L’arcivescovo di Reggio Calabria Nunnari: ad Oppido Mamertina processione da fermare, i preti dovevano andare via

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    Reggio Calabria. Da ieri c'è un'inchiesta della procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria sull'inchino della processione della Madonna delle Grazie rivolto all'abitazione di Peppe Mazzagatti, boss della ‘ndrangheta di Oppido Mamertina. Mentre la chiesa calabrese s'interroga sullo sconcertante episodio che suona come una risposta tracotante a Papa Bergoglio che, giusto due settimane fa, proprio in Calabria aveva bollato con la scomunica gli affiliati alla ‘ndrangheta, il procuratore-capo Federico Cafiero de Raho apre un fascicolo sulla vicenda. Servirà a fare luce sui retroscena dell'accaduto e a sanzionare gli eventuali reati. Gli inquirenti cercano risposte ad una serie di interrogativi. Solo compiacenti o complici i portatori della sacra effige fatta sostare e inclinare in segno di deferente omaggio al personaggio considerato l'esponente più in vista della ‘ndrangheta in paese? Nelle stesse ore il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, monsignor Nunnari, arcivescovo di Reggio Calabria, ha annunciato che riunirà i suoi confratelli calabresi «d’urgenza». «Dovremo discutere come attuare le parole del Papa sulla scomunica» dice senza mezzi termini Nunnari. Lo stesso Nunnari non ha esitato a dichiarare: «Quella processione andava subito fermata e i preti dovevano andar via». Una risposta immediata e ferma ai padrini della ‘ndrangheta di Oppido che è un'organizzazione criminale particolarmente feroce, quella mamertina, protagonista di una faida cruenta negli anni '90, uno sterminio che non ha risparmiato donne e bambini e ha fatto contare oltre un centinaio di vittime, compresa la macabra esecuzione di un giovane dato vivo in pasto ai maiali. «L'ossequio della processione a un elemento di vertice della ‘ndrangheta è un fatto grave che dimostra la compromissione e l'inquinamento territoriale» denuncia il procuratore Cafiero de Raho. «La Chiesa – secondo il magistrato – dovrebbe adottare provvedimenti molto forti perché questi finiscono con l'inquinare il diritto alle manifestazioni religiose dei cittadini». E dai vescovi locali arrivano interventi di reazione netta alla profanazione dei riti e alle presenze inquinanti di una ‘ndrangheta-devota. Dal presidente della Conferenza episcopale regionale, monsignor Salvatore Nunnari, arriva la proposta di una misura-choc. «Siccome sotto il carro votivo può capitare che ci sia il mafioso di turno che fa poi il capo, allora bisogna avere il coraggio di fermare le processioni. Se fossi vescovo di quella città per un po' di anni non ne farei e credo che sarebbe cosa gradita alla Madonna». Nunnari, che per anni è stato cappellano dei portatori dell'effige della Madonna della Consolazione, patrona di Reggio Calabria, conosce bene il fenomeno. E denuncia: «Non possiamo permettere che si svolgano processioni dove la Santa Patrona sia degli altri. So bene, per la mia esperienza, cosa sia questa attività popolare che esplode in anarchia religiosa. Sotto la vara loro non si sentono dipendenti da alcuna gerarchia e sentono di avere un rapporto personale con il Padreterno, la Madonna e con i santi». Don Pino De Masi, vicario generale della Diocesi di Oppido-Palmi e responsabile regionale di Libera, sostiene che il clero avrebbe fatto meglio ad abbandonare la processione dopo l'inchino: «Di fronte a un maresciallo dei carabinieri che si è allontanato, proprio per dissociarsi dall'omaggio al boss, i sacerdoti presenti non dovevano rimanere ». (Gianfranco Manfredi – Il Mattino)  

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