In Campania 42 moschee. Fine del silenzio: domenica i musulmani scendono in piazza contro i terroristi

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Solo qui, a pochi chilometri da Aversa, c’è una moschea che ti accoglie con un lenzuolo segnato da uno slogan di condanna degli attentati di Parigi. Altrove, nulla. Men che mai una bandiera francese esposta in segno di solidarietà. «Potremmo urtare la suscettibilità dei musulmani algerini», dice un Iman del Napoletano. Ma domenica prossima a Sarno, e per la prima volta in Italia, una comunità musulmana sarà in piazza contro quelli che hanno ucciso in nome di Allah. Niente comunicati, niente più dichiarazioni solitarie di condanna. Si va in piazza come musulmani. È la prima volta in Italia che una intera comunità musulmana organizza un corteo contro i tagliatori di gole, contro gli assassini che gridano Allah e poi sparano all’impazzata o facendosi saltare in aria. Proprio ieri sera, nel corso della riunione degli Imam a Palma Campania, è stato deciso che il popolo musulmano della Campania scenderà in piazza. L’appuntamento è per domenica prossima, alle 15, concentramento sotto il comune di Sarno. Di domenica per far venire proprio tutti evitando che qualcuno perda una giornata di lavoro. L’annuncio della prima manifestazione in Italia di condanna pubblica, organizzata direttamente dai capi e dalle comunità musulmane campane porta la firma di Larbi Dernati, marocchino di Casablanca, quarant’anni e da sedici in Italia, direttore della Federazione della Religione Islamica in Campania «della squadra Tablir Da3wa Wtblir, in italiano potete pronunciare come Daua». Se fino a ieri nelle moschee aperte in Campania, anche a Napoli dove in appena un fazzoletto di terra di un chilometro quadrato se ne contano cinque, i segnali di condanna erano stati espressi singolarmente e sussurrati da ogni musulmano, da domenica sarà tutto in piazza. «Non avevamo alternative – dice Larbi Dernati – la stragrande maggioranza dei musulmani non ha nulla a che fare con il terrorismo. Anzi molti di loro, nelle ore successive agli attentati di Parigi si sono sentiti offesi ed umiliati per le strade, sui posti di lavoro perché individuati, ingiustamente, come dei complici morali degli attentatori». Larbi, capo degli Imam campani, vive a Sarno, è un falegname. È l’Imam della moschea del suo paese e abita nella frazione Episcopio dove nel maggio del 1998 il fiume di fango travolse uomini e case facendo centinaia di vittime. A pochi passi da casa sua c’è la chiesa cattolica. Ha moglie marocchina e cinque figli tutti in tenera età. Ha conosciuto barconi e clandestinità, giunto in Italia dopo ben quattro tentativi a bordo di un barcone partito da Tangeri. «Mi scoprivano sempre nei tir dove mi nascondevo. Poi scoprii che, massaggiando il corpo con fette di cipolla, riuscivo a tenere lontano l’olfatto dei cani-poliziotto». Anche il capo degli Imam della regione è costretto a fare i conti con la burocrazia degli immigrati. Con lui vive un fratello, Rachid, venticinque anni, paralizzato dopo un tuffo a mare. Si fratturò la colonna vertebrale, Rachid è immobile, su una sedia a rotelle, gli occhi fissi sullo schermo tv che diffonde canali marocchini. Può solo accudirlo il papà Ahmed che non riesce a sbloccare il suo permesso di soggiorno temporaneo, nonostante il motivo umanitario. Da San Marcellino, in provincia di Caserta, territorio anche lambito da inchieste antiterrorismo mai arrivate a definire responsabilità penali per musulmani che qui vivono, si arriva a Sarno e nell’agro vesuviano dove i musulmani ormai si sono integrati nei comuni dove l’economia è tra l’agricoltura e il commercio internazionale. Giri per strada, i musulmani rientrano a casa e non hanno voglia di parlare degli assassini di Parigi. Non per complicità, ma per stanchezza. Non sono i volti delle banlieu parigine, né quelli di intellettuali pronti a spiegarti ogni versetto del Corano. Loro sono qui per vivere meglio. E, se possibile, pregare in santa pace. Predicatori di odio nelle moschee campane non ve ne sarebbero, testimoniano gli Imam riuniti a Palma Campania. E se proprio vi fosse qualcuno che coltiva simpatie per l’islam radicale «viene attenzionato», ti assicurano. L’Imam di San Marcellino, Hidouri, ricorda che i valori dell’Islam sono di unione e non di guerra e continua a predicare che il terrorismo «strumentalizza» il Corano. «L’Islam non è terrorismo. Il problema di cui parliamo non ha nulla a che vedere con l’Islam. Non trovo nell’Islam che ho studiato, nel Corano, tracce per dire a qualcuno vai a uccidere l’altro. L’Islam è convivenza pacifica». Per lui vale la pena aprire le porte delle moschee per dialogare, tanto che invita tutti ad avvicinarsi alla cultura islamica. Venerdì prossimo porte aperte nella moschea di San Marcellino, epicentro del dialogo in una regione dove, secondo i conti di Larbi, ci sono già oltre cento campani convertiti all’Islam. «Ed è un numero che cresce» dice il capo degli Imam. Ma non fila tutto liscio in Campania. Perché le moschee sono accettate in pochi luoghi e tollerate in molti. Al punto da far protestare i cittadini. Come a Giugliano dove ti raccontano di una moschea in via Guglielmo Marconi «un po’ fantasma». Realtà o psicosi dopo gli attentati di Parigi? Oppure come a San Giuseppe Vesuviano dove gruppi di estrema destra, naturalmente, contestano il cosiddetto cambio di destinazione d’uso per un appartamento che ospita la moschea. La condanna: «È abusiva». Una denuncia forte dove l’abusivismo, da decenni, ha sfregiato irrimediabilmente la terra degli uomini di qualunque fede o religione. (Antonio Manzo – Il Mattino)

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