Ferlaino elogia Insigne e propone: «Diamogli la maglia numero 10 di Maradona, se la merita»

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    Fischi feroci. Assurdi. Insigne era stato appena sostituito durante Napoli-Athletic Bilbao nell’estate del 2014. Benitez disse: «È forte, ma deve capire che i veri campioni sanno attaccare e anche difendere, sanno essere rapidi ma anche molto resistenti». Lui, Lorenzo, non l’ha mai pensata esattamente come Rafone. Lui, il Magnifico, si sentiva attaccante e basta. Quindi, senza gol bene non stava. Zeman, il suo mentore, prima di Napoli-Cagliari dello scorso campionato ribadì il pensiero di Lorenzo. «È un attaccante e basta. Se poi deve andare a correre dietro i terzini avversari si stanca inutilmente. Con me rincorreva l’ombra degli avversarsi». Di situazioni del genere il 24enne di Frattamaggiore ne ha vissute tante. Dall’altare alla polvere nel giro di poche settimane, ecco il destino di Lorenzo. A settembre del 2013, quando con una punizione alla Maradona, Langerak, il portiere del Borussia Dortmund, ci ha rimesso persino due denti, sembrava che fosse nata una stella. Senza se e senza ma. E invece, nel pieno rispetto degli sbalzi di umore, Lorenzo di momenti no ne ha vissuti. Ha spiegato ieri Antonio Conte che è tornato a convocarlo dopo qualche dimenticanza di troppo. «Insigne sta facendo molto bene con il Napoli e per fortuna non si è infortunato. Era uscito contro la Juve e tutti abbiamo un po’ temuto, visto che eravamo anche in tribuna, che si fosse fatto male in maniera importante. Sta bene e lo sta dimostrando, sta facendo cose egregie da esterno in questo 4-3-3 e ci auguriamo che le cose che sta facendo in campionato le possa portare anche qui. Sarà titolare? Di quelli convocati tutti possono essere titolari, non ci sono preferenze». Poi ribadisce ancora: «No, non è un trequartista. La posizione dove gioca adesso mi sembra quella a lui più congeniale». A sdoganarlo con la maglia dell’Italia Cesare Prandelli che lo ha fatto debuttare in Nazionale a Modena. Che ieri ha raccontato: «Sono particolarmente felice per il momento che sta vivendo Lorenzo, un ragazzo rimasto serio e sereno anche nei momenti di maggiore difficoltà. Ha subito tante critiche ma ha saputo mostrare il suo grande carattere e in questo 4-3-3, dove ha la possibilità di percorrere meno la fascia rispetto a quanto avveniva nel sistema di gioco adottato da Benitez, gli consente di arrivare più lucido nella zona gol. È un giocatore molto importante perché sa abbinare la quantità alla qualità, segna e fa segnare». A Ferragosto del 2013, nella partita dedicata a Papa Francesco, Lorenzo segnò un pallonetto da metà campo sotto gli occhi di un esterrefatto Mascherano che si complimentò con il giovane azzurro. «Mi sembra davvero uno molto bravo» spiegò il centrocampista argentino uscendo dall’Olimpico. È riuscito anche nell’impresa di giocare da napoletano con la maglia della Nazionale al San Paolo. Come altri tre: Fabio Cannavaro, Ciro Ferrara e Antonio Juliano. Uno dei suoi più sfegatati estimatori è Arrigo Sacchi. «Insigne può fare tutto. Quando lo vidi giocare la prima volta rimasi incantato. Deve solo capire che deve giocare per la squadra e non per se stesso perché è il talento più puro che l'Italia ha sfornato negli ultimi anni». E svela: «Conte lo voleva alla Juventus quando era l’allenatore». Tutti pazzi per lui. Tanto da spingere Corrado Ferlaino a lanciare una proposta dagli schermi di Canale 9 nel programma «Tutti in campo»: «Diamo a Lorenzo la maglia numero 10 di Maradona, perché se la merita». Nel 2000 il Napoli decide di ritirare la maglia numero 10 di Maradona. Era stato già Ezequiel Lavezzi a essere investito dal ruolo di erede per i napoletani di Diego Armando Maradona. Tuttavia, dopo una lunga discussione venne deciso di non assegnare quella maglia che il club ha ritirato proprio in onore del Pibe de Oro nonostante lo stesso Diego avesse dato il via libera. «Lorenzo mi piace, è uno scugnizzo. I tifosi devono capire che i calciatori come noi che cercano il gol possono sbagliare e devono incoraggiarli sempre. E il San Paolo non deve mai fischiarli». (Pino Taormina – Il Mattino)

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