Autobomba fa strage nel centro di Ankara. Attacco suicida alla stazione dei bus: 34 morti e 125 feriti

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    C’era una volta la Turchia quale bastione della stabilità in Medio Oriente. Cinque attentati con oltre 200 morti negli ultimi otto mesi hanno seppellito quel “mito”. L’ultimo ieri pomeriggio nel cuore di Ankara, dove l’esplosione di un’autobomba «con a bordo due kamikaze», secondo quanto riferito dal governo, si è portata via la vita di almeno 34 persone e ne ha mandate in ospedale 125. La Turchia è in guerra e il nemico potrebbe non essere uno soltanto. Ed è così da quasi 40 anni. Allora c’erano i Lupi Grigi della destra nazionalista e gli indipendentisti curdi del Pkk, poi arrivarono le bombe attribuite ad al Qaeda e agli Hezbollah; adesso, oltre allo storico arcinemico del Pkk, affiancato dal Tak (i Falconi per la liberazione del Kurdistan) c’è lo Stato islamico che dal suo califfato siriano sbava odio verso la Turchia. Ma scoprire la sigla – le prime indiscrezioni privilegerebbero una pista che porta al terrorismo curdo – di chi ha trasformato in tragedia una tranquilla domenica nel centro della capitale adesso sembra il problema minore. Duecento morti in così poco tempo sono il chiaro segnale che il Paese è senza difese nonostante l’autoritarismo di Erdogan. Basti pensare che l’ultimo attentato prima di quello di ieri, a metà febbraio sempre ad Ankara, fu compiuto contro veicoli militari a due passi dal Parlamento e dal Quartier e generale dell’esercito e uccise una ventina di guardie presidenziali. Uno “schiaffo” che, probabilmente, ieri ha spinto il governo a ordinare alle televisioni di non trasmettere alcuna immagine dell’area dell’esplosione almeno fino a quando non ci fosse stata una dichiarazione ufficiale di una qualche autorità. Una censura, non nuova, per evitare che nelle case di 75 milioni di cittadini entrassero le ennesime immagini di un Paese che non riesce a difendersi da nemici assetati di sangue. Sono le 18,40 ad Ankara quando – come confermato dal ministro dell’Interno – un’autobomba esplode a Guvenark nel quartiere di Kizilay dove, soprattutto la domenica, decine di migliaia di persone si riversano per fare acquisti. Inoltre, dove avviene l’esplosione si trova il capolinea di tantissime linee di bus. La deflagrazione è potentissima al punto da investire e ferire passanti che si trovano a oltre un centinaio di metri da dove l’autobomba esplode. Autobus, minivan e vetture sventrate, finestre in frantumi in tutti gli edifici. Tutto intorno all’epicentro dell’attentato le forze di sicurezza creano il vuoto per il timore di una seconda esplosione. E come se non bastasse ci potrebbe essere anche l’autoritarismo di Erdogan ad alimentare, se non l’ondata di terrorismo che si sta abbattendo sulla Turchia, almeno un crescente malcontento che certo non aiuta. Secondo i primi risultati delle indagini le autorità sospettano che dietro l’attacco ci sia il terrorismo di matrice curda. Lo riportano media locali, citando fonti di sicurezza. Le stesse fonti indicano che tra i due kamikaze che hanno compiuto l’attacco ci sarebbe una donna. Renzi esprime cordoglio immediato al governo turco per il vile attentato. Ma i ripetuti attacchi alla libertà di stampa stanno a dimostrare che il miracolo economico che Erdogan ha regalato al Paese nei suoi 13 anni al potere non è servito come avrebbe dovuto. E ora in questa gabbia si è infiltrato un terrorismo che scuote tutte le sue certezze. (Roberto Romagnoli – Il Mattino)

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