De Laurentiis risponde a Maradona. Lasciamo lavorare Sarri foto

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    Diego Armando Maradona ha attaccato Sarri: «Non è da Napoli» Sopra, De Laurentiis con il tecnico azzurro: il presidente difende il proprio tecnico dalle critiche della tifoseria.

    Come un padre, più di un padre: anche se tra i due c’è la differenza d’età che corre tutt’al più tra due fratelli. «Io ho le spalle larghe e dico ai tifosi di non attaccare lui ma di contestare me, di lasciarlo in pace perché i risultati arriveranno presto». E non lo dice solo ai tifosi. Il destinatario è anche Maradona. Aurelio De Laurentiis è così: quando prende a cuore una persona è per sempre. Maurizio Sarri è da qualche tempo divenuto una specie di pupillo. Come lo sono stati a lungo prima Mazzarrie poi Benitez. E prima ancora Reja. Dunque, tocca al presidente prendere le distanze dall’ex Pibe de oro, da quel giudizio al vetriolo sul tecnico toscano. «Diego è il più grande personaggio mai esistito, è unico, più forte di Pelè. Ma sta lontano, a Dubai, non conosce più la realtà di Napoli. Le sue affermazioni sono sensazionalistiche, come buttare un sasso nello stagno. In una città così difficile abbiamo avuto un crescendo costante che non vuol dire solo vincere qualche coppa, ma anche rafforzare il club. E tutto intorno c’è il declino della società civile». C’è quasi del biblico, nel De Laurentiis di ieri pomeriggio a piazza Plebiscito, in questa fine estate che sembra pieno luglio. Si ferma a parlare prima di fare il suo ingresso in prefettura per il comitato provinciale sulla sicurezza. Un po’ Giobbe, quello dall’infinita pazienza, e un po’ evangelico nel porgere l’altra guancia davanti ai pesanti affondi di Maradona. De Laurentiis assolve l’operato di Sarri senza scadenze e senza ultimatum. «Mica il nostro è il gioco della torre? Prendere un allenatore non è facile ma gli uomini vanno valutati per quello che sono e in base a una serie di considerazioni che noi abbiamo potuto fare e non tutti hanno potuto fare». Lo ha scelto in prima persona, colpito in maniera speciale dopo un Empoli-Sampdoria in cui stava osservando Mihajlovic ma rimase stregato da questo toscano dai finti modi morbidi. E non lo molla. Come giusto che sia. E come d’altronde aveva garantito fin dal primo momento. «Sarri ha ancora molto da esprimere e ha ancora molto da lavorare, bisogna lasciargli una certa tranquillità psicologica perché se alla pressione di una città come Napoli aggiungiamo altra tensione passa da 300 a 600 sigarette… e rischia un coccolone». Oggi lo attende uno stadio semivuoto. «Spero che i tifosi che non verranno allo stadio, ci guardino in tv anche se è proprio nei momenti come questi che sono delicati e non difficili, dove c’è un passaggio di testimone, che bisogna stare vicino non al presidente, ma alla squadra e all’allenatore». La parola d’ordine è: distensione. Difende le sue scelte a spada tratta: «C’è in Italia qualcuno che ha un attacco più forte del nostro?» domanda, sapendo di avere la risposta in pugno. Poi passa al mercato, alla delusione per il mancato arrivo di almeno un difensore. «Mi viene da sorridere: abbiamo cambiato sette giocatori, poi non possiamo farci niente se offriamo 28 milioni per Romagnoli e non viene, se ne offriamo 14 per Soriano che solo a dieci minuti dalla chiusura ha deciso di venire». Parla di Zuniga e ribadisce le versioni degli ultimi tempi: «Ha subito degli infortuni, ha avuto alti e bassi si sta riprendendo, ma Sarri vuole giocatori integri dunque bisogna aspettare ancora…». Prima di entrare in prefettura lancia le sue accuse al ministro Alfano: «Lo stadio San Paolo più sicuro?Dipende solo dal ministro Alfano, non da un club come il nostro che ha lo stadio solo il giorno stesso della partita. Perché non si fa come ha fatto la Thatcher in Inghilterra? Non voglio accusare Alfano di omertà ma ci dica perché non vuole farlo, forse ha paura di perdere voti. Non capisco perché Renzi non dica ad Alfano: basta, finiamola».

    Fonte:ilmattino

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