Ciclismo. Impresa Vincenzo Nibali, tricolore al Tour. Il campione d’Italia vince staccando tutti
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Al secondo giorno del Tour, Vincenzo Nibali, primo ieri a Sheffield e in maglia gialla, rincorre già la storia. Altro che porre attenzione, prima della curva definitiva, a Peter Sagan e Greg Van Avermaet. È infatti il primo italiano, Nibali, il ciclista siciliano di Messina cresciuto a Firenze, che indossa la maglia gialla da campione nazionale in carica, dai tempi di Francesco Moser del '75, che vi riuscì a Charleroi, in Belgio, nel prologo inaugurale, a casa di un incredulo Eddy Merckx, signore allora incontrastato del luogo e del reame ciclistico. Ed è il primo italiano, ancora, che vince una tappa al Tour da tricolore, dopo il napoletano, di Trecase, Salvatore Commesso, che coronò l’impresa a Friburgo, nel ’99 (in una volata a due contro Vinokurov, che – per le sliding doors dello sport e della vita – di Nibali oggi è il team manager…). Profuma vertiginosamente subito di una intensa gloria l’avventura di Vincenzo Nibali al Tour. Con quello spavaldo e incredibile contropiede a due chilometri dall'arrivo, che gli ha consentito di lasciare stupiti se non ammirati il plotoncino dei migliori, quei sopravvissuti – da Froome a Contador, da Van Avermaet a Sagan – di una seconda frazione in Inghilterra, nello Yorkshire, che ha confermato di fatto il tratto nobile di una classica delle Ardenne, per la difficoltà della sua altimetria e i distacchi pesanti registrati all’arrivo. Stupiti ed ammirati, quasi di marmo, diremmo, gli avversari, di fronte allo strappo secco e chirurgico di quel Vincenzo Nibali che nelle sue corde più proprie ha la generosità – tanto amata dal pubblico semplice del ciclismo – dell’attaccante per vocazione. Vada bene come ieri, o male come al Lombardia di qualche anno fa, o allo sventurato Mondiale del 2013. Un cuore da ciclista antico. Maglia gialla al secondo giorno, in ogni modo, ritroviamo un italiano ancora, dopo l’avventura di Rinaldo Nocentini che in giallo ci restò per 8 giorni nel 2009, e le presenze più velleitarie, per un totale di 4 giornate, di Mario Cipollini a fine anni '90. Ma è spontaneo che il giallo di Nibali sia una icona incandescente che riporta direttamente, senza ambiguità, per qualità tecniche ed ambizioni dichiarate, là dove si è fermato il cuore: al Marco Pantani del 1998. Ieri intanto, oltre Manica, Nibali ha indossato l’unica maglia in assoluto più bella della 'rosa', quella conquistata nel 2013, ed ancorpiù della 'amarillo' della Vuelta 2010, che gli restava da vestire nel suo corredo di campione di corse a tappe: quella gialla dei girasoli francesi, delle vittorie finali di Bottecchia e Bartali, Coppi e Nencini, Gimondi e Pantani, appunto. Ed è stato intimo e commovente – da ragazzo del Sud, isole comprese – quel gesto finale sul traguardo, ad indicare ripetutamente il suo marchio tricolore sulla maglia sociale della Astana. Quasi a dire, sono innanzitutto il campione d’Italia. Quel tricolore improbabile, bianco rosso e verde a strisce orizzontali, come pretende un algido regolamento Uci, che mai come ieri esaltava di un azzurro nazionale a tinta unita il cielo e il video. «Con il duro lavoro e i sacrifici stanno arrivando anche le soddisfazioni», ha spiegato commosso sul traguardo. Due secondi appena di vantaggio, per Nibali. Ma bastano per portare nel sole un (nuovo) italiano solo al comando. (Gian Paolo Porreca – Il Mattino)