Sorrento. Incontro con il Maestro intarsiatore Giuseppe Rocco

L’antichissima arte della tarsia rappresenta uno dei patrimoni artistici per il quale la nostra Sorrento è famosa in tutto il mondo.
Una tradizione da salvaguardare e, soprattutto, trasmettere ai giovani.
Sono tanti i maestri intarsiatori che si sono dedicati con passione e costante ricerca alla realizzazione di pezzi unici ed autentici.

Sorrento. Incontro con il Maestro intarsiatore Giuseppe Rocco

Uno dei più longevi maestri è Giuseppe Rocco, adesso nella Chiesa di S. Paolo, con la mostra “Ora et Labora”.

Sorrento. Incontro con il Maestro intarsiatore Giuseppe Rocco
Sorrento. Incontro con il Maestro intarsiatore Giuseppe Rocco

L’ origine della tarsia lignea è da ricercarsi nelle antiche civiltà orientali e mediterranee, come ci testimoniano le fonti letterarie e alcuni ritrovamenti archeologici. Certamente era conosciuta e praticata sotto l’impero romano e dopo un momento negativo, legato alla dispersione di quest’ultimo, ritorna in auge nel 1300 quando sempre meno mobili e arredi sono rivestiti da stucchi e pitture.

Si tratta di una tecnica decorativa simile al mosaico; le tessere, di dimensioni notevolmente più grandi, vengono ritagliate seguendo un disegno preciso, il cartone, assemblate secondo colori diversi e fissate ad un supporto.
Vasari nell’Introduzione alle “Vite” riferendosi alle tarsie afferma: “sono state fatte da nostri vecchi di piccoli pezzetti di legno commessi ed uniti insieme nelle tavole del noce, e colorati diversamente: il che i moderni chiamano lavoro di commesso, benché a vecchi fosse tarsia”. Ancora il Baldinucci nel 1681 scrive: “Una sorta di mosaico fatto di legname”. In realtà occorre precisare che per “lavoro di commesso” si intende l’accostamento di elementi di forme e colori diversi, ma il termine raramente è riferito al legno ed è solitamente usato per marmi, pietre dure, drappi.

Tarsia Certosina

E la tecnica più antica di intarsio; si tratta di tagliare i diversi legni in lamine sottili che vengono inserite in cavità, ricavate con un bulino nella superficie di legni massicci, di solito noce, e fatte aderire con il mastice. Oltre all’accostamento di legni diversi -il più ricercato è l’ebano ma si usano molto anche bosso, tasso, o legni ricavati da alberi da frutto- spesso vengono introdotti materiali come l’avorio, l’osso, la madreperla. In questo caso i tasselli sono molto piccoli e formano motivi geometrici che ricordano la tradizione araba e cosmatesca. La tarsia certosina è solitamente usata per piccoli oggetti di arredo, cofanetti o scrigni, ma vi sono alcuni esempi anche in mobili e in cassoni per corredi o da sagrestia, specialmente in Italia settentrionale. La bottega degli Embriachi nel 1300-1400 si dedicò a questo tipo di intarsio sia a Firenze che a Venezia.

Tarsia Geometrica

A differenza della tarsia certosina, le superfici da decorare non vengono scavate ma rivestite interamente da lamine di legni diversi assemblate tra loro. Esistono due varianti: la tarsia “a secco” e la tarsia “a toppo”. Nel primo caso i tasselli vengono disposti su una superficie lignea, delimitata da un telaio, a formare disegni geometrici; non utilizzando il mastice occorre una grande abilità nel far corrispondere perfettamente i contorni e gli spessori. Nel secondo caso si usa il “toppo”, termine toscano per indicare un parallelepipedo creato con l’assemblaggio di vari listelli di legni poliedrici diversi, uniti dal mastice. Il toppo viene tagliato trasversalmente in lamine sottili, cosicché si ottengono figure geometriche da applicare nei profili dei mobili, come elementi decorativi.

Tarsia Prospettica o Pittorica

Ebbe grande diffusione nella Toscana del Quattrocento, riproducendo scorci urbano-architettonici e temi figurativi. Adatta a decorare superfici di grandi dimensioni, si trova soprattutto negli stalli corali, nelle porte, nei prospetti di cassoni. Il tema da rappresentare veniva disegnato su cartone e ritagliato in più parti a formare delle sagome, queste venivano sovrapposte a lamine lignee, naturalmente di legno differente a secondo delle parti da realizzare, che si ritagliavano in base al disegno del cartone e si incollavano con un mastice ad una superficie di base.
Per creare effetti di ombre in un primo tempo si adoperava il legno di quercia, tenuto immerso nell’acqua fino a quando non diventava nero, in seguito vennero usati sabbia e ferri roventi direttamente sull’intarsio. Per le luci venivano utilizzati legni molto chiari come l’acero (il “silio” vasariano).
Variazioni cromatiche più raffinate si ottennero con la colorazione del legno tramite la bollitura in varie tinte o l’uso di oli e miscele fatte penetrare direttamente nel legno stesso. (fonte: inforestauro.org)

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