MEZZOGIORNO:COSCIENZE ADDORMENTATE DA ECONOMIA E INTERESSI SENZA SCRUPOLI NELLE PERIFERIE D’ITALIA
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Sono risuonate alte e forti, chiare ed implacabili, pesanti come macigni le parole del Vescovo, Luigi Mansi,
durante i funerali delle vittime del disastro ferroviario sulla linea Andria-Corato, alla presenza del Capo
dello Stato in un palazzetto dello sport pieno come un uovo.”Ci sono coscienze addormentate da prassi
come quelle dell’economia- ha tuonato con amarezza il presule-Non si pensa più alla vita delle persone,
ma alla convenienza e all’interesse, senza scrupoli e con piccole e grandi inadempienze del proprio
dovere per queste terre considerate per troppi anni come le PERIFeRIE D’ITALIA”
Proprio per questo il riscatto ed il rilancio del Sud passa necessariamente attraverso la nascita e la crescita
di una nuova classe dirigente. Una classe dirigente che viva e soffra sulla propria pelle la drammaticità dei
problemi del Sud, se ne faccia carico, ne individui una soluzione e la persegua con decisione e
determinazione, con la voglia disperata di chi ha deciso fermamente e definitivamente di abbandonare i
metodi ed aspetta ora di costruire un futuri con presupposti nuovi. E ,naturalmente, quando si parla di
classe dirigente nuova non si può e non si deve pensare soltanto a quella espressa dai partiti, dai sindacati,
dalle associazioni di categoria, dalle istituzioni piccole o grandi che siano. Quel tipo di classe dirigente,
asfissiata dalla burocrazia e dalla routine, oltre che dagli intrecci di casta e di clan, ha le sue colpe, e gravi,
per l’attuale stato di sfacelo in cui versa il Mezzogiorno d’Italia,Ma le responsabilità afferiscono a tutta la
società civile e a quanti all’interno di questa società occupano un qualsiasi posto di responsabilità. Ma dirò
di più, parte di responsabilità è di ognuno di noi per quel poco o molto con cui ha contribuito
all’incancrenirsi dei mali della società meridionale. politici sindacalisti, imprenditori hanno costruito le loro
fortune elettorali ed economiche sull’assistenzialismo, sul clientelismo e sul parassitismo, antiche piaghe
del Mezzogiorno .Ma questo è stato possibile perché c’erano sudditi più che cittadini, plebe più che
popolo, clienti sciocchi e servi più che uomini liberi, decisi ad esercitare con dignità diritti e doveri..
Pertanto le colpe, e sono tante, vanno equamente distribuite tra chi impunemente, arrogantemente e
rozzamente ha gestito il potere in tutte le sue varie articolazioni, di chi supinamente, scioccamente e
servilmente lo ha consentito;la palingenesi delle coscienze deve investire tutti e a tutti i livelli. Il
rinnovamento deve avvenire con il clamore di un vento che squassa via il vecchio, pulisce e rigenera e
ricreai le condizioni del nuovo. E, a tal proposito, va posto con crudezza il problema della classe intrmmedia
meridionale:la borghesia professionale, il ceto medio impiegatizio, la piccola e media imprenditoria. E’
triste ed amaro riconoscerlo ma su questo ceto intermedio gravano le più grosse e le più pesanti
responsabilità. E’ forse un luogo comune, ma vale la pena sottolinearlo:il Mezzogiorno d’Italia non ha mai
avuto una borghesia del lavoro, una borghesia come classe autonoma intraprendente e volitiva. Questa
mancanza ha pesato enormemente nella sua storia ed ha costituito un elemento indiscusso di riardo
economico e civile. Il ceto imprenditoriale meridionale si è sempre legato, spesso in maniera volgarmente
servile ai Partiti dominanti, incapace di un proprio disegno di sviluppo da sostenere ed imporre in un
rapporto dialettico, con pari dignità, con la classe politica. Ha, invece,rinunziato alla propria capacità di
iniziativa per strappare piccoli favori dalla classe politica e dalle istituzioni svendendo un proprio ruolo ed
una propria autonomia di iniziativa. Discorso analogo va fatto, purtroppo, per le categorie professionali.
Avvocati, medici, ingegneri, architetti, e chi più ne ga più ne metta, hanno affollato le segreterie dei potenti
di turno alla ricerca di un incarico professionale in cambio del quale hanno calpestato decoro e dignità
personali e professionale. Eppure, da loro, forse, si attendeva un esempio nobile di indipendenza e di
autinomia. Questa prassi degenerata ha seppellito meriti e capacità ed ha fatto emergere le mediocrità
servili e funzionali al padrone di turno. Se poi focalizziamo la nostra attenzione sul ceto impiegatizio il
panorama è ancora più squallido e desolante. Negli enti locali, nelle asl,negli uffici periferici dello Stato, si
insediati i “lottizzati” dei Partit. dei sindacati, delle Associazioni di categoria, con la convinzione perversa
che non dovessero ubbidire alle leggi dell’efficienza, della produttività, del servizio al cittadino, ma
semplicemente della fedeltà al padrone che li aveva collocati in posti di responsabilità e che, tramite loro,
aveva occupato parte dello Stato e delle istituzioni . Il cittadino, inerme d impotente, si è trovato, così
vittima di una classe incapace ed arrogante, vessatoria, corrotta e corruttrice e spesso ha dovuto paga re
come “piacere” e “privilegio”ra soltanto un suo sacrosanto diritto
Mi sembra giusto e doveroso sottolineare che il Mezzogiorno deve voltare pagina, deve rinnovare nel
profondo non tanto e non solo la classe dirigente tradizionalmente intesa, ma anche e soprattutto la
classe dirigente intermedia: borghesia professionale, classe imprenditoriale e ceto impiegatizio. Come?
L’indicazione viene dall’esortazione/invocazione de ricolta al presidente della Repubblica:,Mattarella, dal
sindaco do Andria, Nicola GIORGINO. “Chiediamo verità e giustizia: La speranza , come diceva
Sant’Agostino, ha due figli: lo sdegno per le cose come sono e il coraggio di cambiarle,:Vorrei che i
sindaci, ma anche gli imprenditori e la categorie professionali e tutta la più vasta società civile dei miei
territori di riferimenti la pensassero come Giorgino, sindaco d Andria, anche perché il rinnovamento
profondo e radicale non è più rinviabile. O c’è una invesione di tendenza o, un altro solo passo avanti, e c’è
il baratro. E no chiedo l’impossibile ma soltanto una RVOLUZIONE DELLE COSCIENZE. E già una SOCIETA’
NORMALE in cui ognuno faccia il suo DOVERE sarebbe UNA GRAN BELLA E PACIFICA RIVOLUZIONE.
Giuseppe Liuccio