Intervista alla scrittrice Carmela Politi Cenere, a cura di Maurizio Vitiello.

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    Intervista di Maurizio Vitiello – Risponde la scrittrice Carmela Politi Cenere.

    MV – Napoli riesce ad alimentare la scrittura attraverso le contraddizioni?
    CPC –  Napoli è una città inequivocabilmente contraddittoria. Da una parte il mare con la sua cangiante azzurrità, dall’altra il Vesuvio, che si protende verso il cielo e nel cui ventre è racchiuso un magma esplosivo, in grado di distruggere in un battibaleno l’intera città.
    Le colline stesse, un tempo feconde e lussureggianti, sembrano salutare ora con dolcezza il mare, ora allontanarsi inquiete, come per un imminente pericolo. E i gabbiani, docili quando seguono la rotta del vento e salutano la città, insidiosi nel momento in cui lanciano segnali per appropriarsi delle prede avvistate: la loro ferocia contrasta con la bellezza dell’aspetto.
    Napoli è una città dove la morte si coniuga con la vita e le forme architettoniche, le memorie storiche riflettono questa realtà. E’ la precarietà presente qui (vedi Vesuvio) a incidere e a dare forma a tutto.
    L’amore stesso che accende i vicoli, ora di folgorante sublime, ora di inaccettabile brutalità, non può essere concepito dai popoli nordici. L’amore è forza che trascina e tracima e anche gli scontri, che poi si risolvono in un abbraccio, sono inevitabili.
    Anche la religiosità del popolo napoletano, pur essendo reale, è ambivalente, perché si affianca alla superstizione: è come la maschera di Pulcinella. E’ da queste contraddizioni che l’arte si lascia sostenere. E’ da esse che si perviene alla catarsi e alla suggestiva rappacificazione con l’Io.

    MV – Quanto Napoli riesce ad offrire, come città unica e universalmente bimillenaria?
    CPC – Napoli è unica e va difesa per le sue peculiarità. Vari popoli e dinastie si sono succeduti. Greci, Latini, Bizantini, Normanni, Spagnoli hanno lasciato segni indelebili del loro passaggio, dando alla città un volto cosmopolita. Infine, la dinastia borbonica, quando è stata costretta a rinunciare al regno, Napoli presentava un aspetto fiorente e vantava più abitanti della stessa Roma. La costruzione della ferrovia Napoli Portici 1839 dimostra l’egemonia del Regno delle due Sicilie. Già nel Trecento, secondo quanto fa rilevare Giovanni Boccaccio, attraverso la novella ANDREUCCIO DA PERUGIA, la città aveva un numero cospicuo di abitanti ed era incredibilmente dinamica per la vita fervida che si svolgeva e per il commercio che vi si praticava. Andreuccio giunge a Napoli per acquistare cavalli, perché qui si vendevano esemplari equini tra i più belli.
    Tuttavia non vogliamo né narrare la novella, né mettere in luce l’intelligenza della gente, né trattare della natura armoniosa e rigogliosa della città, ma del fatto che essa può offrire rilevanti spunti per l’ispirazione artistico-letteraria proprio come è accaduto a Giovanni Boccaccio per la sua novella

    MV – Nei tuoi viaggi quanto di Napoli resta nel tuo cuore?
    CPC – Sebbene i viaggi siano per me uno strumento di conoscenza importantissimo, non vedo l’ora di ritornare quanto prima nella mia città. Nel mio cuore è vivo il ricordo della pittoresca Spaccanapoli con le sue leggende e i suoi misteri. Il mare, poi, col suo profumo e i suoi scogli, che sembrano attendere Partenope, è per me un potente richiamo, così come certe scalette nascoste, dove le promesse degli innamorati di un tempo risultano come celate dalla Luna e in grado di promuovere vibrazioni particolari alle anime sensibili e solitarie che le percorrono.

    MV – Napoli ti accende la carica per poter scrivere?
    CPC – Quasi tutti i miei libri, e sono numerosi,  parlano di Napoli e alcuni studenti, nelle loro tesi di laurea, hanno evidenziato come la città, amatissima dalla sottoscritta, sia una potente fonte di ispirazione.

     

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