In attesa di Arbore a Piano di Sorrento , l’esordio con Quincy Jones e Umbria Jazz

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    Arbore si regala diverse date del suo tour in Campania, iniziando domani sera da Portici. E racconta le sue stagioni calde pensate tenendo insieme tour e relax: l’esordio, benedetto da Quincy Jones, dell’Orchestra Italiana, le notti di «Umbria jazz» e il derby Capri-Ischia: «Ero devoto alla prima, ora bazzico di più la seconda, mi hanno persino dato le chiavi dell’isola»
    In attesa di Arbore a Piano di Sorrento ecco cosa scrive su Il Mattino di Napoli , primo quotidiano della Campania, Enzo Gentile
    Con quella sua collezione di camicie e abbigliamento vario che gli devono invidiare anche alla Hawaii, Renzo Arbore è un emblema vivente di colore, gag e divertimenti assortiti: un inno alla stagione più calda, come la cantava anche Celentano, «Sogno l’estate tutto l’anno…», nella hit di mezzo secolo fa, «Azzurro», copyright Paolo Conte.
    «Ho sempre cercato di conciliare le mie passioni per unire la musica, il lavoro, la voglia di vacanze, che per me coincidono con il mare: per molto tempo sono stato votato all’isola di Capri, ad esempio, ma ora mi sono spostato più a Ischia, dove lo scorso anno mi sono state date le chiavi dell’isola, un gesto simbolico che ho molto apprezzato. Ma tra tournèe e impegni vari le alternative non sono mai mancate», racconta lui.
    Con un’attività febbrile come la sua, fatta anche di tanti viaggi all’estero, avrà spesso giocato di incastri per godersi le sue estati.
    «Indubbiamente bisogna combinare tante esigenze: ad esempio un’estate la passai in sala di montaggio per organizzare e rifinire il mio primo film, Il Pap’occhio, ma se penso a una tappa fissa, di tutti gli anni, vedo nella mia agenda Umbria jazz, che stavolta per ovvi motivi, salta: non era mai accaduto. Insieme a quello di Montreal è uno dei principali festival al mondo, ho cominciato a seguirlo anche prima di essere ufficialmente parte del gruppo di amici e garanti artistici. A Perugia ho visto concerti favolosi, incontrato alcuni dei miei artisti preferiti, e naturalmente ci ho anche suonato: una bella abitudine, quella di Umbria jazz, che speriamo di recuperare quanto prima: quest’anno in agosto ci sarà qualche appuntamento, ma in forma ridotta, facendo quel che si può».
    Anche il debutto assoluto della sua Orchestra Italiana avvenne un’estate di tanto tempo fa. Se lo ricorda?
    «E come potrei dimenticarlo? Era il 1991, e fummo ingaggiati al festival di Montreux, in Svizzera, una vetrina fantastica, da mettere i brividi, anche perché a presentarci fu nientemeno che Quincy Jones. Alcuni di noi erano terrorizzati solo al pensiero. Forse fu una scelta persino un po’ incosciente: io venivo dal mondo dello spettacolo, radio, televisione e cose varie, ma la mia militanza nella musica sul palcoscenico era ancora poca cosa. Avevo fatto qualche canzoncina, suonato sporadicamente con diversi gruppi e musicisti amici, ma non potevo immaginare che questa sarebbe diventata la mia carriera principale. Il battesimo di Montreux, una manifestazione storica, forse la più prestigiosa a livello internazionale, mi diede molta convinzione: vedevo un pubblico internazionale applaudire un repertorio italiano che in quella sede poteva apparire molto strano. Una risposta clamorosa».
    Una svolta, un cambio di passo determinante per la sua storia artistica.
    «Sì, resto tuttora un appassionato testimone di questi mondi, e i risultati ci hanno dato ragione. D’altronde anche il mio spazio sulla rete, RenzoArboreChannel.tv si nutre di questi materiali, che scopro nel mio archivio e che mi porta talvolta a bellissime scoperte. Rispetto a quella serata di luglio, a Montreux, so che da allora decisi, una volta di più, come la mia missione sarebbe stata quella del divulgatore: da una parte la grande canzone napoletana d’autore, dall’altra la riproposizione del jazz e dello swing. Sono, non a caso, le cose che ancora ascolto, frequento e studio più volentieri, due patrimoni inesauribili».
    Nemmeno in un periodo così travagliato e oggettivamente difficile da gestire, Arbore ha voluto fermarsi oltre lo stretto necessario. Nell’immediata ripresa dopo l’emergenza e il lockdown, è tornato in tv con «Striminzitic show», ventuno puntate su RaiDue, a giugno, insieme all’amico Gegè Telesforo, mentre ora destina questo agosto a una bella serie di concerti con l’Orchestra Italiana, per un tour in partenza domani dalla reggia di Portici, e con diverse altre tappe in Campania, tutte rese possibili dalla Scabec: il 4 a Piano di Sorrento (piazza del Mercato), il 26 a Benevento, il 29 a Santa Maria di Castellabate (Sa), e poi ancora a settembre l’1 a Lioni (Av), il 3 a Teggiano (Sa).
    Dopo 29 anni di onorata carriera sui palchi di mezzo mondo, con show, dischi e festival sempre accolti con grandi favori di pubblico, Arbore se la spassa cantando e suonando circondato da strumentisti di eccellenza, quindici elementi per la direzione di Massimo Volpe.
    Ma com’è «’o show» al tempo del coronavirus?
    «Dovremo prendere le nostre precauzioni, suonare distanziati e fare attenzione più che mai, anche sul palco, mascherine a portata di mano per evitare le multe del governatore De Luca. Ma ho pensato che a tutti i costi bisognasse ricominciare: tra tecnici, musicisti e le persone al seguito siamo una trentina di persone e alcuni cominciavano ad avere difficoltà, dopo i mesi di stop. Era venuto il tempo di recuperare le occasioni e il calendario perduti nella primavera scorsa».
    Che cosa troveremo nel repertorio di questa estate 2020? Ci sono canzoni nuove in arrivo?
    «Ogni sera facciamo qualche aggiustamento, aggiorniamo qua e là, anche perché abbiamo solo l’imbarazzo della scelta, tra pezzi celebri e ripescaggi comunque di qualità. A cose nuove penseremo più avanti: nel frattempo dovrà muovere i suoi passi una canzone che per varie coincidenze sfortunate non ha avuto le sue occasioni, Esattamente come tu, che avevo realizzato con Sugarpie & the Candymen: ha un paio d’anni, ma per me è ancora fresca, da rimettere in circolazione. È la dimostrazione che collaborare e suonare con altri musicisti resta la cosa più appassionante di questo mestiere: la prova provata qualche sera fa, proprio a Napoli, per il duetto con Stefano Bollani nell’omaggio a Renato Carosone, proprio una bella cosa».

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