Il sismologo Enzo Boschi: «Scosse per altri 4 mesi, soccorritori attenti»

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    «Come all’Aquila nel 2009 e prim’ancora in Umbria nel 1997, possiamo attenderci altri quattro mesi di scosse ed è bene pertanto che i soccorritori intervenuti nei Paesi colpiti dal terremoto prestino massima attenzione». Il sismologo Enzo Boschi, già presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e membro della commissione Grandi Rischi all’epoca del terremoto dell’Aquila, individua nella nuova scossa avvertita ieri mattina ad Amatrice, soltanto una di una serie, per certi versi ancora imprevedibile, di nuovi fenomeni sismici in linea con quelli che da anni scuotono la faglia degli Appennini. Alle 6.28 di ieri mattina è stata registrata nella zona di Rieti una scossa di magnitudo 4.8. È la seconda replica di assestamento più forte dopo quella di magnitudo 5.3 nella zona di Perugia registrata sempre mercoledì alle 4.33. Siamo arrivati quasi a mille scosse. C’è qualche anomalia o è tutto regolare? «In buona sostanza è accaduto quello che ci aspettavamo. Le repliche cui abbiamo assistito sinora sono in linea con la sequenza sismica che ha interessato quel segmento dell’Appennino che già fu investito da scossoni in occasione del terremoto dell’Aquila di sette anni fa e di quello dell’Umbria del 1997. In entrambe le occasioni lo sciame sismico durò per circa quattro mesi. Dobbiamo perciò ragionevolmente aspettarci nuovi episodi per i prossimi 120 giorni anche in questa circostanza». Parliamo di scosse che possono superare in veemenza quella distruttiva che si è abbattuta su Amatrice e gli altri centri rasi al suolo? «Difficile pensare a un nuovo episodio più distruttivo di quello che ha raso al suolo interi paesi e provocato centinaia di vittime. E tuttavia, come dicevo, è possibile che si verifichino altre repliche. La priorità è continuare a cercare i dispersi e recuperare i corpi di chi non ce l’ha fatta. I soccorritori impegnati nei luoghi del disastro stanno svolgendo un lavoro straordinario, ma corrono qualche rischio». Si può escludere che il terremoto si estenda anche ad altri Paesi che finora sono stati risparmiati? «La verità è che noi italiani dobbiamo maturare la stessa consapevolezza che guida i giapponesi: viviamo in un Paese profondamente esposto al rischio, che in tutta la sua longitudine, dalla Liguria fino all’estremità della Calabria, risente di un’alta sismicità legata all’instabilità della dorsale appenninica. Il tratto che va dall’Umbria all’Abruzzo è particolarmente instabile e tentare di fare qualunque previsione di questo genere sarebbe un azzardo privo di fondamento scientifico». In queste ore si dibatte molto sul futuro dei paesi colpiti dal dramma. Sarebbe più opportuno ricostruirli proprio laddove sorgevano o è meglio puntare sulle cosiddette «new town»? «Si tratta di decisioni che vanno demandate alla sfera politica. Scelte che vanno fatte da tecnici e ingegneri insieme alla popolazione, sulla base di fattori di affezione e di forti legami con il territorio di appartenenza». Ma quale sarebbe l’opzione migliore dal punto di vista scientifico? Costruire forse in luoghi più sicuri? «Difficile individuarne altri migliori, dato che la sismicità pervade quasi interamente tutto il territorio nazionale. Che si decida di costruire altrove o di ricostruire quello che c’era, l’unica scelta giusta è quella di farlo bene». Gli esperti hanno rilevato difatti che in linea generale il terremoto di Amatrice non fosse poi così potente. «Se si prende a riferimento il livello internazionale possiamo parlare in effetti di una scossa moderata. I terremoti di magnitudo 8 o 9 sviluppano una forza sismica dalle mille alle cinquemila volte più potenti di quella che ha investito le province di Rieti e di Ascoli Piceno». La scuola e la caserma di Amatrice erano sulla carta antisismiche. Possibile che siano crollate per un accidente? «Sulla questione farà luce la magistratura. Ma in linea generale ci sono pochi dubbi: se una struttura è antisismica deve restare in piedi. Se invece, come accaduto, si è sbriciolata, c’è stata incompetenza o malafede». (Francesco Lo Dico – Il Mattino) 

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