Pompei. Furto dei mosaici, scatta l’inchiesta sui varchi. Il soprintendente Osanna: subito le telecamere, più controlli

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Pompei. Non era un turista innocuo il georgiano arrestato dai carabinieri lo scorso mercoledì per aver rubato tre tasselli da uno dei più prestigiosi mosaici della casa di «Trittolemo». L’uomo fermato dal custode è un ladro di professione e, cosa ancor più grave, si è introdotto furtivamente negli scavi in pieno giorno. I carabinieri, agli ordini del capitano della compagnia di Torre Annunziata Michele De Riggi e del comandante della stazione pompeiana Tommaso Canino, nel corso delle indagini hanno constatato che l’uomo, al momento del fermo, era sprovvisto di biglietto di ingresso. È scattata, così, la doppia inchiesta finalizzata a stabilire come sia stato possibile che un pregiudicato sia entrato negli scavi senza passare da uno degli accessi principali e, soprattutto, da quale varco secondario sia riuscito ad introdursi eludendo la sorveglianza. I militari hanno acquisito le immagini video registrate dalle telecamere della telesorveglianza della soprintendenza, al fine di fare chiarezza sulla vicenda. Sul caso è intervenuto il soprintendente di Pompei, Ercolano e Stabia, Massimo Osanna, che ha annunciato l’introduzione di regole di ingresso più severe. «Presto emanerò un regolamento ad hoc – spiega il professor Osanna – i visitatori dovranno conservare il biglietto fino all’uscita dal sito archeologico». Molte volte, nel corso dei controlli effettuati a campione dai custodi e dai carabinieri, vengono sorpresi turisti senza biglietto. Per giustificare l’irregolarità, i visitatori sorpresi a girare abusivamente per la città archeologica, dicono di aver buttato il ticket subito dopo aver varcato il controllo. La stessa versione fornita dal georgiano sorpreso a rubare i tasselli del mosaico della casa di «Trittolemo». Versione che agli investigatori è sembrata poco credibile. Da dove sia entrato il ladro, dunque, resta un mistero. «L’unico varco possibile – interviene il soprintendente – vista la vicinanza con la domus di ‘Trittolemo’, potrebbe essere il ‘Tempio di Venere’». La vicenda di cronaca riaccende i riflettori sulle falle del sistema di sorveglianza degli scavi di Pompei. Incrinature nel piano di sicurezza che hanno consentito il furto, lo scorso marzo, dell’affresco della dea «Artemide» dalla domus di «Nettuno» e nel giugno del 2012 di far sparire dai magazzini della soprintendenza un lucernario di epoca romana appartenuto a Fabius Rufus, riportato alla luce dagli archeologi dell’università «Suor Orsola Benincasa». Le 111 telecamere, del resto, collocate lungo il perimetro dell’area archeologica e le altre circa 50 installate in alcune case antiche come quelle del «Menadro», della «Venere in Conchiglia», del «Larario Fiorito» e all’esterno delle «Terme Suburbane», consentono solo un parziale controllo a distanza. Per far fronte a queste lacune che mettono in serio pericolo i tesori archeologici e per blindare i 66 ettari di città sepolta, oltre a potenziare il numero dei carabinieri tra le antiche vestigia, entro l’estate, assicura ancora il soprintendente Massimo Osanna, partirà l’iter per potenziare il sistema di videosorveglianza contemplato dal «Grande Progetto Pompei». Nel piano della sicurezza, di rafforzamento tecnologico e di capacity building, finanziato dall’Unione Europea, è stata prevista la spesa di quattro milioni e 800mila euro per il potenziamento e l’estensione del sistema di videosorveglianza. (Susy Malafronte – Il Mattino)

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