Nuova legge sulla diffamazione è attentato alla democrazia . Vota petizione con Positanonews foto

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    Positanonews, il giornale della Costiera amalfitana e penisola Sorrentina, aderisce all'appello con l'ANSO e altre associazioni per la libertà di Stampa,  contro la nuova legge sulla diffamazione, una vera e propria censura preventiva, un'arma di ricatto che metterà un clima di terrore nelle redazioni mettendo in ginocchio o eliminando sopratutto le piccole testate con sanzioni esorbitanti e obblighi assurdi che non esistono in nessun paese d' Europa , una legge liberticida  . VEDI QUI PER INFORMARTI E VOTARE L'APPELLO 

    Vita in redazione. Ma come influiscono le disposizioni del Ddl sul lavoro quotidiano dei giornalisti? Per Alessandro Gilioli, caporedattore de l'Espresso.it  –  e autore con Guido Scorza di "Meglio se taci", libro in uscita per Baldini e Castoldi che affronta il tema dell'intreccio tra opinione pubblica, rete e politica – "in un momento di difficoltà economica di tutte le testate, la pressione delle aziende editoriali sui giornalisti diventerà ancora più forte: in sostanza, si va verso forme sempre maggiori di autocensura, di timidezza, di anestetizzazione preventiva di chi scrive sui potenti". E di sicuro non si tratta di "un passo in avanti per un Paese che già sta in fondo alle classifiche mondiali sulla libertà di stampa". Il punto centrale è la "disincentivazione alla diffusione di fatti, di idee, di opinioni". Un tema che non riguarda non solo la stampa ma "chi produce e immette contenuti nel sistema comunicativo". Un sistema "squilibrato", tutto a favore "dei potenti e contro chi scrive di loro".

    Clima da minaccia permanente. E come ricade la normativa sul lavoro quotidiano di blogger e giornalisti freelance? Per Gianluca Neri  –  alias Macchianera  –  "come al solito si privilegiano le testate che, eventualmente, possono permettersi di pagare una multa, mentre si utilizzerà la sola minaccia di richiesta di rettifica per intimorire giornalisti free lance e blogger". Parole chiare, come chiara e la considerazione che "ci sarà comunque sempre il modo di aggirare la legge: come si fa, ad esempio, a imporre una multa a chi scrive in inglese su una faccenda tutta italiana, da un server americano, russo o cinese?". Basta pensare a ciò che succede con "l'assurda legge sul diritto all'oblio: una valanga di richieste, cui Google non può che far fronte, perché non esiste materialmente il tempo di controllarne la veridicità una per una". E non manca la previsione. "Come finirà? Finirà che fra qualche anno, quando qualcuno cercherà su Google Silvio Berlusconi, invece delle sentenze e dei procedimenti penali, appariranno solo le parole Grande Statista".
     
    E il governo? Infine, il silenzio dell'esecutivo. C'è da sorprendersi? "No", commenta Gilioli. Perché "al di là delle dichiarazioni formali, nessuna forza politica in Italia ha una vera cultura antiautoritaria e libertaria in termini di libertà d'opinione, quando si tratta di contrasto di interessi tra controllori e controllati, cioè tra diffusori di notizie/opinioni e politici". Ancora, Fabio Chiusi: "Su molte questioni riguardanti libertà e diritti in rete il governo non ha mai fatto sentire la sua voce. Niente su come proteggere la nostra privacy online dopo il Datagate. Niente sui tentativi precedenti di imporre un obbligo di rettifica a prescindere dalla veridicità o falsità di quanto scritto". Insomma, l'attesa è per un impegno anche della compagine governativa. Per fermare quella che Carlo Blengino definisce, in definitiva, una legge "ipocrita, che vorrebbe ma non può: una legge concettualmente sbagliata, che contribuirà a peggiorare, (se possibile) il quadro normativo dell'informazione in Italia".

    I partiti. "A tutto il resto del Parlamento, compreso il MoVimento Cinque Stelle, il testo approvato in Senato andava bene". Lo scrive il senatore Peppe De Cristofaro, di Sinistra Ecologia e Libertà, ricordando come il suo partito sia stato "l'unico, in Senato, che ha votato contro questa legge", un provvedimento "sbagliato, soprattutto per l'inaccettabile tentativo di imbavagliare il web".  
     

    Meglioilcarcere

    La nuova legge sulla diffamazione è sbagliata.

    Doveva essere una riforma della legge sulla stampa che eliminando la pena del carcere per i giornalisti, liberava l’informazione dal rischio di sanzioni sproporzionate, a tutela dei diritti fondamentali di cronaca e di critica: il testo licenziato al Senato rischia di ottenere l’effetto opposto, rivelandosi come un maldestro tentativo di limitare la libertà di espressione anche sul web.

    La legge sulla diffamazione che potrebbe presto essere approvata, prevede in particolare:

    1) sanzioni pecuniarie fino a 50 mila euro che appaiono da un lato inefficaci per i grandi gruppi editoriali e dall’altro potenzialmente devastanti per l’informazione indipendente, in particolare per le piccole testate online. Inoltre viene pericolosamente ampliata la responsabilità del direttore per omesso controllo, ormai improponibile in via di principio e sicuramente devastante per le testate digitali caratterizzate da un continuo aggiornamento;

    2) un diritto di rettifica immediata e integrale al testo ritenuto lesivo della dignità dall’interessato, senza possibilità di replica o commento né del giornalista né del direttore responsabile, e che invece di una “rettifica”, si configura come un diritto assoluto di replica, assistito da sanzioni pecuniarie in caso di inottemperanza, che prescinde, nei presupposti della richiesta, dalla falsità della notizia o dal carattere diffamatorio dell’informazione;

    3) l’introduzione di una sorta di generico diritto all’oblio che consentirebbe indiscriminate richieste di rimozione di informazioni e notizie dal web se ritenute diffamatorie o contenenti dati personali ipoteticamente trattati in violazione di disposizioni di legge. Previsione questa che non appare limitata alle sole testate giornalistiche registrate ma applicabile a qualsiasi fonte informativa, sia essa un sito generico, un blog, un aggregatore di notizie o un motore di ricerca, e che fa riferimento al trattamento illecito dei dati che è concetto dai confini incerti in particolare nell’ambito del diritto di cronaca e critica e che non ha alcuna attinenza col tema della diffamazione.

    Più specificamente, la previsione di un assoluto diritto all’oblio, esercitato senza contraddittorio, è destinato a produrre un infinito contenzioso tutte le volte che, di fronte a richieste ingiustificate, il direttore legittimamente decida di non accoglierle. Ma la nuova norma può anche indurre ad accettare la richiesta solo per sottrarsi proprio ad un contenzioso costoso o ingestibile e, soprattutto, può portare alla decisione di non rendere pubbliche notizie per le quali è probabile la richiesta di cancellazione, con un gravissimo effetto di “spontanea” censura preventiva. I rischi non solo per la libertà d’informazione, ma per la stessa democrazia, sono evidenti

    Una legge che modifica la normativa sulla stampa al tempo del web deve avere come primo obiettivo la tutela della libertà di espressione e di informazione su ogni medium: e questo non si ottiene prevedendo nuove responsabilità e strumenti di controllo e rimozione, ma estendendo ai nuovi media le garanzie fondamentali previste dalla Costituzione per la stampa tipografica.

    La legge sulla diffamazione proposta ha invece il sapore di un inaccettabile “mettetevi in riga”, sotto la minaccia di facili sanzioni, rettifiche e rimozioni, per quei giornalisti coraggiosi, blogger e freelance che difendono il diritto dei cittadini ad essere informati per fare scelte libere e consapevoli.

    La mancanza di norme che sanzionino richieste e azioni giudiziarie temerarie o infondate non fa che aggravare un quadro di potenziale pressione sull’informazione che la sola eliminazione del carcere come sanzione non è sufficiente a scongiurare e che anzi con la nuova legge si aggrava.

    La nuova legge sulla diffamazione è pericolosa per le molte violazioni in essa previste del diritto costituzionale d’informare e di essere informati.

    Per questo invitiamo tutti i cittadini ad aderire a questo appello, e chiediamo ai parlamentari di non approvare la legge.

    Ne va della libertà di tutti.

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