammed Fikri, 22 anni, marocchino, fermato sabato scorso con le accuse di sequestro di persona e omicidio, dovrebbe lasciare il carcere.

    Inevitabile, dopo che il pm Letizia Ruggeri, al termine dell’udienza di convalida del fermo, non ha chiesto per lui l’arresto: troppi labili gli indizi raccolti per avere la gravità della custodia cautelare; sbagliata, rispetto alla traduzione iniziale, quella frase intercettata e che ha attirato le indagini su di lui: “Allah mi perdoni, non l’ho uccisa io”, che sarebbe stata invece un’imprecazione, slegata dalla vicenda di Yara, perché la persona a cui stava telefonando non rispondeva.

    Mohamed ha spiegato che quelle verso il Marocco, interrotta a Genova sabato scorso a bordo di una motonave diretta a Tangeri, erano vacanze programmate, non una fuga. Il pm ha invece chiesto la convalida del provvedimento di fermo, a suo avviso legittimo in quanto sussistevano i presupposti. Il muratore che lavorava nel cantiere di Mapello, a poca distanza da Brembate Sopra, e in cui i cani avevano individuato tracce della tredicenne scomparsa è quindi di fatto un uomo libero, pur rimanendo indagato. I suoi avvocati, Roberta Barbieri e Giovanni Fedeli spiegano che, in sostanza, gli inquirenti avevano quell’intercettazione dal tenore equivoco e “elementi ancora più deboli”, tali da giustificarne la scarcerazione. Sulla legittimità del provvedimento di fermo, viene data per scontata la liberazione, deciderà nella mattinata di domani il gip Ezia Maccora, tornata nei mesi scorsi a Bergamo dopo un mandato al Consiglio superiore della Magistratura.

    Oggi è intervenuto in difesa di MohamMed anche suo cugino Abderrazzaq, presso la cui abitazione a Montebelluna il marocchino ha la residenza. Abderrazzaq ha spiegato che Mohammed non conosceva Yara e ha detto di avergli parlato venerdì scorso, il giorno prima del fermo. “Era tranquillo, ma non ci siamo soffermati molto a discutere della vicenda. Mi ha solo detto – ha raccontato l’immigrato – che i carabinieri l’avevano interrogato per due ore facendogli tante domande, ma che alla fine l’hanno lasciato libero. Poi abbiamo cambiato discorso perché il fatto non lo coinvolgeva più di tanto”.

    “Non sa niente – ha affermato Abderrazaq – e non aveva nulla di che preoccuparsi o per cui essere spaventato. Perché deve esserlo se non c’entra niente?”.

    Le indagini sulla scomparsa della ragazza hanno subito un brusco stop, se non sono state azzerate, almeno sul versante di Mohammed e di suoi presunti complici. Alle indagini partecipano, oltre i carabinieri, anche gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Bergamo.

    Indagini che necessariamente devono tornare a essere a tutto campo, prendendo probabilmente anche in considerazione segnalazioni non ancora del tutto coltivate: come quei due uomini che un teste avrebbe visto con Yara poco prima delle 18,30 del 26 novembre, nei pressi del centro sportivo in cui si allena. Poi nessuno l’ha più vista. Sono stati descritti da una persona come due giovani, mentre il vicino di casa di Yara, Enrico Tironi, 19 anni, avrebbe visto con la ragazzina due uomini fatti. Le ricerche della giovane promessa della ginnastica sono proseguite anche oggi per controllare anche una fonderia ad Ambivere. Anche nella fabbrica gli investigatori sono arrivati al seguito di una segnalazione. L’ennesima che si è rivelata infondata in questi giorni di crescente angoscia per i genitori e i fratelli di Yara.

    dell’inviato Stefano Rottigni Ansa

    scelto da Michele Pappacoda

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