Agropoli. Chiude il chiosco del parco. Il gestore accusa il Comune

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Agropoli. Chiude i battenti lo storico chiosco del parco pubblico di via Taverne. «Non ce la faccio più: il 30 settembre lascio perché sono stanco di attendere che le promesse che mi sono state fatte possano concretizzarsi. Dopo sette anni non è successo nulla…». A parlare è Marco Santomauro che dal 2009 gestisce il chiosco. Il 53enne lamenta di non riuscire a sostenere più i costi a causa di una serie di eventi che si sono susseguiti nel tempo e al mancato rilancio del parco, seppure programmato. «Non c’è manutenzione – denuncia – i giochi sono quasi tutti rotti ed una disinfestazione manca non so da quanto tempo. Le poche persone che vengono dopo qualche minuto devono scappare via perché assalite dalle zanzare. Questa estate sono stati proposti solo pochi eventi mentre negli anni scorsi c’era una rassegna teatrale e diversi spettacoli, saggi di scuole di danza… A dare poi il colpo di grazia è stato lo spostamento del mercato settimanale del giovedì. Avevano promesso di costruire almeno un bagno pubblico e invece alle persone che hanno bisogno offro il mio. A questo punto cosa ci sto a fare qui, il guardiano del parco?». Il commerciante riponeva speranze nella riqualificazione dell’area, cosa che però è ferma al palo: «Negli ultimi tempi sono stato all’ ufficio tecnico del Comune per sapere a che punto fosse il progetto di riqualificazione del parco pubblico ma non mi hanno saputo dare risposta; risposte che non mi sono state neppure dal sindaco quando sono andato a riferirgli la mia intenzione di lasciare». Il progetto di armonizzazione del parco è inserito nel più ampio Parco Fluviale del Testene, per oltre 2 milioni di euro, che figura anche nel preliminare del nuovo Puc. L’esercente ci tiene a chiarire: «Questa mia presa di posizione non deve essere interpretata come una richiesta di avere qualcosa in cambio, perché ho deciso di chiudere e lo farò. Spero solo che non demoliscano la struttura e diano la possibilità a qualche giovane di gestirla». (Andrea Passaro – La Città) 

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