Matrimoni fittizi italiani-stranieri. Nel casertano prese le bande dei documenti falsi. Dieci arresti

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Per far entrare un ragazzo straniero di 17 anni in Italia chiedevano settemila euro. In sette giorni un gruppo di falsari e truffatori italiani e africani era capace di organizzare il trasferimento del giovane dall’Iran fino in Italia. Era in grado di procurare al ragazzo un documento clonando la carta d’identità di un’altra persona. Ma la banda falsificava anche targhe di auto rubate in Italia e immatricolate all’estero. Riusciva a penetrare nell’immenso meccanismo della burocrazia italiana con una stamperia clandestina e furti d’identità. Semplicemente. Chi non pagava veniva picchiato a sangue. Ciò che manca, ancora oggi, è l’anello nel settore dell’Anagrafe pubblica, rimasto ancora nell’ombra. È certo, invece, che in almeno due occasioni un’intera famiglia di Castelvolturno aveva provato a far entrare in Italia con documenti falsi cinque iraniani attraverso la frontiera greca; in un caso, Gaetano, Assunta e Immacolata Della Monica, tre fratelli, ci stavano quasi riuscendo. Ma in Grecia, una volta, c’era stato l’intoppo: Luigi Interrante di Castelvolturno, il «messaggero» spedito in Medio Oriente, di ritorno dalla Turchia, era stato fermato dai poliziotti greci. Ieri i carabinieri di Marcianise hanno bloccato il flusso di cittadini iraniani e ucraini verso l’Italia, al termine dell’inchiesta della Procura di Napoli Nord sul giro di immigrazione clandestina e matrimoni di «comodo». L’indagine ha portato all’arresto di 10 persone, tre in carcere e sette ai domiciliari. Sette gli italiani finiti nella rete dei militari, tre gli ucraini. Il circuito delle false carte d’identità e passaporti ruotava attorno alla famiglia Della Monica di Castel Volturno. In manette sono finiti anche Yaroslav Pryndak e Giovanni Macchia, assieme a Stefano Sozzino, Andrea Nikitinis e a Gregor Bogdan detto «Il Padrino». In totale sono 49 gli indagati nell’inchiesta coordinata dal Procuratore capo di Napoli Nord Francesco Greco e dall'aggiunto Domenico Airoma. Il sostituto procuratore è Valeria Palmieri che ha coordinato l’avvio dell’inchiesta della compagnia di Marcianise – retta dal capitano Nunzio Carbone – finita fino in Medio Oriente, Grecia e in Ucraina. «È stato chiuso un cerchio, ma l’indagine continua», ha promesso il colonnello dei carabinieri Giancarlo Scafuri in conferenza stampa, ieri mattina. Manca il pezzo delle presunte complicità nei Comuni. A Miano, Giugliano e Pozzuoli. I carabinieri hanno intercettato oltre 50 persone e scritto un’informativa di 595 pagine. Tra i fogli dell’inchiesta, spunta un’intercettazione telefonica di una promessa sposa che contatta il funzionario dell’Anagrafe. Quest’ultimo le chiede il nome del futuro marito, lei risponde: «Si chiama Jonathan mi pare, no Samuel, ma è difficile da pronunciare». Per i circa venti matrimoni falsi scoperti tra immigrati, soprattutto nigeriani, e donne italiane, il gruppo guadagnava dai 4 ai 5mila euro. Più difficile era far combinare il matrimonio e più alta era la cifra chiesta dal gruppo agli stranieri. Uno degli indagati si era recato in auto a Istanbul su ordine della «mente» del gruppo, Gaetano Della Monica, dopo aver preso la nave a Brindisi; qui aveva incontrato tre iraniani provenienti da Abu Dhabi ai quali aveva consegnato i documenti falsi. Dopo averli trasportati in auto fino in Grecia, era stato poi fermato a Brindisi. Diversa storia quella degli ucraini: sono stati scoperti grazie a una denuncia di un connazionale. Erano violenti e avevano messo sotto scacco i connazionali residenti nell’agro aversano. Chiedevano tangenti a suon di spedizioni punitive. Sono stati fermati in tempo. (Marilù Musto – Il Mattino)

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