Prima unione civile a Napoli. Il presidente dell’Arcigay Sannino al Comune con il suo compagno Di Leo

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Napoli. Un’unione civile per battere l’omotransfobia: Antonello Sannino, presidente dell’Arcigay, e Danilo Di Leo, ballerino del San Carlo, concludono un percorso che è personale e «politico» in una città in cui si moltiplicano gli episodi di violenza ai danni di gay e trans. Una contraddizione aperta: da un lato un mondo che si batte per i diritti del mondo lgtb (la sigla che sta per lesbiche, gay, transgender e bisessuali) con in prima fila le istituzioni (visto che Luigi de Magistris per primo aveva trascritto un matrimonio tra due lesbiche quando ancora non c’era la legge), dall’altro il clima che si appesantisce per chi viene considerato «diverso». «Nonostante sia un attivista – racconta Sannino – ho capito l’importanza della legge Cirinnà proprio in questi giorni: il salumiere sotto casa che fa gli auguri, la zia di 80 anni che viene alla cerimonia, gli amici del calcetto che mi sono vicini sono tanti segnali. È necessario fare ancora mille Pride, ma il portato culturale, sociale e politico di questa legge arriva dove non saremmo mai arrivati». L’ultimo episodio di violenza, quello più grave, è avvenuto il 21 agosto: un bossolo di proiettile poggiato sul lucchetto di chiusura dell’ingresso della sede dell’Arcigay, in vico San Geronimo, a due passi di Santa Chiara. Non è la prima volta. Nell’ultimo triennio, infatti, si è avuto a Napoli un considerevole aumento degli episodi di violenza ai danni di gay, lesbiche, trans e trav. E la stessa sede dell’Arcigay è stata oggetto di diversi episodi di teppismo. Ecco, dunque, che la prima unione civile a Napoli che de Magistris celebra oggi, alle 17, presso la sala Giunta di Palazzo San Giacomo, assume un significato particolare. Tanto più che coinvolge Sannino, che è il primo dirigente dell’Arcigay in Italia a approfittare della legge Cirinnà per stabilizzare il rapporto con il proprio compagno. «C’è grande attesa per questo evento» racconta il presidente dell’Arcigay Campania, Claudio Finelli. Significativamente sono chiamati a fare da testimoni Antonio Amoretti, un partigiano, e sua moglie. Lui, Sannino, ha vissuto la vigilia tra mille impegni. Solo su fb si sfoga: «#SuperAnsia!». Perché c’è certamente l’impegno sociale per diritti collettivi che fino a pochi mesi fa erano completamente negati in Italia. Tuttavia si tratta sempre di un passaggio privato della propria vita particolarmente importante. Sannino e Di Leo, infatti, stanno insieme da sei anni, pur senza convivere. Per l’autunno avevano deciso di andare a vivere insieme, ma poi con l’approvazione della legge Cirinnà hanno approfittato dell’occasione per legalizzare il loro legame. Una legge molto criticata da chi voleva un riconoscimento più ampio dei diritti gay, a cominciare da quello per l’adozione, che tuttavia si sta rivelando agli stessi attivisti della comunità lgtb uno strumento fondamentale per diffondere e difendere, in modo concreto, i propri diritti. «Aspetto questa cerimonia con nervosismo – racconta ancora Sannino – È normale, è un fatto personale, ma ci sarà tanta gente, i parenti. Si mischiano un aspetto pubblico e uno privatissimo». «Questa unione civile è il segnale di un profondo legame tra città e comunità lgbt – spiega Claudio Finelli, Arcigay Campania – Certo c’è una crescita dell’insofferenza verso la nostra comunità, ma è normale: ogni processo di avanzamento provoca forze di reazione. Tuttavia credo che si registrano più casi aggressioni omofobiche anche perché se ne denunciano di più, soprattutto da parte delle nuove generazioni». (Fulvio Scarlata – Il Mattino) 

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