Gli angeli di Scampia secondo Maria Teresa Infante foto

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“Sono stata in un luogo in cui le luci erano quelle dell’aria intorno a noi, in un luogo in cui le favole sono quelle della vita di ogni giorno, in cui le parole non sono mai contorno ai compromessi. Sono stata in un luogo in cui la solidarietà è azione silenziosa. Sono stata al Centroinsieme Onlus, in cui ogni giorno giovani volontari senza volto,si prodigano,per ribaltare una condizione imposta. Sono stata tra la gente.”
Maria Teresa Infante, Scampia 12/09/2015.
Scampia vive, vive tra la gente di buona volontà: vive di buona volontà. Guardavo dai finestrini dell’auto quei casermoni grigi ergersi verso il cielo azzurro, circondati dal verde delle tante siepi incolte e dai viali costellati di alberi alti e fieri, quasi fuori posto, una nota stonata tra le spoglie dei palazzoni scrostati e le carte stracce ai bordi dei marciapiedi. In mezzo a tanto grigio, l’azzurro e il verde bastavano a dare volto e anima a un quartiere di cui tanto si è detto, guardandolo da una sola prospettiva, ma su cui pochi operano.
Tra le costruzioni che grondano cemento di dubbia qualità, frutto della speculazione edilizia degli anni ’60, le “Vele” sono diventate il simbolo del degrado urbano, causato dalla mancanza totale della presenza dello Stato, che dopo la costruzione di un quartiere che doveva prevedere aree verdi e lo sviluppo di un terziario a misura di cittadino, ha tirato i remi in barca, abbandonandolo a se stesso, lasciando spazio, in questo modo, a una urbanizzazione smisurata e selvaggia, senza alcun controllo delle autorità preposte.
Il degrado ha messo in fretta le sue radici; nessuna tutela, nessun controllo o servizi ai residenti, nessuna mano tesa e il “fai da te” che imperversa ha fatto il resto. Ma “il resto” è storia nota, la malavita ha allungato i suoi tentacoli ovunque e chiunque ne paga lo scotto.

“Gomorra” di Matteo Garrone, portato sul grande schermo e tradotto in otto diverse lingue, girato quasi interamente tra gli esterni, gli interni, le scalinate e i pianerottoli delle “Vele”, ha contribuito a marchiare quest’area di Napoli e a darne un’immagine che difficilmente Scampia potrà scrollarsi di dosso. Ma a tanti questo marchio non appartiene, c’è una parte del quartiere che rifiuta la comune etichetta del facile giudizio.

Infatti tra i rantoli delle Vele nasce “Centroinsieme Onlus ad opera di pochi volontari per merito del suo Presidente Vincenzo Monfregola, 39 anni, nato e residente a Scampia che quotidianamente opera al Centro, al rientro dal suo lavoro. Un impegno costante, a denti stretti e il sorriso sempre aperto sul suo volto minuto dagli occhi puliti e trasparenti, che ha portato un raggio di sole, tanta speranza e voglia di riemergere tra le famiglie del posto.

A coronare mesi di volontariato e solidarietà, nasce “ Tutti in prima fila” evento svoltosi dall’ 11 al 13 settembre. Un progetto annuale del doposcuola di Scampia, “Progetto Vela – Rendere consapevoli”; una tre giorni di arte e cultura, di voci e colori. Un evento territoriale che ha richiamato altre associazioni solidali con il sostegno del Comune di Napoli e dell’VIII Municipalità del Comune di Napoli che ne hanno dato il patrocinio. Tanti gli amici provenienti dall’intera penisola che hanno offerto le competenze tecniche e artistiche a loro disposizione ma soprattutto tanto cuore.

L’11 settembre è stato quasi interamente dedicato ai bambini di Scampia per festeggiare l’inizio della scuola, con l’intento di non avere seconde file, tutti uniti per la solidarietà compatta. La giornata è trascorsa in allegria con disegni, biciclettate, rappresentazioni teatrali e proiezioni video.

Il 12 settembre invece, è stato all’insegna del Meeting “ Noi donne a Scampia” in cui sono intervenute Rosa Schiano, Serena Gaudino e Maria Teresa Infante a portare le loro diverse testimonianze.

– I versi di Maria Teresa Infante e le sue liriche dedicate alle donne, di cui peraltro si occupa costantemente, sono stati intervallati dalle sue considerazioni sulle difficili condizioni del mondo femminile attuale e passato, con riferimenti particolari al mondo dell’arte. La levità della poesia a lenire le tristi considerazioni di soprusi e abusi, di pagine di storia vergata da crimini verso l’universo femminile.

-Serena Gaudino in un passato non molto lontano ha conosciuto le storie di molte donne del quartiere di Napoli, le ha toccate con mano, ha interagito in un habitat a lei noto e ha dato voce alle loro testimonianze raggruppandole in pagine di parole sentite, vissute, concentrate nel suo libro “Antigone a Scampia”.

– Rosa Schiano giornalista, attivista napoletana dell’ISM (International Solidarity Movement) rientrata pochi mesi fa da un soggiorno di oltre due anni a Gaza, ha riportato le emozioni della sua dura esperienza in una nazione devastata dagli orrori della guerra, in cui le donne subiscono doppiamente le atrocità. Testimonianza di una Palestina di cui i media non parlano, e della difficile condizione femminile e dei civili innocenti, toccata con mano, il cui ricordo è ancora impresso e vivo nella sua giovane anima

A chiusura di una manifestazione in cui voci silenziose hanno voluto dare un segnale della loro esistenza, del loro operato, si vorrebbe che le luci non calassero su questa realtà meritevole e che i suoi attivisti non venissero lasciati soli a se stessi.
Scampia è un quartiere che solo oggi, dopo trent’anni di degrado e abbandono, comincia a risollevarsi, grazie soprattutto ai cittadini, che finalmente hanno iniziato a prendersene cura. A mani nude, con le proprie risorse e le loro forze. Etichettati da un clichè cucito sulla pelle, i residenti cercano un’opportunità per se stessi e per i propri figli e per essa di adoperano.

Grazie agli angeli di “Centroinsieme Onlus” , grazie a Vincenzo Monfregola, ora possono inseguire questa opportunità.

– Non siamo tutti delinquenti a Scampia, io lavoro anche 10/12 ore al giorno, ho aperto un bar con mio fratello, facciamo spesso i turni e anche se lo stato ci tartassa di tasse, lavoriamo da mattina a sera, in maniera seria e onesta. I nostri genitori ci hanno mandato a scuola, educato, ci volevano fuori da Scampia, ma noi non ci assume nessuno, ci hanno impresso un marchio a vita. A Scampia sono tanti i giovani laureati, con sacrifici da parte dei genitori (lavoratori) che sperano in un’opportunità per i loro figli; prendono una laurea e poi non trovano lavoro; i più fortunati, quelli più coraggiosi vanno all’estero e Scampia si svuota, ci rimangono donne, vecchi e bambini e microcriminalità. Io non lo voglio quel marchio, non lo merito, neanche mio fratello, la mia famiglia e tanti altri ragazzi. Nessuno ci aiuta, tutti ci additano come delinquenti; è vero ce ne sono, ma perché è zona franca, una terra di nessuno in cui le istituzioni, le forze di polizia sono latitanti, ma fra noi sono molti gli onesti. Scampia fa comodo a tanti; è scaricare le proprie coscienze in un ghetto che altri hanno voluto, non noi. Io non voglio andar via Scampia, io e mio fratello ci restiamo, sperando di mantenerci con questo bar. Ci tengo a dire che c’è una Scampia di cui nessuno parla .- Un tono di voce fermo e orgoglioso e nello stesso tempo sereno e pacato.
Era ottimo il suo caffè, in una tazza fumante che ho dovuto aspettare si raffreddasse prima di poterla accostare alle labbra. – La tazzina deve essere ben calda, è uno dei nostri segreti. Il caffè non deve subire lo sbalzo termico – mi spiegò il giovanissimo titolare, dal bancone del piccolo bar nei pressi di Piazza Garibaldi. Ci sorridemmo, credo avesse l’età di mia figlia, non più di 23/25; uno sguardo vivace e spigliato, ma pulito, come il suo locale. Mi chiese da dove venivo, era chiaro che fossi diretta alla fermata del bus, con il trolley che mi trascinavo dietro. Forse simpatia a pelle, forse orgoglio della condizione che stava vivendo, vista come rivalsa e opportunità e cominciò a parlare di quanto fosse fiero del suo piccolo locale e quanto amore mettesse nel preparare quei caffè. – A Napoli si segue un vero e proprio rito per la sua preparazione; il caffè è un’arte! In puglia non avete un caffè così. –
La famiglia gli aveva dato una mano( una piccola mano, viste le poche risorse economiche) affinché avesse un lavoro e mentre si raccontava, spontaneamente, senza che gli avessi chiesto nulla, continuava a strofinare e lucidare il bancone; pensavo che di quel passo lo avrebbe presto consumato, mentre il fratello puliva con la stessa foga i tavolini alle mie spalle. Si respirava un buon odore di caffè misto ai detergenti. E intanto esaltavo anche le qualità del nostro caffè, ma soprattutto la bontà delle nostre pizze. Non poteva crederci che a me, la pizza napoletana non piace.

Sapevo che Scampia fosse anche altro da ciò che ci viene mostrato; da tempo ho imparato a filtrare le notizie, a setacciare le valanghe di informazioni che ci sommergono e a metabolizzarle. Scampia è anche il volto pulito di due ragazzi, le loro mani svelte e alacri, il desiderio di parlare, farsi sentire, raccontarsi con gli occhi pieni di sogni, desiderosi di riscatto. Ma soprattutto Scampia è ovunque, tra noi, non ha confini definiti.

Dal finestrino del mio autobus di linea mi voltai verso il bar; sentivo ancora quel profumo di pulito.
– Signora, ma le è piaciuto davvero il caffè?-
Non ho mai bevuto caffè migliore. Chissà perché non glielo dissi, ma gli ho promesso di tornarci. (Maria Teresa Infante).

L’evento ha come obiettivo la sensibilizzazione verso una piaga che da sempre affligge l’universo femminile e si pone come una mano tesa alla ricerca della dignità e del rispetto degli individui, nella loro essenza di persone a prescindere dal sesso di appartenenza, etnia o religione. (Utente dal Web)

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