Attesa per i tamponi in Costiera Amalfitana. Ai 36 di ieri se ne aggiunge un altro a Praiano e uno a Maiori. Negativa la donna di Conca dei Marini

Attesa per i tamponi in Costiera Amalfitana. Ai 36 di ieri se ne aggiunge un altro a Praiano e uno a Maiori. Negativa la donna di Conca dei Marini.

Oltre ai tamponi di cui abbiamo parlato ieri che sono prevalentemente per Cetara e la donna di Tramonti, questa mattina è stato fatto un tampone ad un ragazzo di Praiano che veniva dal Nord, sempre per scopi prudenziali, e ci sarebbe anche un caso di un altro operatore sanitario a Maiori. Dunque, ai 36 di ieri previsti fra  Maiori, Tramonti, Ravello e Cetara, se ne aggiungono altri due. La buona notizia è che la donna di Conca dei Marini al Costa d’ Amalfi di Castiglione di Ravello è risultata negativa.

Ancora una volta l’ASL e il personale sanitario di Salerno, con la collaborazione delle amministrazioni comunali, agisce con tempestività per fronteggiare il rischio di contagi del Coronavirus Covid-19. Esclusa Vietri sul Mare, colpita con la connurbata Cava de’ Tirreni, nel resto della Costiera amalfitana siamo a 5 casi, con contagi avvenuti all’esterno della Costiera amalfitana.

Anche se in piccolo, in Costiera si sta cercando di attuare il metodo “Corea del Sud”.

Nei primi giorni di febbraio  i casi di COVID-19 in Corea del Sud passarono in pochi giorni da qualche decina a oltre cinquemila.

Dalla fine di febbraio, però, la crescita dei contagi in Corea del Sud si è arrestata; da settimane il numero di casi di COVID-19 è stabile a poco meno di 10 mila (i morti causati dalla malattia sono stati 169). Dopo essere stata per settimane il paese più colpito dopo la Cina, oggi la Corea del Sud è stata superata per numero di contagi e morti da gran parte d’Europa e dagli Stati Uniti. Il paese sembra essere riuscito a contenere il contagio in una fase ancora iniziale, ed è riuscito a farlo senza imporre imponenti misure di quarantena ma grazie a un’estesa politica di tamponi e un sofisticato tracciamento dei contagi.

Gli sforzi per testare il numero più alto possibile di persone da parte della Corea del Sud e della Cina sono stati esplicitamente lodati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Al momento la Corea del Sud ha realizzato circa 431 mila test, circa uno ogni cento abitanti. Ma mentre in paesi come l’Italia i test vengono utilizzati per identificare e isolare i casi più gravi (nel nostro paese la politica ufficiale sarebbe invece di testare soltanto i sintomatici, e fino a poche settimane fa solo i plurisintomatici), in Corea del Sud si testano anche decine di migliaia di casi asintomatici e semplicemente sospetti.

In un suo recente articolo, il Wall Street Journal ha descritto un episodio che nelle ultime settimane è divenuto piuttosto comune in Corea del Sud. A metà marzo Kang Min-kyung, un’impiegata di 30 anni che vive nella capitale Seul, tornando dal lavoro ha trovato un biglietto appeso alla sua porta: le autorità sanitarie locali le chiedevano di sottoporsi a un test, visto che uno dei suoi condomini si era rivelato positivo.

Questa pratica, individuare ed eventualmente sottoporre ai test tutte le persone che sono state esposte al contatto con una persona infetta, si chiama “contact tracing”, che significa grossomodo “tracciamento dei contatti” ed è la forma di contenimento più aggressiva che si possa mettere in atto contro una malattia infettiva (ed è anche quella raccomandata dall’OMS). Andando a cercare i casi positivi uno per uno, è possibile isolare rapidamente gli infetti, prima che abbiano il tempo di contagiare altre persone.

Il “contact tracing” inizia con la collaborazione delle persone infette, a cui, una volta identificate, viene chiesto quali luoghi hanno frequentato nei giorni precedenti, ma in Corea del Sud si avvale anche di leggi sulla tutela della privacy piuttosto deboli (e nelle quali nuove eccezioni sono state introdotte in queste settimane). Le autorità sanitarie possono usare le immagini delle telecamere di sicurezza, i dati delle carte di credito e quelli degli smartphone per ricostruire gli spostamenti effettuati dalle persone contagiate.

Le informazioni vengono poi rese pubbliche tramite un’apposita app per smartphone, in modo che chiunque si sia trovato a passare negli stessi posti nello stesso momento di un contagiato abbia la possibilità di farsi visitare. È una strategia costosa in termini di risorse che bisogna investire nel personale medico addetto ai tamponi e nella capacità di analisi dei laboratori. In poco tempo la Corea del Sud è arrivata a poter analizzare oltre 20 mila tamponi al giorno e impiega migliaia di operatori sanitari per realizzare i tamponi. Al momento, effettuare un test impiega dieci minuti e i risultati arrivano nel giro di sei ore.

I test vengono effettuati in centri appositi, dove si può ricevere un tampone senza scendere dalla propria automobile, oppure in una specie di cabina telefonica, in cui l’operatore sanitario rimane protetto dietro a un vetro.

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