Napoli. Il vulcanologo francese Allard: «Il duomo nel Golfo non mi preoccupa. I Campi Flegrei sì. Lì qualcosa si muove»

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Napoli. «La nuova scoperta è molto interessante dal punto di vista vulcanologico. E capisco che ora si ponga la domanda se costituisca un argomento addizionale di preoccupazione oppure no». Patrick Allard, vulcanologo francese di fama mondiale, è attualmente in vacanza a Roccaraso con amici, ma naturalmente è al corrente dello studio pubblicato dai suoi colleghi del Cnr e dell’Ingv sul «duomo» che hanno trovato sul fondo del Golfo di Napoli, una sorta di enorme rigonfiamento che emette gas. Lei che ne pensa, è preoccupante? «Non posso rispondere. È stata scoperta un’attività sottomarina nella baia di Napoli, ma già se ne conoscevano di analoghe in altre posizioni. Nei Campi Flegrei, basta nuotare sott’acqua per vedere cose simili». Be’, anche in superficie. «Certo, la Solfatara per esempio non è sotto il mare. Ma è difficile dire se questa nuova scoperta costituisca un passo avanti nella diffusione dei fenomeni vulcanici in questo sistema». I geologi e vulcanologi che hanno svelato il «duomo» non negano l’esistenza di pericoli, dopo il processo per i fatti dell’Aquila nessuno è mai davvero rassicurante, ma nemmeno sembrano preoccupati. «C’è da dire che se parlano di una formazione che si è creata negli ultimi 12.000 anni nella scala di tempo di un vulcano è recente, ma per quanto concerne il rischio per la popolazione direi di no. Quindi nessun catastrofismo, ma bisogna essere attenti e preparati, lavorare in anticipo, soprattutto sui Campi Flegrei». Lei mette il dito nella piaga. Se per il Vesuvio è stata migliorata la viabilità ed è stato messo a punto un piano di evacuazione, per i Campi Flegrei la situazione è molto meno avanzata. «Il Vesuvio costituisce sempre una seria minaccia potenziale, ma dal ’44 a oggi progressivamente sono stati osservati segnali di raffreddamento. I Campi Flegrei invece si muovono da secoli e in particolare da 60 anni. Non solo: mentre sul Vesuvio centinaia di migliaia di persone vivono intorno al cratere, lì una popolazione analoga vive addirittura all’interno del cratere. Direi che la situazione nei Campi Flegrei è preoccupante. Nella comunità vulcanologica nazionale italiana e all’estero non tutti sono d’accordo sull’evoluzione della situazione. Ma è certo che la caldera è molto attiva, e mostra cambiamenti nelle sollecitazioni del suolo e nelle emissioni gassose. Insomma si muove qualcosa. Non c’è la totale certezza su cosa: gas, magma… Quindi è urgente fissare le regole ed elaborare i piani per un’eventuale evacuazione ». Invece… «Ho avuto occasione di seguire l’attività della Protezione civile regionale e anche di partecipare ad alcune riunioni. C’è da dire che i miei colleghi di Napoli stanno facendo un grande lavoro per sviluppare un piano attivando tutte le vie di uscita dalla zona, anche via mare. Poi è importante che le istituzioni locali si attivino per sviluppare tutto un lavoro di anticipazione, educazione, preparazione all’emergenza che altrove, per esempio in Giappone, effettivamente riduce al massimo i rischi. I piani sono indispensabili per gestire i problemi legati al panico, servono a superare l’esitazione su cosa fare. È cruciale migliorare il rapporto tra la parte scientifica e la parte amministrativa, locale, regionale e nazionale ». C’è il solito nodo della politica. «Perché i politici pensano a breve termine. Però attenzione: in Giappone è la società che è diversa, non i politici più bravi. La società è più organizzata e strutturata, abituata a darsi regole e a rispettarle. I cittadini, per esempio, accettano di tenere a casa riserve di cibo per eventuali emergenze. Anche in Islanda è così. Poi però nessun sistema perfetto. Infatti in Giappone il sistema più collaudato non ha impedito che nel 2014 un vulcano considerato poco attivo scoppiasse e uccidesse circa 60 persone». Lei è associato all’Ingv di Catania e conosce bene l’Etna: è più o meno pericoloso di Vesuvio e Campi Flegrei? «È meno pericoloso. È molto più grande e più alto, i paesi sono lontani dal cratere. È anche meno esplosivo. E tuttavia nel ’69 le colate di lava arrivarono nelle strade di Catania. La verità è tutta racchiusa in un dato che pochi conoscono: nel mondo il 15 per cento della popolazione vive intorno a vulcani attivi, entro 100 chilometri». Perché i vulcani favoriscono l’economia, è così? «Esattamente. Parliamo di aree sorgenti di vantaggi. Di solito c’è acqua e acque termali, il clima è buono, il terreno fertile, c’è energia geotermica e spesso sono zone turistiche». (Angelo Lomonaco – Corriere del Mezzogiorno)

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