Salerno. Odontoiatra denunciato da una paziente e condannato per stupro viene assolto dopo tre anni in appello

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Salerno. Quando ieri pomeriggio i giudici della Corte d’Appello hanno letto la sentenza di assoluzione lui non ha potuto trattenere le lacrime. Dal 2012 pendeva sulla sua testa una condanna per violenza sessuale aggravata dall’abuso di relazione professionale, una pena di due anni e mezzo che se fosse divenuta definitiva lo avrebbe costretto al carcere, perché la mancata concessione di attenuati impediva misure alternative. L’incubo, per un odontoiatra di 46 anni, è iniziato nell’ottobre del 2009, quando una paziente si è presentata ai carabinieri di Mercatello per denunciare che a luglio aveva subìto in un centro dentistico di Salerno un tentativo di stupro. Quando il mese dopo gli inquirenti la chiamarono per chiarire i dettagli, la denuncia si fece anche più pesante: l’odontoiatra che la stava curando avrebbe d’improvviso abbassato lo schienale della poltrona, le avrebbe divaricato le gambe e sarebbe riuscito, seppur per pochi istanti, nella violenza carnale. «Non l’ho detto prima perché mi vergognavo» aveva spiegato la donna, una giovane immigrata dalla Polonia che solo col tempo avrebbe trovato la forza di confidarsi con il datore di lavoro, quando lui ne aveva dotato lo stato di disagio. Una versione, la sua, giudicata attendibile dal giudice di primo grado e suffragata proprio dalla testimonianza del datore di lavoro che dopo le confidenze della giovane aveva affrontato l’amico odontoiatra e riteneva di averne avuto la confessione. Nel maggio del 2012, al termine di un rito abbreviato, è arrivata la condanna. Il professionista, però, ha sempre continuato a negare la violenza e il difensore Ivan Nigro ha impugnato la sentenza ottenendo ieri una pronuncia di assoluzione con formula piena “perché il fatto non sussiste”. I motivi della decisione saranno depositati entro un mese, ma è evidente che la Corte (presidente da Michelangelo Russo, a latere Sergio e Ferrara) deve aver dubitato dell’attendibilità della donna. La difesa aveva inoltre obiettato che sia le sue dichiarazioni che quelle dell’uomo da cui lavorava non potevano essere utilizzate nel processo, perché entrambi erano indagati nel procedimento connesso per diffamazione (archiviato dallo stesso magistrato che indagava sulla presunta violenza sessuale) e avrebbero dovuto parlare con l’assistenza di un legale. Ora a Procura e parte civile resta la strada di un ricorso in Cassazione, ma se la sentenza di assoluzione diventerà definitiva allora da questo procedimento è pressoché certo che ne scaturirà un altro, stavolta per calunnia. (Clemy De Maio – La Città di Salerno) 

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