Stadio San Paolo, il Napoli all’attacco. Scatta la diffida al Comune

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    Napoli. L’incontro di lunedì sera, in una sala riservata dell’hotel Vesuvio, non ha rasserenato i rapporti tra il Napoli e il Comune sul caso San Paolo. Anzi, la tensione è sempre più alta. Ieri dallo studio degli avvocati amministrativisti Giuseppe Ceceri e Antonio Nardone – i legali del presidente Aurelio De Laurentiis – è partita la raccomandata indirizzata al sindaco Luigi De Magistris: si tratta di una messa in mora del Comune. Il Napoli chiede di ricevere entro sette giorni le reversali di pagamento per i canoni relativi all’uso dello stadio, le percentuali su pubblicità, abbonamenti e incassi con relativa Iva (dal 20 al 22 per cento), per complessivi 6,2 milioni di euro. Il club, che ha sottoscritto la convenzione per usufruire del San Paolo nel 2006, fa sapere di avere più volte sollecitato l’invio di queste reversali negli anni. In questa raccomandata non si farebbe riferimento a quanto il Napoli ha anticipato per effettuare lavori ordinari e straordinari, come l’installazione dei tornelli previsti nella Legge Pisanu, ma è probabile che il Comune ne debba tenere conto all’atto dell’emissione delle reversali. Ciò che preme al Napoli è saldare i conti con il Comune: è un passo da compiere per procedere a una nuova convenzione (è stata prospettata dal capo di gabinetto Attilio Auricchio un’ipotesi-ponte di 24 mesi) o ad uno studio di fattibilità per ristrutturare il San Paolo. Cosa accadrebbe se le reversali non arrivassero entro i sette giorni indicati nella raccomandata? Gli avvocati presenteranno una offerta reale, che secondo l’articolo 1206 del codice civile prevede che sia convocato il creditore presso un notaio o un istituto di credito per la consegna degli assegni circolari. Nel caso il creditore, ovvero il Comune, non si presentasse o non accettasse la somma, toccherebbe all’ufficiale giudiziario tenere tali assegni in custodia. «La società è assolutamente in grado di fare fronte a questi adempimenti ora come negli anni scorsi: le reversali sono state richieste dal 2006 ad oggi», emerge dallo staff di De Laurentiis. Si coglie stupore per l’impasse della macchina burocratica di Palazzo San Giacomo. Frequenti in queste ore i confronti tra il presidente e il consigliere delegato Andrea Chiavelli con i legali napoletani Ceceri e Nardone, che nella scorsa settimana hanno ottenuto che la Corte dei Conti revocasse il sequestro di 5 milioni sul conto corrente del club, proprio perché il Comune è in grado autonomamente di esigere il credito. In questo momento De Laurentiis non pensa ad una nuova convenzione da sottoscrivere, ma a chiudere i conti pregressi con l’amministrazione comunale. Ecco perché, dopo le parole fortissime di lunedì («Potrei andarmene con Benitez e i giocatori della prima squadra nel campionato inglese e lasciare a Napoli la Primavera per giocare in serie C»), è partita la messa in mora. Il Napoli è preoccupato per gli attuali aspetti del rapporto con il Comune, non per il progetto di costruzione di un nuovo stadio, magari in provincia di Napoli o di Caserta. De Laurentiis è stato chiaro con il capo di gabinetto Auricchio nell’incontro di lunedì: il club non anticiperà più un euro per lavori da effettuare al San Paolo, com’è accaduto nell’estate 2013 per poter ricevere il via libera di Federcalcio e Uefa e disputare le partite di campionato e Champions League. «Li faccia il Comune, l’impianto non è di nostra proprietà». Si profilano rischi per la stagione 2014-2015, per questo motivo il Napoli ha già indicato come campo alternativo – in caso di indisponibilità del San Paolo – lo stadio Barbera di Palermo. (Il Mattino)

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