Rivolta dei giudici di pace: indispensabili ma di serie B. Oltre un milione le sentenze l’anno, compensi fermi al 1991

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    Sono un po’ considerati la Cenerentola della giustizia italiana. Non magistrati di carriera, ma avvocati di almeno 30 anni d’età che si fanno giudici su materie considerate «di rilevanza minore». Sono i 1.300 giudici di pace di tutt’Italia che hanno puntato i piedi: da ieri e fino a venerdì si asterranno dal tenere udienza. È una protesta che rischia di passare in sordina, ma coinvolge centinaia di migliaia di utenti. Spiega Gabriele Di Girolamo, avvocato di Avezzano presidente dell’Associazione nazionale giudici di pace: «Dopo la riforma dello scorso aprile, in attesa dei decreti legislativi del governo, abbiamo voluto denunciare con quest’iniziativa il silenzio del ministro su alcune nostre richieste. Parliamo dell’età della pensione a 68 anni, l’assenza di previsione previdenziale, il sistema di compensi». Dici giudici di pace e vai ad una forma di magistratura nata con la rivoluzione francese, nel 1808 estesa nel regno di Napoli da Murat. I giudici di pace in salsa moderna sono stati rispolverati nel 1991, ma da allora sono stati al centro di più riforme. Eppure sono loro, che possono restare in carica un massimo di 12 anni, a sobbarcarsi cause come quelle sugli incidenti stradali, sulle parti comuni dei condomini, sulle sanzioni amministrative come le contravvenzioni. Cause e decreti per un valore massimo di 15.000 euro per le sanzioni amministrative e 25.000 per incidenti stradali e risarcimenti. Dice Ettore Ferrara, presidente del Tribunale di Napoli: «Oggi non si potrebbe fare a meno del lavoro dei giudici di pace. I contenziosi sono così tanti che non ci sarebbero abbastanza magistrati professionali. È una scelta del legislatore, con gli attuali organici i giudici di pace sono indispensabili». Lo dicono i numeri. Lo scorso anno, in tutta Italia le nuove cause civili dinanzi ai giudici di pace sono state 1.218.000. A sentenza, tra vecchie e nuove, ne sono arrivate 1.340.000. Nelle statistiche ministeriali, la produttività di questa magistratura onoraria porta un segno attivo del 4%. Numeri da stress, se qualche tempo fa un cartello campeggiava dinanzi l’ufficio sbarrato del giudice di pace di Torre Annunziata con la scritta «Chiuso, personale a riposo per esaurimento nervoso e altro». È Napoli la città con il più alto numero di decisioni di questi magistrati onorari. Nel capoluogo campano, alle sedi dell’ex caserma Garibaldi e di Barra, oltre che sulle tre isole del golfo, lavorano circa 100 giudici di pace, ma l’organico previsto è di 250. Dice l’avvocato Luigi Vingiani, giudice di pace a Salerno che presiede la Confederazione nazionale, altra sigla associativa: «Abbiamo anche competenza penale su reati pecuniari e in Campania arriviamo, su questo, a 250.000 procedimenti all’anno. La Campania tratta più del 30% dei processi italiani sottoposti ai giudici di pace». Come se non bastasse, ai giudici di pace è arrivata anche la competenza dei ricorsi sulle espulsioni degli immigrati disposte dalle Prefetture. Un’attività su cui il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università Roma tre ha pubblicato uno studio dalle conclusioni negative, su Roma, Bologna, Bari, Firenze e Napoli per un totale di 639 provvedimenti. Concludeva lo studio: «Emerge una giustizia amministrata in maniera sommaria, che non garantisce adeguata tutela dei diritti fondamentali, soprattutto in relazione a provvedimenti, come la convalida e proroga del trattenimento, in cui è in gioco la restrizione della libertà personale». Critiche ricorrenti, che investono spesso la qualità delle sentenze. Critiche respinte dai giudici di pace. Dice il presidente Di Girolamo: «Svolgiamo un lavoro difficile, spesso le sentenze vengono confermate in appello. Le realtà logistiche sono difficili, con sicurezza approssimativa in alcune città, senza assistenza di cancelleria. I verbali d’udienza di frequente dobbiamo scriverceli da soli». Nelle grandi città, nelle due udienze settimanali si trattano in media 30-40 procedimenti. Scendono a 15-20 nei centri più piccoli. Naturale che la media di durata delle cause non sia mai inferiore a 358 giorni, poco meno di un anno. La riforma di aprile ha trasferito ai presidenti dei tribunali il compito di coordinare l’ufficio dei giudici di pace. Prima era affidato ad un coordinatore nominato tra gli stessi giudici di pace. Commenta il presidente del tribunale di Napoli, Ferrara: «C’è stata affidata questa ulteriore competenza. In più la legge ha unificato giudici di pace e giudici onorari di tribunale. Come molte riforme, si tratta di una modifica priva di risorse aggiuntive, con gli stessi limiti di organici di personale precedenti». Per risparmiare sono state soppressi da tempo diversi uffici, altri sono stati accentrati. Come al tribunale di Napoli nord ad Aversa, che accorpa i giudici di pace di Crispano, Frattaminore, Frattamaggiore, Grumo Nevano, Sant’Antimo, Casandrino. Ma quanto guadagna un giudice di pace? I compensi sono fermi da anni. C’è una quota fissa mensile lorda di 258 euro, ridotta in caso di assenze in udienza. Poi c’è un gettone di 36 euro a udienza e compensi sulle sentenze depositate: 56 euro. Per i decreti ingiuntivi il compenso è di 10 euro, così come per le decisioni sugli immigrati. Spiega il presidente Di Girolamo: «Sono cifre ferme dalla legge istitutiva del 1991. Abbiamo chiesto un incontro al ministro Orlando, per discutere le questioni rimaste aperte, prima dei decreti legislativi. Abbiamo anche avuto ragione al Comitato europeo dei diritti sociali a Strasburgo, che ha riconosciuto il nostro diritto alla tutela previdenziale. Questioni in piedi, come quella di un nuovo sistema di compensi da applicare». La decisione europea stabilisce il diritto ad una «protezione sociale appropriata e proporzionata al lavoro fornito». Nonostante la depenalizzazione di molti reati, come quello dell’ingiuria, i fascicoli dei giudici di pace – penali e civili – restano da grandi numeri. Di certo i giudici di pace restano indispensabili in Italia, dove il numero di contenziosi giudiziari è altissimo. Dice l’avvocato napoletano Vincenzo Crasto, presidente emerito dell’Associazione nazionale giudici di pace: «Per accedere a quest’attività c’è bisogno di una doppia e severa decisione del consiglio giudiziario e del consiglio superiore della magistratura, che si basa su valutazioni di professionalità nei confronti di avvocati in possesso dell’abilitazione. È una garanzia di affidabilità». (Gigi Di Fiore – Il Mattino)

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