Pompei. Dal 16 marzo cinque nuove domus restaurate saranno aperte al pubblico

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Pompei. A partire dal prossimo 16 marzo, in occasione della mostra su «Mito e natura» che aprirà al Museo Archeologico nazionale di Napoli, a Pompei saranno fruibili alle visite cinque nuove domus, restaurate nell’ambito del «Grande Progetto Pompei». Ad annunciarlo è stato il sovrintendente Massimo Osanna, a margine della presentazione, a Roma, del progetto espositivo «Egitto-Pompei». Si tratta delle case di «Giulia Felice», del «Frutteto», di «Venere in conchiglia», di «Marco Lucrezio» e di «Ottavio Quartione». La prima delle domus si trova quasi alla fine di via dell’Abbondanza. Si tratta di un grande edificio che tra orto, frutteto e pertinenze occupa tutto l’isolato. La casa, di cui è stato recuperato l’apparato decorativo, contiene uno dei pochi bagni privati di cui i pompeiani facoltosi si potevano servire. Giulia Felice, da imprenditrice “illuminata”, fittava a caro prezzo il complesso termale (balneum Venerum et nongentum: bagno degno di Venere e di magistrati, come si legge su una scritta pubblicitaria) di cui era proprietaria. La «Casa del Frutteto», invece, è una abitazione modesta ma distinta: secondo gli archeologi dovette appartenere a un coltivatore di quegli orti pompeiani famosi per la produzione di verdure e frutta. Tant’è che sulle pareti di due cubicoli sono conservate le più belle pitture di frutteto mai ritrovate: su fondo azzurro o su fondo nero sono rappresentati fichi, prugne, pere, sorbe, ciliegie e corbezzoli, oltre a una vera e propria rarità nelle colture della Campania de lI secolo dopo Cristo: i limoni, l’arancia e la limetta, un agrume dolce. Altra casa che per dimensioni e decorazioni dovette appartenere a un proprietario agiato è la casa di «Venere in conchiglia». L’atrio, severamente danneggiato dal bombardamento del 1943 (gli anglo-americani pensavano che negli scavi si celassero batterie tedesche e dunque li bombardarono pesantemente), contiene una stanza a fondo nero in cui è rappresentata la bella testa di una giovane citareda. Il muro di fondo dell’area scoperta del giardino è, poi, interamente occupato da una grande pittura, estremamente scenografica, che mostra «Venere natante sulle acque», scortata da due amorini. La casa di «Marco Lucrezio» è un’altra delle domus significative di Pompei: il suo proprietario era sacerdote del dio Marte e decurione (amministratore) della città. Le pitture più belle si trovano all’Archeologico di Napoli, dove vennero portate allorché la casa fu scavata. La domus di Ottavio Quartione si caratterizza per la loggia porticata lungo la quale corre un canale d’acqua impreziosito da statue d’animali, erme, muse e da un tempietto a quattro colonne da cui prendono vita giochi d’acqua di fine bellezza. Quartione trasformò la casa in un luogo di culto sacro ad Iside, divinità egiziana venerata a Pompei, e che tra le sue sostenitrici più note ebbe l’imperatrice Poppea. «Le case», ha detto Osanna, «saranno aperte a rotazione: stiamo studiando in questi giorni un piano, lo impongono esigenze di protezione del patrimonio». Proprio in quest’ottica, da circa un mese si sta discutendo su un progetto di gestione e fruizione dello scavo con itinerari tematici specifici e attività di sostegno alla comprensione del monumento, che verrà presentato alla fine di marzo. (Carlo Avvisati – Il Mattino)  

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