Le verticalità metropolitane nelle tecniche miste di Aurj. Testo critico di Maurizio Vitiello. foto
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Articolo di Maurizio Vitiello – Le verticalità metropolitane nelle tecniche miste di Aurj.
Le tecniche miste di Giammichele Aurigemma, in arte Aurj, hanno voglia di conquistare lo spazio; anzi tentano di sedurlo e d’invaderlo, pienamente.
Quest’interessante costante si trova nella propulsione dinamica, quasi vettoriale, dichiarata ed estrema, di pregevoli incursioni verso il cielo, che intendono vincere latenze e significare, invece, presenze umane nelle lanciate metropoli.
Aurj imposta, in maniera oculata, disciplinata, attenta, diligente e accorta, la redazione delle sue opere con un impasto cromatico solido, convincente, compatto, sviluppato su sottili griglie, perché vi sia profondo senso tattile, quasi di corporeità, e per favorire, al massimo, l’assunzione icastica della scena.
Nella solenne discrezionalità dell’impianto verticistico, impostata e strutturata da Aurj, si legge e si ricava la tendenziale idea di misurare lo spazio, ma, anche, di interpretarlo pienamente, di ben possederlo e, alla fine, di conquistarlo con rilevanti e diversificate tessiture e congrue e pregnanti pluridimensioni cromatiche.
Aurj rincorre ed esalta iperboliche, ma, sostanzialmente, vere iconografie del divenire, ovvero scandite manifestazioni aggettanti, fondamentali estroflessioni architettoniche tese nell’azzurro.
Aurj è sempre in continua attività ed è, fortemente, impegnato a inquadrare visioni metropolitane, quasi a voler cadenzare quattro passi tra le nuvole.
Queste sue interpretazioni, più volte esposte nell'accogliente spazio del Centro Culturale “L'Approdo” di Avellino, guidato da Elide Rusolo, e non solo, ci fanno ricordare i solcati grattacieli di respiro chimerico di Rinaldo Chelucci, artista molto attivo negli anni Ottanta con la galleria di Gerardo De Simone, “Lo Spazio” di Piazza Medaglie d'Oro, a Napoli, e le visioni post-metafisiche di Giorgio De Chirico, affascinato dall'America, da New York, in particolare, con le sue luci e i suoi vertici edilizi.
Aurj cerca di dare sostanza ai confini e coglie, nelle sue tessiture, realizzate con frazioni di reti sagomate e incollate tra tele e colori, varchi e aperture.
Il suo proposito indugia, con ferma discrezione, sugli esterni più alti del mondo tecnologico avanzato e mantiene un composto contatto con il sentiero del limite, che non ravvede, assolutamente, come soglia invalicabile di preclusione.
Un acceso sentimento di riappropriazione lo spinge a invadere la tela bianca con estrema serietà, sino a palesare, con un codice linguistico febbrile e intenso, immagini d'impatto, dalle forti sollecitazioni visive, in cui segni, segnali, segnacoli e vari segmenti incontrano decise cromie, che consolidano visioni consistenti e nette percezioni.
Le singolari opere di Aurj sono tuffi e tocchi, rituffi e ritocchi nella materia e le sue composite aggregazioni riescono a raggiungere squarci perpendicolari e tensioni luministiche.
L’artista configura, con significativa e rilevante abilità, multipli spessori sulla tela per alimentare segmentazioni reticolari su cui far insistere cromatismi energici, perché palpitino equilibri dinamici, sia in quota che in risalita; si riesce, così, a comprendere la volontà dell’artista di significare, con tratti risoluti ed esperti, agganciati a vettori cromatici, determinati da gesti calibrati e precisi, un autentico ventaglio di motivi e di strutture visive.
Aurj assegna ad una felice scala calamitata di colori, regolata da reticoli di più segmenti, che vibrano in dinamiche altimetriche, pensieri alti che incrociano il futuro; non solo, quindi, le parole, ma anche abili segni dichiarano propositi progettuali e investigazioni analitiche.
Allora, in questo caso, riassumono coordinate, sintetizzano quasi l’uomo, che, seppur dominante con la tecnologia e governatore dell'avvenire, riattraversa storie e miti per cercare libere, legittime, inobliabili fughe in avanti.
Il suo percorso pittorico, sostanziato da veloci impressioni, da ritmate stratificazioni e simbolismi metropolitani, scivola cadenzato da visioni apicali e da summit dell'anima.
Il domani percepito danza tracciato da ombre e da chiarori.
Il giorno e la notte si rincorrono per raccogliere e assemblare, seguendo palpitanti vertigini, l'esercizio cadenzato della vita, tra crepuscolo e penombra.
Gli spessori e i tocchi cromatici di Aurj precisano motivazioni strutturali, congetture possibili, percepite significazioni ad alta incidenza astratta; il tutto declinato in una sincerità di frontiere da violare, motivo d'orgoglio perlustrativo per rendere implicitamente e potenzialmente vincente un'accelerazione concettuale, uno scatto convinto, una performance dell'anima.
Maurizio Vitiello