Angri (SA). Precisazioni critiche sull’attività artistica di Gianni Rossi. foto

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    Articolo-intervista di Maurizio Vitiello – Precisazioni critiche sull’artista angrese Gianni Rossi e sue risposte.

     

    Il maestro Gianni Rossi si sta dedicando completamente alla sua pittura, nel suo studio di Via Tevere ad Angri, in provincia di Salerno, ancora tranquilla cittadina dal volto umano.
    Dopo aver compiuto gli studi all’Istituto Statale d’Arte nella sezione “Decorazione Pittorica” e completato il Magistero d’Arte Applicata, inizia un’intensa attività artistica partecipando a collettive e a rassegne di alto e altissimo livello e realizzando varie personali in moltissime città, presentato da tutti i migliori critici italiani.
    Da ricordare che dal 1970 al 1995 ha diretto, con capacità, competenza e serietà, la Galleria (poi Studio) “Centrozero” di Angri, non fermando l'attività negli anni del terremoto, che colpì la Campania e la Basilicata; anzi, contribuendo ad aggregare tutti i nuovi emergenti dell'area campana e del Sud.
    Se si va a rivedere l’elenco delle mostre si comprenderà bene il passaggio di autorevoli artisti, che hanno fatto la storia italiana delle arti visive, alla fine dello scorso secolo.
    Gianni Rossi, gioca, da sempre con titoli interessanti, talvolta intriganti, insomma interessanti, e puntualizza con precisa chiarezza la sua linea, sia grafica che pittorica, che ha avuto, serie dopo serie, passo dopo passo, enunciazioni chiare, esplicite e convinte, senza inganno alcuno.
    Con disegni e chine ha affrontato tesi e tematiche, indicate e registrate in libri e monografie esemplari.
    Il vocabolario segnico-coloristico di Gianni Rossi invita a pensare a uno “screening” puramente giocato nello spazio dei contrappesi visivi e degli accordi cromatici e delle sintesi geometriche e compositive.
    Ma il peso, il valore degli impasti è anche giocato, in maniera determinate, con le polveri e con materie varie che sceglie con argute risoluzioni.
    Ma sotto c’è una mappatura metaforica e una geografia di combinazioni, puro traslato di immaginazioni fabulistiche, in parte, e di assensi strutturali reali, per l’altra buona metà; insomma, solo una lettura attenta, profonda, combinata riesce a cogliere quanto di vigilato è sui piani partecipi della sua pittura, che intende accogliere il mondo esterno che filtra nella sua anima e nelle sue acquisizioni mentali.
    Ciò che è fuori pareggia con l’intimo sentire.
    Più volte, nel tempo, abbiamo scritto su e per Gianni Rossi – basta vedere le indicazioni bibliografiche dei suoi cataloghi – e sempre abbiamo posto l’accento sulla predominanza di una voluta disposizione geometrica di base, combinata ad accogliere un sostrato di matericità, nell’approccio con la tela e con altri supporti.
    Ma abbiamo anche informato, i lettori di quotidiani e di riviste, su cui siamo intervenuti, che nell’esercizio pittorico di Gianni Rossi s’espande, sulle raffinate e incidenti trame e sui dinamici e pulsanti orditi astratto-geometrici, un pregevole dettato segnico, supportato da una tensione poetica, che pone nel gioco compositivo allusioni di racconti, sottilmente e variegatamente affabulanti, per rendere sensi luministici.
    La linea geometrica predominante s’imbeve di tessuti materici, di estensioni logico-spaziali armonizzate, amalgamate, connesse con spiriti di materia.
    Insomma, la linea virtuosa s’aggancia a infrazioni materiche, a palpitanti campiture, a reti ben impastate, dove s’estendono motivazioni di ricerca sul senso della vita e sulla stessa pittura.
    Crediamo, che, man mano, i suoi lavori saranno sempre più apprezzati dal mondo della critica e ogni opportuna occasione espositiva permetterà una sempre migliore acquisizione del tracciato segnico-pittorico-poetico che valida un percorso di attenzioni massime al mondo.
    L’ attuale tracciato dall’artista Gianni Rossi posiziona commenti e aperture.
    L’artista si sofferma, in modo esteso, a contenere gli imbarazzi contemporanei e a rilanciare possibili visioni di concordia.
    Ogni mostra per l’artista è: “una raccolta di opere poste in sequenza, come un divenire di tempi e realtà, di distanze e luoghi, con un costante approccio al territorio, alla geografia di luoghi, alle luci e alle cromie della realtà vissuta”.
    Le sue tele si inseriscono nel filone dell’astrattismo contemporaneo in cui a prevalere sono linee segmentate e colori volutamente accesi, brillanti e squillanti, attraverso l’uso di acrilici, collages, impasti di polvere di marmo e di carta, e non solo.
    Semplicemente, Gianni Rossi percorre le strade dell’astrattismo di matrice lirica, in cui eleganze curvilinee, fraseggi pittorici, ribattute articolazioni e rimandi materici sottolineano campiture gravide di umori e di verità, mentre segni, segnacoli e segnali intercettano effetti ludici e sorreggono i tagli più squisitamente geometrici in chiave astratta.
    Gianni Rossi sa bene come portare avanti la sua personale, garbata descrizione astratto-lirico-geometrica all’interno delle ricerche delle onde astratto-informali, tanto da essere un punto di riferimento per le nuove leve e motivo di studio per giovani studenti universitari.
    Ovviamente, è riuscito a determinare e a definire una sua cifra di riconoscibilità, il che non è poco; anzi, è quel molto che lo potrà sempre contraddistinguere pienamente, ma non solo nella sua terra d’origine.
    Chi studia l’astratto-lirico-geometrico deve sapere che questo codice interpretativo è stato investigato e reso da artisti di varie latitudini.
    Gianni Rossi regola memoria e maniera, riclassifica le tonalità dei colori, rimedia il senso del taglio per agevolare aperture e uncinare valenze certe, in cui spessori rendono profondità reali e altre volte cosmiche.
    Riuscire, dopo tanti anni di onesta ed esperta carriera, a essere riconosciuto come valido interprete di un segmento qualificato, che fa combaciare le estremità dell’astrattismo lirico e dell’astrattismo geometrico depone tutto a suo favore.
    Oggi, Gianni Rossi nella continuità di una linea raffinata dell’arte si pone nell’alveo delle firme accorsate e serie.
    Il merito principale dell’artista è di aver raccolto e ripreso le sue prese di coscienza in sviluppi vitali con un esercizio quotidiano, di respiro e di metodo, che non lo stanca.

    Ed ecco le domande a Gianni Rossi

    MV – Ci puoi raccontare dei tuoi esordi e dei tuoi anni operativi, sino ad oggi?
    GR – Ho iniziato nel 1963, frequentando l’Istituto d’arte e al contempo iniziando per conto mio ricerche empiriche su materia, colore e substrato.
    La mia prima mostra personale è datata 1968 nella mia Angri, mentre è dell’anno seguente quella alla galleria “La Scogliera” di Vico Equense.
    Da allora, in questi 51 anni di attività e ricerca artistica, si sono susseguite numerose mostre sia personali che collettive in Italia e all’estero, fino a giungere a quella del giugno 2013 nella prestigiosa sala Carlo IV del Maschio Angioino di Napoli.

    MV –  Puoi parlarci del tuo futuro?
    GR – All’orizzonte, c’è l’organizzazione in questo 2015 di due significativi eventi.
    Il 22 febbraio, presso la galleria “Hangry Contemporary Art” di Angri presenterò la mia ultima pubblicazione edita da Gaia, “Iconografia manzoniana”, con le mie 24 tavole illustrative sull’immortale opera del Manzoni dei “Promessi Sposi” e commento critico del docente universitario Luigi Montella. Le tavole in bianco e nero erano già state oggetto di una riuscita pubblicazione di fine anni ’80, “Perché ancora i Promessi Sposi?” della preside Mariastella Eisenberg, edita dalla Marimar.
    A partire dal 15 settembre, invece, negli spazi della galleria “Arte Fuori Centro” di Roma, esporrò i lavori dell’ultimo, proficuo biennio: un percorso cromatico che si prefigura come un viaggio immaginari,o i cui appunti sono delineati dalla scansione delle mie opere.

    MV – Quali i tuoi sogni?
    GR – La mia vita professionale ha sempre avuto come unico, ambizioso sogno un filo conduttore: la diffusione del mio credo artistico attraverso le mie opere, confidando nella maggior condivisione possibile del mio lungo e articolato percorso artistico.

    MV – Ti fa piacere esporre in personali o in collettive di gruppo omogenee.
    GR – Sì, mi ha sempre intrigato far parte di collettive che avessero come trait d’union l’omogeneità e il parallelismo di percorsi artistici.
    A tal proposito, da ormai trent’anni faccio parte con i colleghi Izzo, Ferrigno e il compianto Gallinaro di un gruppo che si richiama all’astrattismo materico/geometrico, e col quale operiamo con una serie di esposizioni su tutto il territorio nazionale.

    MV – Come definiresti le tue precedenti operazioni e la tua ultima declinazione?
    GR – Sono nato come pittore figurativo ai tempi della scuola superiore in cui la figura era al centro delle nostre opere. In seguito, ho lasciato la figura che non sentivo più mia, per accostarmi sempre di più all’astrattismo.
    Lo snodo principale della mia vita artistica è datata 1980 con “La crocifissione”, con la quale ho lasciato definitivamente il segno figurativo per inoltrarmi in una nuova fase imperniata sull’astrattismo materico/geometrico.
    Attualmente, utilizzo molto la corposità del colore innestando nella tela oggetti contemporanei (dalla carta fotografica alla carta vetrata) che richiamino alla società odierna. Si tratta perlopiù di materiali usati, di risulta, che assumono valore e peculiarità nel contesto dell’opera.  
     
    MV – Il lavoro concettuale quanto la prende per la realizzazione delle tue opere?
    GR – Il lavoro concettuale è sempre presente nelle mie opere, è un divenire che si esaurisce soltanto una volta ultimata la tela, e in ciò sin dalla fine degli anni ’70 mi faccio coadiuvare da semplici, ma efficaci materiali, come possono essere articoli di giornale che evidenziano l’attualità nel cui contesto si muovono le mie opere. 

    MV – L’idea, il ragionamento, l’analisi sono alla base delle tue ricerche. L’artista è un interprete della realtà interiore e quanto della realtà della comunità?
    GR – Tutto ciò che scaturisce dalla coscienza dell’artista fa parte anche e, inevitabilmente, della realtà della comunità.

    MV – Qual è l’elemento distintivo nelle tue opere?
    GR – Il colore e la materia, così come viene trattata pittoricamente. La materia, in particolare, è da decenni ormai l’elemento distintivo delle mie opere.

    MV – Qual è il rapporto dello spazio e del tempo nelle tue opere?
    GR – Sono due elementi ben presenti nell’artista nell’atto in cui si appresta a dipingere la tela. Lo spazio deve sempre essere equilibrato ai contenuti ed al messaggio dell’opera, il tempo è la scansione che detta i tempi della sua realizzazione.

    MV – Cosa mi dici dell’arte contemporanea, delle performances, degli eventi e delle installazioni?
    GR – Tutto ciò fa parte della “società artistica”. L’arte contemporanea è figlia del suo passato, da cui ha ereditato evoluzione e soluzioni meno rigide e presumibilmente molto più creative. Considero invece le performances e le installazioni piccoli ma significativi spaccati di vita tradotti in momenti artistici di grande impatto sul fruitore.
     
    MV –  Lasceresti Angri per trasferirti all’estero?
    GR – Ho sempre lavorato nella mia Angri, che è un luogo tranquillo. E dato che la mia pittura è lineare e necessita di tranquillità e serenità, non vedo l’esigenza di trasferirmi altrove; soprattutto, in luoghi disordinati e caotici. Però, mai dire mai …

    MV – Credi di aver raccolto ampie soddisfazioni nella tua attività artistica?
    GR – Ritengo di sì. Se mi guardo indietro, posso annoverare numerose soddisfazioni, che mi hanno arricchito dal punto di vista umano e professionale.

    MV – Chi ti ha aiutato e chi non ti ha aiutato?
    GR – Sono soddisfatto di ciò che ho fatto nella mia vita, proprio perché ho sempre potuto contare esclusivamente sulle mie forze, non avendo avuto né chiesto aiuti da nessuno.
     
    MV –  Quali artisti e quali artiste sono stati anche con te; con chi hai operato ottenendo proficuo interesse?
    GR – Numerose e qualificate sono state le collaborazioni artistiche, ma quelle più durature sono dell’ultimo trentennio con il gruppo della “Linea napoletana”, con il quale proseguo il mio viaggio artistico a livello collettivo.

    MV- Qual è il più recente libro di storia dell’arte che, maggiormente, ti ha stimolato riflessioni e idee?
    GR – “Elogio dell’Astrattismo” di Luigi Paolo Finizio, che ritengo un esaustivo compendio sugli inizi e lo sviluppo dell’arte contemporanea.

    MV – La creatività mediterranea esiste?
    GR – Senz’altro. Il Meridione è fervido dal punto di vista artistico, anche se purtroppo noi artisti del Sud molte volte non abbiamo adeguata cassa di risonanza e circuiti di livello in cui emergere, ritrovandoci esclusi anche da eventi di buona quota.

    MV – Le regioni del Sud sono tagliate fuori dal giro culturale?
    GR – Non sempre, ma scontano un “gap” atavico nei confronti di un Nord a volte più attento e partecipe alla vita culturale e artistica delle proprie comunità.

    MV –  Le tue mostre sono state anche ispirate dal “territorio” angrese?
    GR – Sicuramente. Nei nostri luoghi di origine tutto intorno a noi è arte, che si manifesta in vari modi. E l’artista ne coglie, consapevolmente o inconsapevolmente, gli input da approfondire e lavorare su tela.

    MV – L’arte si è ridimensionata, anche come fenomeno mercantile?
    GR – Di gran lunga. Oggi la richiesta è bassissima, anche se all’artista è sufficiente per vivere dignitosamente. Inoltre, l’artista non è e non deve essere un commerciante delle proprie opere …

    MV – Hai in mente di organizzare una solida monografica?
    GR – Il sogno di ogni artista è di realizzare una corposa monografia, ma la realtà è la difficoltà economica nel realizzarla …

     

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