Taranto. Intervista al poeta Angelo Lippo a cura di Maurizio Vitiello. foto

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    Intervista al poeta Angelo Lippo di Taranto a cura di Maurizio Vitiello.

     

    Il poeta Angelo Lippo è nato sulle rive dello Ionio, il giorno di San Martino del 1939. Diversi i suoi interessi: poesia, critica d’arte e saggistica letteraria. Come poeta ha pubblicato una dozzina di volumi dei quali si è occupata la critica.

    Fra i titoli più significativi: “Filo diretto”, “La carne stretta” (prefazione di Marcello Venturoli), “L’ape invisibile” (prefazione di Giacinto Spagnoletti), “Caprice des Dieux”, ”La vita si scandisce limpida” ( prefazione di Enzo Santese), “Le sillabe del vento” (prefazione di Dante Maffia),”Calice” e “Fragile artificio”.

    E’ presente in qualificate antologie, fra le ultime “‘900 e oltre”, “Poeti in Puglia” della rivista Origini, “Itinerari poetici, “I custodi della bellezza”, “Un secolo in un anno”, “Lo statuto di art ambassador” e “Puglia in versi: la poesia dei luoghi, i luoghi della poesia”.

    Di saggistica letteraria il profilo critico sullo scrittore pratese Armando Meoni nel 1978, che ripubblica ampiamente riveduto con il titolo: “Armando Meoni – La vita e le opere”. Ancora nel 1994:” La vigna azzurra – La Puglia poetica degli Anni Ottanta tra cronistoria e immaginario letterario”; nel 2000: “Il respiro delle mimose”; nel 2003: “Il rumore dell’erba – A Sud delle incertezze la poesia”; nel 2008: “Il filo dell’affetto – omaggio a Giacinto Spagnoletti”.

    Come critico d’arte ha pubblicato nel 2001: “Il giardino degli dei”; nel 2004: “Puglia: un’arte di frontiera”.

    Ha coordinato alcune delle più importanti rassegne sul territorio, dalle lontane “Proposta ’70” e “Figurazione Settantacinque2 alle più recenti: “Percorsi e Segnali – Arte di fine millennio nel Mezzogiorno d’Italia”,Cinque percorsi dello sguardo”, “L’immaginario silente”, “Il giardino degli dei: un libro, una mostra”, “I colori del vino”, “ Identità del contemporaneo”, “Magie Mediterranee”, “Arte in Salento” (itinerante), “Voci di frontiera” (relativo volume poetico-artistico), “Artisti e Briganti: questa è un’altra storia”.

    Ha collaborato e collabora a diversi quotidiani: Corriere del Giorno, La Gazzetta del Mezzogiorno, il nuovo Quotidiano di Puglia e alle riviste: Oggi e Domani, Arteeluoghi, Polimnia (di cui è redattore), Il Secondo Rinascimento, Punto d’Incontro (fa parte del comitato di redazione), Silarus, Vernice.

    E’ stato condirettore della rivista Il policordo, poi fondatore e direttore dal 1985 di portofranco.

    Angelo Lippo è stato così definito da Raffaele Nigro: “Il maggior poeta dell’ultimo Novecento tarantino”.

    Proprio in questi giorni è in distribuzione in libreria la nuova silloge poetica di Angelo Lippo, “Elogio dell’ebbrezza”, collana “La farfalla”, n.16, diretta da Giuseppe Mannino, per le edizioni romane di Lepisma.

    Il libro è una sintesi delle poesie scritte dall’autore sul Vino, un tema che ha interessato nell’arco dei secoli tanti illustri poeti, e che continua a destare tutt’oggi un particolare interesse.

    Ed è proprio con “Elogio dell’ebbrezza”, la poesia che dà il titolo alla raccolta, che Angelo Lippo, nel 1999 al Premio “Rabelais”, si era aggiudicato la vittoria a pari merito con autori del calibro di Maria Luisa Spaziani, Luciano Luisi, Dante Maffia, Elena Clementelli.

    Nella prefazione al libro, il prof. Luigi Scorrano, critico letterario fra i più accreditati, autore di un memorabile volume sull’opera di un altro concittadino, Cesare Giulio Viola, nonché dantista di fama nazionale, occupandosi della poesia di Angelo Lippo  scrive: “Si potrebbe dire, per queste composizioni di Angelo Lippo strette in un tutto in cui l’odore del vino è salubre come un’aria non inquinata, che si tratta di “poesia olfattiva”, là dove si suggerisce come le “feconde intese” dei vigneti e della flora mediterranea, e il respiro del mare non lontano, concorrano a comporre le “profumate essenze” di una bevanda invitante a serena socialità”.

    Angelo Lippo, nella sua lunga attività di operatore culturale, come poeta pubblica nel 1963 “Quaderno d’amore” al quale fanno seguito una decina di volumi, fra i più significativi si citano: “La carne stretta”, “L’ape invisibile”, “Caprice des Dieux”, “Le sillabe del vento”, “Calice” e “Fragile artificio”.

    Numerose le testimonianze critiche sulla sua produzione poetica, tutte indirizzate a metterne in luce caratteristiche e peculiarità.

    Citare tutti è impossibile, ma vale la pena dire, ad esempio, di Raffaele Nigro ( “Angelo Lippo, il maggior poeta dell’ultimo Novecento tarantino”); di Giacinto Spagnoletti (“L’avventura umana, dai profili ben riconoscibili, è al centro, costantemente dell’attenzione di Lippo:la spinge egli stesso, si direbbe a diventare voce della propria poesia”); Dante Maffia (“L’itinerario poetico di Angelo Lippo è stato un crescendo senza soste”); Plinio Perilli (“Fragile artificio è guizzo e dolce lamento lirico invocante e necessario”). Ma ancora: D. Dolci, G. Cassieri, G. Pampaloni, G. Gerola, P. Ruffilli, A. Errico, A. Altamura, G. Chiellino, P. De Stefano, G. Segato, L. Angiuli, P. Giacopelli, E. Bagnato, G. Linguaglossa, E. Garello, C. Serricchio, V. Iacovino, A. Cappi, L. Pierdicchi, G. Amodio, M. I.De Santis, D. Giancane, M. Marcone, T.M. Giaracuni, A. Spagnuolo e tanti altri ancora.  

     

    Dopo quest’ampio excursus, ecco domande e risposte della nostra ultima conversazione:

     

    Ti senti più poeta, scrittore o critico d’arte?

    Bella domanda. Provo a risponderti partendo dall’inizio. Forse dico una boutade: trovami qualcuno che non abbia scritto nell’arco della sua vita una poesia. Tutti si sono cimentati con questo genere, all’apparenza facile da abbordare, ma alla fin fine irraggiungibile per quasi tutti. Dunque, anch’io sono nato “poeta”, più precisamente mi piace classificarmi come “scrittore in versi”, il che fa la differenza, e soprattutto coniuga i primi due aspetti della tua domanda: poeta e scrittore. Le prime poesie furono “dettate” (elimino il termine “ispirate”, troppo convenzionale e spesso frutto di ambiguità intellettuale) dai sentimenti che provavo per una mia coetanea, una fanciulla dolcissima, ma era soltanto un innamoramento platonico, e tale rimase. Poi l’amore per la mia terra, la Puglia, mi gettò in braccio ad una sorta di lirismo naturalistico-panteistico, che per fortuna riuscii a mitigare grazie ad una forte passione “pubblicistica”, attraverso la quale riuscii a focalizzare la mia poesia entro àmbiti meno gratuiti. Devo precisare che l’ambiente culturale della mia città non offriva alcuna spinta ad alimentare quest’ambizione, per cui mi trovai, con qualche altro solitario “compagno di strada”, ad affrontare problemi infiniti per riuscire a farsi accettare dall’establishement  culturale, fortissimo soprattutto al Nord dove i giochi di potere venivano lanciati dalle grandi Case Editrici. Però non mi sono mai perso, ho divorato migliaia e migliaia di testi di poesia e di letteratura. Oltre gli italiani (naturalmente Montale, Ungaretti, Quasimodo, Luzi, Caproni, Palazzeschi, Sereni, Betocchi, Rebora, Pisolini, Pavese, Campana e altri ancora) mi piaceva conoscere le realtà di altri paesi, per cui ho masticato tanto Baudelaire, Apollinaire, Neruda, Celan, Achmatova, Pasternak, Tolstoj, Dostoievskii, Eluard, Breton, Mallarmè, che avevano il merito di spalancarmi territori davvero subliminali. Ma mentre ero alle prese con la poesia, parallelamente frequentavo studi d’artisti, visitavo mostre. Ricordo che mi intrigava molto il profumo dei solventi, a guisa del piombo che usciva dallo strepitio della linotype, per cui mi sono ritrovato nelle braccia di un mondo “colorato” quasi per caso. Ricordo i primi timidi approcci con la “critica d’arte” (forse era presuntuosa definirla tale), e a poco a poco quel demone mi ha rosicchiato dentro, è penetrato nei polmoni ed oggi mi trovo  “diviso” fra la Poesia e l’Arte. Capisci, dunque, che stando così le cose, non me la sento di dirti se mi “sento” più poeta, scrittore o critico d’arte. Di una cosa sono sicuro: sono sempre me stesso.

     

    Il Sud è certamente creativo, ma in Puglia si distinguono più i pittori, i poeti, i letterati o i critici?

    Il Sud – come tu ben sai – è un territorio ad alta frequenza creativa, che però non ha ancora saputo rallentare il gap tradizionale con il Nord. E’ inutile farsi illusioni: finché non si farà sistema, le Arti di qualsiasi categoria: pittura, poesia, scultura, cinema, teatro, ecc.., il Sud resterà una cenerentola che aspetta sempre il suo principe azzurro, il quale – puntualmente – non arriva. Quindi, è una mia opinione, credo che anche la Puglia, regione di frontiera, ospitale come poche altre, viva di questa “sofferenza” non riuscendo mai ad andare oltre il consentito. C’è sempre “qualcosa” o “qualcuno” più in alto che impedisce che i poeti, i letterati, gli artisti, i critici di Puglia, si affranchino di questo retaggio portando il proprio contributo alla nazione. Ad onor del vero devo dire che c’è una situazione nuova in Puglia ed è quella che vede non pochi autori quali protagonisti della ribalta nazionale, soprattutto in campo letterario. Penso a Gianrico Carofiglio, Nicola Lagioia, Mario Desiati, Alessandro Leogrande, Raffaele Nigro, ma anche nel settore delle arti visive c’è qualche movimento interessante, manca però una globalità di obiettivi, insomma quella strategia che ci relega in una sorta di limbo dal quale non siamo capaci di uscirne. Le istituzioni sono latitanti e qui il poeta, l’artista, il creativo, insomma, è costretto a fare i conti con la realtà, una realtà pesantissima che ha un solo nome: Denaro.

     

    Puoi parlarci sommamente delle tue pubblicazioni, in modo particolare l’ultima raccolta di poesie edita da Lepisma di Roma?

    E’ presto fatto. Ho pubblicato una dozzina e più di raccolte di poesia. La prima risale al 1966, un “Quaderno d’amore”, pubblicato alla macchia, poi vennero prove più precise come “La carne stretta”, prefazione di Marcello Venturoli, “Filo diretto” (premiato al “Beniamino-Joppolo), “L’ape invisibile”, prefazione di Giacinto Spagnoletti, “A voce alta”, “La vita si scandisce limpida”, “Le sillabe del vento”, prefazione di Dante Maffia, “Calice”, “Fragile Artificio” e ora “Elogio dell’ebbrezza”, edita da Lepisma di Roma, con prefazione di Luigi Scorrano, dantista di fama nazionale.

    Sul versante della saggistica letteraria posso dirti che il mio primo lavoro fu dedicato ad un galantuomo della letteratura italiana del Novecento: Armando Meoni, una prima edizione in sordina, 1000 copie, esaurite in pochissimo tempo, ed una seconda nella quale affrontai l’intero corpus delle opere dello scrittore pratese. E’ stata un’esperienza positiva che poi mi ha portato a mettere a fuoco altri progetti: La vigna azzurra, Il respiro delle mimose, Il rumore dell’erba, e nel 2008 l’omaggio a Giacinto Spagnoletti, Il filo dell’affetto.

    Anche sul piano della critica d’arte due libri importanti: Il giardino degli Dei, Puglia: arte di frontiera, ma a latere centinaia e centinaia di articoli su artisti e fatti di rilevanza nazionale ed internazionale.  

    “Elogio dell’ebbrezza”, invece, nasce per caso. Anni fa partecipai ad un importante Premio di Poesia a tema: il Vino. Ti premetto che in vita mia ho partecipato a pochissimi concorsi, per cui non so come e perché partecipai al Premio “Rabelais”. La mia poesia, “Elogio dell’ebbrezza”, che apre questo volumetto, fu dichiarata dalla Giuria vincitrice a pari merito con altri autori che rispondevano ai nomi di Maria Luisa Spaziani, Elena Clementelli, Dante Maffia. Sull’onda di quel consenso in questi anni ne ho scritte delle altre, quelle del volume ora in distribuzione, che spero trovi il parere favorevole della critica e del pubblico.

     

    In Puglia qual è il momento non valutato che potrebbe rientrare in un circuito turistico?

    Non c’è un solo momento o un’unica possibilità per attrarre flussi turistici. Abbiamo un patrimonio invidiabile, ma che non sappiamo mettere a registro. Il problema è ancora quello che dicevo più sopra, manca alla Puglia la capacità di fare ed essere sistema, cioè di produrre ricchezza spontanea da ciò che possediamo in natura. Potrei farti un elenco lunghissimo: le Gravine, i Castelli, le Masserie, le Chiese, i Palazzi nobiliari, Coste, Spiagge e Litorali marini, insomma una sequela di itinerari che farebbero gola a chiunque. Tutto sta a saper programmare, correlando le varie location (oggi si dice così, vero?) fra di loro e mutuandole farle confluire in un progetto globale. Voglio dire che non è frutto di fantasia pensare di organizzare un circuito di “eventi” (anche questo è un termine à la pàge) che si intreccino sul territorio in modo da offrire al turista o anche al visitatore frettoloso la condizione di assistere ad uno spettacolo teatrale in un ambiente spettacolare, ad esempio una gravina; visitare una mostra d’arte nei più bei castelli della Puglia (non c’è solo il famoso Castel Del Monte, ma quasi tutti i paesi di Puglia hanno un Castello ricco di storia e di cultura); e così via.

    Molte di queste manifestazioni ci sono già, ma non esiste circuito, sono tutt’al più espressioni di quell’Amministrazione o di quell’altra Associazione Culturale, il che determina una scarsa attenzione e men che meno risultato sul piano dell’attrattiva turistica.  

     

    Le manifestazioni che vedono protagonisti i castelli pugliesi stanno esercitando un’attenzione e  una ripresa di flussi. Qual è il tuo pensiero?

    E’ quello che ti ho esposto rispondendo alla precedente domanda. Mi sta benissimo il progetto di Intramoenia extrart, che da alcuni anni la Regione Puglia ha messo a fuoco, ma anche questa iniziativa non ha saputo attrarre il credito dei turisti, ma spesso neppure quello dei pugliesi. Voglio dirti che non basta procedere ad installare opere d’arte all’interno delle mura dei Castelli perché si verifichi quello che ci attendiamo da decenni. Occorre una svolta più profonda che risponda e corrisponda ad una visione meno elitaria della visione dell’arte, puntando a motivare le proposte e a calarle in una dimensione più realistica. Bisogna creare le condizioni oggettive per rilanciare il territorio affiancandolo a progettualità artistiche lungimiranti, che sappiano individuare le ragioni della storia contemporanea e del suo mettersi in gioco ogni momento della giornata. Il solipsismo culturale può alla fine trasformare in ghetto qualsiasi ricchezza e non vorrei che ciò accadesse ai nostri Castelli. Qualche esempio positivo ultimamente ci è giunto da Barletta: apertura della Galleria d’Arte Davanna e di Palazzo Marra. Si tratta però, e lo ripeterò ab infinitum, di non lasciare isolate queste iniziative, ma coinvolgendo tour-operator di interesse nazionale ed internazionale, perché è questa l’unica strada per registrare consensi.

    Maurizio Vitiello

     

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