Lepore perquisizione a Il Giornale per reati

Più informazioni su

    Perquisizione a “Il Giornale” ha creato proteste anche da parti politiche non vicine a Feltri ma la Procura di Napoli difende le sue scelte sul Corriere del Mezzogiorno di oggi.

    Presidente Lepore, si aspettava tutto questo clamore? «Certamente sì, tenendo conto dei personaggi coinvolti e della delicatezza della vicenda». Era proprio necessario mandare la polizia giudiziaria a frugare nella redazione di un giornale? «Lo era. Non potevamo fare altrimenti. C’erano elementi di reato, confermati da tutti gli accertamenti che abbiamo disposto. Prima di procedere abbiamo fatto tutte le verifiche necessarie». Che c’entra la Procura di Napoli con un reato che, ammesso che si configuri, è stato commesso a Milano? «La competenza in questo momento è nostra, poi si vedrà. Ci siamo imbattuti in questa vicenda indagando su tutt’altro: una volta venuti a conoscenza del reato, non potevamo rimanere inerti». Le critiche non la preoccupano? Si è parlato di uso strumentale della perquisizione, di voglia di comparire dei pm e in particolare di Woodcock. Benzina sul fuoco in un momento già caratterizzato da una forte tensione tra politica e magistratura. «Siamo dovuti intervenire come atto d’urgenza. Se non lo avessimo fatto, ci avrebbero rimproverato la mancanza di iniziativa. È già accaduto qualche volta in passato». La perquisizione a molti non è piaciuta. Hanno espresso solidarietà al «Giornale» persone di idee politiche molto diverse, in nome della libertà di stampa. «In questa vicenda la libertà di stampa non c’entra nulla. Questo non è giornalismo: è un’altra cosa». Nicola Porro ha spiegato che quei messaggi e quelle telefonate erano solo uno scherzo, un «cazzeggio» tra lui e Rinaldo Arpisella, che si conoscono da molti anni. «Non mi pare proprio. Il tenore era tutt’altro, come appare evidente dalla lettura del testo e dall’ascolto delle intercettazioni e come lo stesso Arpisella ha confermato». Lei ha vistato il decreto di perquisizione firmato dai sostituti Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock. Come mai? Era un modo per garantirli? «No. Semplicemente, si trattava di un atto importante dell’ufficio e ho inteso vistarlo. Non è così inusuale, mi capita spesso». Il direttore del «Giornale», Alessandro Sallusti, ha annunciato che sporgerà querela contro di lei. Sostiene che ha detto cose false al sito internet del Corriere della Sera: in effetti, agli atti dell’inchiesta non ci sono telefonate sue. «Si è trattato di un equivoco, mi dispiace. Io non ho mai parlato con il Corriere.it, ma con l’agenzia di stampa Il Velino, ripresa dal Corriere. Il giornalista mi ha intervistato mentre ero in strada, in un momento di grande confusione: non ci siamo capiti bene. È chiaro che Sallusti non parla al telefono: nel decreto, infatti, non ci sono intercettazioni che riguardano lui. Io mi sono limitato a parlare di telefonate in genere». Se avesse la possibilità di tornare indietro, lo rifarebbe? Dopo il polverone e le critiche che la perquisizione ha suscitato non è pentito? «Macché. È stata una decisione ponderata e inevitabile. Se avessi la possibilità di tornare indietro rifarei esattamente lo stesso».

    Più informazioni su

      Commenti

      Translate »