Caserta. Usa la mazza da baseball contro la moglie ferendola alla testa. Fugge, ma poi si costituisce

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Caserta. Per tutti, in paese, Tommaso Izzo è il dipendente comunale che porta i bambini a scuola. Guida il bus del Comune il signor Izzo, 58 anni, dall’aspetto forse un po’ burbero. Fino a giugno ha svolto il suo lavoro come da copione: aprire e chiudere lo sportello del pullman per far salire su gli alunni e poi condurli a scuola, augurando «buona giornata» a destinazione. Ogni mattina. Le mamme si fidavano di lui. «Persona tranquilla, non immaginavamo che…», spiegano ora alcuni cittadini di Grazzanise. Per i carabinieri, invece, Tommaso è l’uomo che ha fracassato la testa della moglie Filomena, 52enne, con una mazza da baseball. Lei è rimasta miracolosamente viva, è riuscita a scappare dalle grinfie del marito e a bussare al campanello dei vicini chiedendo aiuto. La donna ha perso molto sangue ed è stata sottoposta a un intervento chirurgico. Tutto è successo domenica sera, non distante dalla caserma dei carabinieri di Grazzanise, in via Sambuco. La coppia era in crisi e, probabilmente, stava pensando di separarsi perché da tempo non andavano più d’accordo. Qualche volta pare fosse volato anche qualche schiaffo. Insomma, era giunta l’ora di dirsi addio, proprio adesso che i figli erano diventati grandi e avevano lasciato la casa paterna. Si stava parlando di questo quando, con un pretesto, domenica sera il dipendente comunale si è recato nel ripostiglio dell’appartamento e ha rispolverato la mazza da baseball che aveva comprato qualche anno fa. È tornato in cucina e ha colpito la testa della povera moglie che era di spalle. Filomena si è ritrovata a terra in un lago di sangue. Ha avuto, però, la lucidità di alzarsi e dare l’allarme: «Chiamate un’ambulanza – ha gridato – mio marito mi ha quasi uccisa». Tommaso Izzo, intanto, aveva lasciato la moglie a terra ed era fuggito. Per circa un’ora ha vagato attraversando le vie del paese, ma a mezzanotte ha deciso di gettare la spugna e si è consegnato ai carabinieri: «Ho colpito mia moglie, non so cosa mi sia successo», ha pronunciato a stento al tenente Armando De Marco della compagnia di Santa Maria Capua Vetere. All’alba, l’uomo è stato interrogato anche dal pm Alessandro Di Vico che ha poi firmato l’ordine di arresto con l’accusa di lesioni gravi. Così, l’insospettabile autista del bus dei bambini è stato trasferito in carcere. Per domani è stato fissato l’interrogatorio del gip del tribunale di Santa Maria. A difendere Izzo, l’avvocato Clemente Destino di Caserta: «Sono stato avvertito di notte della nomina – ha spiegato il legale – devo ancora capire bene cosa è successo». Sconvolta la piccola comunità di Grazzanise di novemila anime, guidata dalla commissione d’accesso al Comune, presieduta da Giovanni Migliorelli: «Conosco bene Izzo, quando non lavora come autista si reca al cimitero del paese per svolgere la funzione di custode – ha spiegato Migliorelli – l’ho sempre considerato come una persona tranquilla, normale. Oggi ho chiesto gli atti alla procura per avviare le pratiche per la sospensione, è un atto dovuto». Filomena, intanto, è ancora ricoverata nel reparto di Neurochirurgia all’ospedale civile di Caserta, «Sant’Anna e San Sebastiano». Il bollettino medico, però, è rassicurante: «La donna non è in pericolo di vita – fanno sapere dall’ospedale – ha perso molto sangue, ma ora sta meglio. Dovrà stare sotto osservazione per 48 ore». Sul capo ha una ferita lunga come un palmo di mano: le resterà per sempre, come un sigillo. È il segno indelebile della violenza. Ai figli di Filomena è stato chiesto di donare il sangue semmai ci fosse stato bisogno di una trasfusione. Nel primo pomeriggio di un caldissimo lunedì di agosto i due ragazzi sono già sull’uscio della sala d’attesa del reparto di Neurochirugia dell’ospedale di Caserta: orario di entrata in reparto, ma solo per un parente alla volta. Filomena è provata. Pensa a ciò che è accaduto, ma nemmeno troppo perché la testa le fa male. Allora dorme, non ricorda le botte, si annulla nella libertà di un sogno che la porta lontana da Grazzanise. Lì, nel suo paese guidato per anni da due sindaci che hanno il suo stesso cognome, ci sono i ricordi di una vita: il sacerdote di 86 anni della parrocchia di San Giovanni Battista che ha celebrato probabilmente il suo matrimonio 30 anni fa con Tommaso e ci sono le amiche che le dicevano di andar via da quella casa e le chiedevano: «Come fai a sopportare tanto?». C’è, infine, ancora l’odore di sangue caldo colato dalla sua testa domenica sera che ha macchiato le mattonelle del salotto di casa. Quel luogo, Grazzanise, le ricorda i giorni, le settimane e gli anni trascorsi a stirare le camice del marito che per lavoro era a contatto con i bambini. Un uomo che nessuno ha mai definito «violento». Pare che in precedenza abbia avuto qualche problema per la vendita di materiale e videocassette pirata, ma quella vecchia faccenda pare sia stata risolta. Filomena preferiva restare a casa quando tutto ciò accadeva. Sistemava il letto e cucinava per tutti senza aspettarsi nulla in cambio. «È una persona molto dolce», racconta don Francesco Monticelli, parroco di un’altra chiesa del paese che si trova nei pressi dell’abitazione della mamma di Filomena. «Non la conosco bene, ma mi recherò dai figli e dai parenti. Fatti del genere sconvolgono la quotidianità». Ma Filomena aveva mai denunciato ciò che accadeva in casa? «Bisogna sempre denunciare – spiega Annamaria Rufino, docente di Sociologia all’Università di Caserta – c’è da dire, però, che gli sportelli antiviolenza aperti stanno tutti chiudendo. La verità è che sia i politici che guidano questi assessorati sia i dipendenti che vi lavorano sono, per la maggior parte, incompetenti. Hanno una generica e approssimativa consapevolezza di cosa sia la violenza, ma se devono agire non sanno cosa fare, per loro è solo un cavallo di battaglia per avere visibilità». (Marilù Musto – Il Mattino)

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