Alla scoperta degli alberi monumentali della penisola sorrentina, la Roverella di Anastasio foto

La roverella (Quercus pubescens) è la specie di quercia più diffusa in Italia. Resiste ai terreni aridi e ai climi freddi, d’inverno è facilmente distinguibile dalle altre querce perché mantiene le foglie secche attaccate ai rami. Si tratta di una pianta dalla ceppaia particolarmente vitale, che le ha permesso di sopravvivere agli interventi distruttivi dell’uomo che dal suo legno, dall’ottimo valore calorifico e la bassa combustione, ha ricavato sempre ottima legna da ardere, ma anche travi per costruzioni navali e soprattutto traverse ferroviarie. Anticamente le ghiande erano nutriente destinato ai maiali, ma in tempi di carestia con la farina che se ne ricavava si realizzava anche del pane decente per gli uomini. E’ un albero a crescita lenta ma longevo. In Molise, provincia d’Isernia, nel paese di Rocchetta a Volturno, è presente un esemplare di Quercus pubescens con circonferenza del tronco di metri 6.50 per 25 metri di altezza, con un’età stimata di 300 anni ma si conoscono esemplari millenari come la roverella di Illorai (località “Sa Melabrina”, Sardegna): le sue dimensioni sono di 8.80 metri di circonferenza e 24 di altezza. Tra questi alberi monumentali si potrebbe inserire anche la roverella di Peppino Anastasio a Sant’Agnello in penisola sorrentina presso l’agriturismo “Gli Ulivi”, una pianta bellissima con un’età stimata intorno ai 150 anni anche se Peppino ritiene ne possa avere addirittura 300 (ci auguriamo che gli esperti della Commissione tecnica regionale possano un giorno venire a censirlo come successo per altri patriarchi verdi della Regione Campania, e darcene conferma). La quercia di Anastasio ha una splendida chioma e rami che disegnano in cielo incantevoli arabeschi che Cosimo, il Barone Rampante di Italo Calvino, avrebbe imparato a riconoscere uno ad uno, e che dire del suo apparato radicale molto sviluppato e assai robusto, con il fittone che penetra anche tra le fessure delle rocce e le grosse radici laterali che sembrano trattenere la terra, come a dire: “qui non c’è possibilità di frana!” Un vecchio saggio insomma, Tolkien l’avrebbero schierato al fianco di Barbalbero contro i taglialegna di Saruman nel suo “Il Signore degli Anelli”. Una pianta, che dall’alto della collina dove ha dimora, ha assistito a tutte le trasformazioni del territorio di Sorrento e della sua piana qualche centinaio di metri più in basso; soprattutto alla sua inesorabile antropizzazione e agli scempi, ahinoi, continui!, realizzati con il taglio sfacciato di pini comuni, aranceti e limoneti che un tempo ne caratterizzavano il paesaggio, e che oggi sono sempre più radi. Probabilmente se fosse stata contemplata anche per i vegetali la possibilità di arrossire, questa roverella avrebbe da tempo colorato le sue foglie di un “rosso di rabbia“, in fondo è pur sempre la quercia di un Anastasio.
di Luigi De Rosa

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