GIUSEPPE ALVITI (A.G.P.G.): NO A LICENZIAMENTI MIRATI DI GPG ANCHE SE L’AZIENDA E’ IN CRISI.

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    IN una conferenza stampa tenutasi nel comune di S.Antonio Abate il leader dell’agpg Giuseppe Alviti ha reso noto quanto di seguito:
    Anche in caso di crisi generale dell’azienda non si può procedere a licenziamenti mirati, ma bisogna concordare con i sindacati le procedure e le modalità di scelta dei dipendenti da mandare a casa. E questo perché la legge del 1991 sui licenziamenti collettivi consente al datore di lavoro di liberarsi del personale in esubero a patto che, nella comunicazione alle rappresentanze sindacali, fornisca idonea motivazione sulle relative “esigenze tecnico-produttive ed organizzative” dell’azienda che hanno imposto tali scelte. Viceversa, se la comunicazione è generica e si fa riferimento a una fantomatica e non meglio specificata situazione di crisi, il datore non può poi limitare i licenziamenti solo in un determinato settore.
    È quanto chiarito dalla Cassazione in una sentenza di ieri mattina
    Insomma, secondo i giudici se la motivazione di avvio della procedura è inadeguata, anche il licenziamento è illegittimo e può essere impugnato. Tale potrebbe essere, per esempio, in caso di azienda con più sedi, un riferimento generico alla necessità di ridurre i costi complessivi, senza però che venga indicata una prioritaria esigenza per la sede ove lavora il dipendente che poi viene licenziato. Un comportamento del genere, infatti, integra la violazione dei criteri di selezione del personale previsti dalla legge del 1991
    La Cassazione
    Il datore di lavoro – ricordano i supremi giudici – deve sempre fornire, ai sindacati, le informazioni essenziali sul licenziamento collettivo in corso in modo da consentire a questi ultimi di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione di personale: con la conseguenza che, qualora le informazioni siano inadeguate, la procedura del licenziamento sarà nulla perché irregolare.
    In particolare, il datore di lavoro deve sempre indicare:
    – i motivi che determinano la situazione di eccedenza;
    – i motivi tecnici, organizzativi e produttivi, per i quali ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare in tutto o in parte il licenziamento collettivo;
    – il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato;
    – i tempi di attuazione del licenziamento collettivo e le eventuali misure programmate per fronteggiare la conseguenza, sul piano sociale, della attuazione del programma medesimo.
    Si tratta, dunque, di una procedura di cogestione della crisi tra impresa e sindacato. A tal fine, l’imprenditore deve provvedere a una specifica illustrazione e chiara spiegazione dei motivi della chiusura di una determinata unità produttiva o della soppressione di una posizione lavorativa per esigenze tecnico-produttive e organizzative ad essa proprie.
    In definitiva, le esigenze tecnico-produttive e organizzative previste dalla legge , in riferimento al complesso aziendale, determinano l’ambito di selezione del personale eccedente e possono costituire criterio esclusivo e determinante di riferimento nella determinazione della platea dei lavoratori da licenziare, anche addetti ad una sola unità produttiva.
    Così, è legittimo il licenziamento qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva dell’azienda, purché il datore di lavoro indichi nella comunicazione ai sindacati sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviare ad alcuni licenziamenti con il trasferimento ad unità produttive geograficamente vicine a quella soppressa o ridotta: in modo da consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti.
    Qualora invece il datore di lavoro faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione alle unità produttive che intende sopprimere, i licenziamenti intimati a tutti i loro dipendenti sono illegittimi per violazione della specifica indicazione delle esigenze tecnico-produttive e organizzative nella comunicazione. (Utente dal Web)

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