La compagnia “Raffaele Reppucci” di Marigliano ha presentato “Scarpe doppie e cervella fine” foto

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Saviano – Teatro Auditorium – L’opera in Rassegna è “Scarpe doppie e cervella fine”, commedia del 1976 di Gaetano Di Maio, con un adattamento e regia di Antonio Cerciello. Lo spettacolo portato in scena è per merito della compagnia “ Raffaele Reppucci” gruppo teatrale proveniente da Marigliano. Teatro Auditorium pieno in ogni ordine di posto, all’inverosimile: il pubblico delle grandi occasioni; entusiasmo che ha accolto questa compagnia con grande attesa e consenso. Si tratta di uno spettacolo divertente in un mix di elementi teatrali, a cui si congiunga la componente solidarietà. L’incasso è stato devoluto ai missionari della “Divina Misericordia” dell’istituto Anselmi di Marigliano. L’iniziativa è stata, prima della messa in scena della commedia, illustrata da padre Josè Blandon, un sacerdote colombiano che da anni vive nel nostro paese. Il progetto è per la realizzazione della “Casa Famiglia Anselmi”, e per continuare, così, l’opera meritoria di Padre Arturo D’Onofrio. In “Scarpe doppie e cervella fine”, viene messo in risalto l’aspetto grottesco di un mondo semplice, contadino, dove non esistono intermedie grandezze, un mondo e un modo di fare, forse scomparso, superato al giorno d’oggi. La scenografia illustra proprio tale aspetto; una classica aia di accesso ad un fabbricato rurale dove dallo sfondo agricolo, di una lussureggiante campagna, si accede tramite un classico cancello con tanto di muretto caratteristico a delineare un area di cortile interno. Non manca ad un lato della scena, una struttura lignea con dei salumi appesi secondo un modo consolidato di conservare ed essiccare tali alimenti. La trama si svolge interamente in quest’area di accesso. In sintesi: Vincenzo, interpretato da Carmine Conelli, dai modi alquanto rigidi essendo stato un colonello dell’esercito mostra di esibire l’ammessa nobiltà di suo figlio Gabriele, nato, come vuol far credere, dal matrimonio con una baronessa, passata a miglior vita; è il protagonista di un mondo fatto di cose di cui bisogna tacere. Bugie, equivoci, situazioni sorprendenti, sono le componenti di questa esilarante messinscena. C’è un segreto che non verrà mai svelato! Al centro della scena è lei la cameriera Angelarosa, ruolo affidato a Rosalia Paone, dai comportamenti grotteschi, coi suoi modi invadenti, involontariamente rivela la propria identità di madre di suo figlio Gabriele nato da una relazione, di grande amore, con il padrone della tenuta; appunto Vincenzo il colonello. È questo il segreto celato in lei, un profondo atto di amore filiale per la propria creatura. Un personaggio non affatto superficiale come i suoi modi lasciano intendere, ma capace di sentimenti profondi sopraffatta da un sentimento nobile che diviene sempre più difficile celare, far sì che esplodesse per manifestarlo al mondo. In quello stesso mondo arroccato, prigioniero e soffocante ove, per stargli vicino, rinunciando anche ad un semplice abbraccio, ad un naturale trasporto emotivo, ha sostenuto anni di duro lavoro domestico e accettato di recitare un ruolo, quello di sottoposto. Ne viene fuori, nel racconto scenico, una finzione nella finzione! Alterne vicende portano ad una situazione inattendibile: Gabriele, interpretato da Francesco Monda, ha due compagne di vita una delle quali di nome Graziella; incinta! Tralasciando il seguito che è fatto di situazioni ovvie in base al modo e alla mentalità nella quale è ambientato il racconto, per il stupefacente e sorprendente finale, non poteva esserci uno migliore: nascono due gemelli uno di sesso maschile e l’altro femminile. Per Angelarosa e Vincenzo il patto continua seppur a malincuore: è l’unica occasione per Angelarosa di stringerli al petto a sentire il suo istinto di rinnovato senso di madre e per di più di Nonna. In quel cullare dolcemente uno dei pargoletti appena nato si chiude il sipario su di una storia che chissà come si sarebbe evoluta. La più veemente opera che riguardano gli istinti umani al centro di questo lavoro di Gaetano Di Maio scritto, si sa, per la grande Luisa Conte; la maternità, nei suoi più diversi punti di vista. E’ proprio il senso di maternità nel suo valore più profondo a chiamare, infatti, una rude contadina al più nobile dei sacrifici. La trama muove comunque da Gabriele, il figlio del padrone Vincenzo, che seduce la contadina Graziella. Vincenzo per farlo sposare con la fidanzata di città combina un matrimonio riparatore con Delfino Carusiello, soprannominato con un nome poco nobile : “il Porco”. Figura, nella sua ingenuità, molto comica. Non è l’unica, di tanto in tanto entra in scena un tipo davvero strano: è un malato di mente, anche se innocuo! Veste in un abbigliamento militaresco ed è accompagnato anche da ragazzi che, in modo spassoso, lo assecondano. È figlio delle levatrice ufficiale del paese. Il tutto viene messo in risalto l’aspetto grottesco di un mondo semplice. Tutto viene esasperato. Escamotage, bugie ed equivoci sono, paradossamente, la ragionevolezza. Ma, sui sentimenti di certo non si può deride. Le emozioni accompagnano sempre l’azione: la verità emerge in maniera casuale in tutta la sua drammaticità. Angelarosa, cameriera comprensibilmente asfissiante, involontariamente rivela la propria identità. Gabriele, è giovane sensibile al fascino femminile, ma non sempre prudente e attento alle conseguenze. Angelarosa e il suo soffrire in silenzio, è il personaggio principale e dominante; ma non unico egocentrico personaggio della vicenda; così altri ne entrano a complicare le circostanze. È il caso di Clodoveo un archeologo, di un personaggio buffo, contadinotto, come Zio Nicola, di un mediatore detto “Ciccone”, di Jolanda la fidanzata dai modi gentili e raffinati, di Marianeve altra domestica di casa, di Menecantonia altra contadina, di Totonno soprannominato, secondo il gergo popolare che attribuisce soprannomi privi di raffinatezza e di una certa eleganza, ‘a scign”. “Scarpe doppie e cervella fine “: citazione che l’autore fa pronunciare al personaggio di Jolanda, interpretato da Nicoletta Esposito, non poteva esserci titolo migliore per quest’opera teatrale. Il titolo è tratto da un antichissimo proverbio che dice molte cose: le apparenze ingannano. Ed è vero; molte volte la scarpe da contadino sono il profilo di buoni cervelli. Un proverbio che si riferisce certamente al mondo, quello proprio dell’agricoltura. Si riferisce ad un tempo quando proprio gli agricoltori esprimevano, malgrado le calzature pesanti, acume e intelligenza. Chi intraprende una nuova attività lavorativa nell’ambito rurale deve certamente essere dotato delle competenze. Deve altresì saper pianificare nei minimi dettagli l’avvio della propria iniziata. Insomma oltre a tanto sentimento è indispensabile avere cervello. Completano il quadro degli attori: Roberto Rea, Sandro Barisano, Carmine Vaia, Giovanni Monda, Marcello Esposito, Carmine Monda, Antonio Passaro, Mariarca Monda, Gina Vaia e infine Maika Fusaro. Inoltre da citare i nomi di giovanissimi attori nel ruolo di pseudo soldatini: Alessandra Rea, Luigi Mautone, Franca e Carlo Esposito e infine Antonio Cerciello. (per l’ufficio stampa: Antonio Romano). (Utente dal Web)

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