Addio a Armando Cossutta, anima del vecchio Pci. Aveva 89 anni. Padre di Rifondazione nel 1998 creò i Comunisti Italiani

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    «Se domani ci sarà una pietra sulle mie ceneri, per favore scriveteci sopra: Armando Cossutta, comunista». Se ne è andato per sempre. È morto Armando Cossutta. Classe 1926 e dna filosovietico. Dalla Resistenza al Parlamento. Una vita coerentemente tutta a sinistra. Lo storico dirigente del Pci era da tempo ricoverato al San Camillo di Roma dove si è spento ieri pomeriggio. Milanese. Partigiano. Scelse di aderire al partito comunista nel dopoguerra. Aveva partecipato alla resistenza nelle brigate Garibaldi. Prima segretario del Pci milanese e lombardo, per entrare poi nelle Aule governative nel 1972. Fino al 2006. Nel 1981 non volle far carte. E si oppose alla linea revisionista del segretario Berlinguer, il quale aveva affermato che la «spinta propulsiva» della Rivoluzione d'Ottobre si era esaurita. Tentando di sganciare la falce e il martello dai suoi rapporti storici con i regimi comunisti del blocco sovietico. Celebre la sua definizione della linea berlingueriana: «lo strappo». E poi, quando cadde il muro di Berlino e il Pci decise di intraprendere la sua personale Perestrojka che l’avrebbe portato a trasformarsi nel Pds, Cossutta disse un no senza mezzi termini. Contrario allo scioglimento del Pci lui lo è sempre stato. Tanto che nel febbraio 1991 fondò – con Sergio Garavini, Lucio Libertini ed altri – il Movimento per la Rifondazione Comunista, che nel dicembre dello stesso anno si unì a Democrazia Proletaria formando il Partito della Rifondazione Comunista, di cui fu presidente. Ma quando nel 1998 Fausto Bertinotti, allora segretario del partito, ritirò la fiducia al governo Prodi, Cossutta si oppose staccandosi dal partito e fondandone uno nuovo, il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), con Oliviero Diliberto e Marco Rizzo. Per contrasti con Diliberto lasciò anche questo partito nel 2006, ritirandosi dalla politica attiva. Figlio di un operaio di origine triestina che lavorava alla Marelli di Sesto San Giovanni, Cossutta non dimenticò mai d’essere stato a un passo dalla morte. Subito dopo l’armistizio entrò nella Resistenza, battendosi contro i nazifascisti come partigiano. E fu catturato e condannato alla fucilazione. Si salvò soltanto perché i militari del plotone d'esecuzione – come racconta nel libro autobiografico «Una storia comunista», edito dalla Rizzoli – alla fine spararono in aria. Dopo la Liberazione, interrotti gli studi, si è dedicato completamente all'attività politica che,dopo l'esordio a Sesto San Giovanni, lo ha visto, dal 1951, consigliere comunale a Milano, segretario della Federazione milanese del PCI, segretario regionale del suo partito, membro del Comitato centrale, della Direzione e della Segreteria. Cossutta, parlamentare dal 1972, ha rappresentato il PCI al Senato dalla VI all'XI Legislatura; dalla XII alla XIV è stato deputato; dal 1999 al 2004 è stato anche deputato al Parlamento europeo. Al compimento dei suoi 80 anni il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano gli inviò un messaggio di auguri, nel quale l’allora Capo dello Stato ricordava gli anni di comune impegno politico e di stretta vicinanza famigliare. Un messaggio che Cossutta conservava tra le sue cose più care. E che diceva: «Gli avvenimenti e gli orientamenti che ci hanno successivamente allontanato, non hanno scalfito i miei sentimenti di amicizia e il mio apprezzamento per i contributi che hai dato all'azione per il progresso sociale e alla vita pubblica democratica nel seno delle istituzioni rappresentative per la Repubblica». (Alessandra Chello – Il Mattino)

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