Ravello,10 anni di Auditorium Oscar Niemeyer.

Ravello, Costiera amalfitana. L’Auditorium Oscar Niemeyer compie 10 anni e, per l’occasione, Secondo Amalfitano, che è stato il principale fautore sul territorio della più importante ed imponente opera d’arte e architettura moderna in Costa d’ Amalfi ,  con Domenico De Masi Presidente della Fondazione affrontarono non pochi contrasti e difficoltà, ha voluto esprimere un suo pensiero:

“Gli anniversari tondi sono considerati quelli più importanti, non se ne capisce il motivo, ma così è. Ne prendo atto e provo a dare contenuti e consistenza alla vuota “rotondità” del 10.

Mi sento di poter confutare in toto l’idea che l’Auditorium Oscar Niemeyer di Ravello sia un’opera travagliata e contestata, ma non posso che condividere il convincimento che si tratta di un’opera abbandonata a se stessa. Per non restare nella etereità delle affermazioni filosofiche, argomento le mie tesi riportandomi all’arida oggettività dei numeri che sono anche alla base dell’impalcatura democratica del nostro paese.

Stiamo parlando di un’opera sulla cui utilità e indispensabilità, a prescindere dal luogo, dalla forma e dal nome dell’autore, erano tutti d’accordo, e che è stata unanimemente rincorsa e voluta da tutte le Amministrazioni Comunali che si sono succedute almeno dalla seconda metà del 900; così è  scritto nelle delibere e negli strumenti urbanistici proposti e approvati dalle varie Amministrazioni succedutesi fino al 2006.

Questa opera in particolare è stata voluta ed approvata da TUTTI gli Enti territoriali di competenza, da TUTTI gli Enti che avevano competenza ad esprimere i pareri obbligatori; dalla stragrande maggioranza degli organismi di vigilanza e tutela; le maggiori organizzazioni nazionali di tutela del paesaggio e dei beni Culturali, Legambiente, WWF e Verdi, si sono schierate al suo fianco, contro la sola Italia Nostra; il massimo Organo Costituzionale della Giustizia Amministrativa, il Consiglio di Stato, ne ha sentenziato la legittimità urbanistica ed ambientale.

I tempi di realizzazione, vale a dire il tempo intercorso dalla sua ideazione alla sua   progettazione – finanziamento, realizzazione e inaugurazione -, sono stati fra i PIÙ BREVI in Italia per le Grandi Opere; circa 8 anni.

Questi i dati oggettivi e numerici, decisamente positivi; non certo l’unanimità, che deve lasciare posto agli spazi occupati dai “contrari a prescindere”, e dai “soggettivamente contrari”; non tanti, ma rumorosi e ostinati.

Per meglio chiarire il mio pensiero, tengo a sottolineare che in assoluto, il  giudizio sull’auditorium che più mi ha colpito e che più ho apprezzato e applaudito, è stato quello contrario di Vittorio Sgarbi, il quale così si pronunciò :” non conosco il progetto, non conosco il sito di ubicazione, ma non sono d’accordo”. Secco e lapidario, da rispettare e apprezzare nella sua totale soggettività di pensiero, al pari di quello espresso dal rimanente gota di architetti e critici, che fondono una quantità tanto industriale di pareri soggettivi favorevoli, da farla diventare “oggettività schiacciante”.

In tutte le altre opinioni, segnatamente per quelle poche e contrarie, ho colto sempre elementi di nulla oggettività e di superficialità, per non dire saccenza: è brutto; è un obbrobrio, non si addice al posto; per non parlare di quelli che, in gergo Ravellese, “tirano alla chiesa per colpire il campanile”. Anche in questo caso però siamo abbondantemente al di sotto dell’Italica fisiologia e, quindi, ci stà e ce ne facciamo non una ma mille ragioni. Senza voler fare distinguo e innescare altre polemiche, sento di poter dire che fra le due amministrazioni che si sono susseguite nel decennio in questione, premesso che una proveniva da percorsi di condivisione totale e supporto alla realizzazione dell’auditorium, mentre l’altra ha  avuto in passato posizioni non favorevoli alla sua realizzazione, quella attuale ha dato chiari segnali di voler quanto meno combattere per dare all’Auditorium una sua dimensione gestionale definitiva e rimediare ai danni del tempo almeno per piccole cose. Questa precisazione non mi impedisce di condividere però il giudizio  sul degrado in cui versa, ma senza dilungarmi in una sterile ricerca di responsabili è responsabilità, almeno oggi. Ritengo che mai come in questo caso una valutazione salomonica sia appropriata, tutti e nessuno mi verrebbe da dire. Tutti perché l’auditorium è lì bello e imponente nel suo degrado, e nessuna traccia di inversione di tendenza si intravede all’orizzonte; tutti a criticare ma nessuno ad alimentare correttivi.

Probabilmente la mancanza di voglia di studiare e la poca onestà mentale, portano alcuni a sparare sulla Croce Rossa. L’auditorium nasce sulla base di uno studio di fattibilità e un progetto che contengono tutte le risposte alle nostre domande, e tutte le indicazioni sulle cose da fare. Che nessuno si dimentichi due cose: l’Auditorium Oscar Niemeyer e la Fondazione Ravello sono due tasselli portanti del ‘Progetto Ravello”; poiché il progetto è un gioco di incastri, il venir meno di un nodo fa crollare l’intera impalcatura.

I novelli profeti e i vari messia che pure si sono alternati  a Ravello ultimamente, hanno avuto ed hanno la pretesa di essere i conoscitori e depositari del giusto e del vero che possono gestire con la loro bacchetta magica. Costoro purtroppo non hanno mai avuto il viatico “delle scale della Chiesa” (il pensatoio e fucina storica di Ravello), nulla sanno del “progetto Ravello”, nè della sua storia; ancora una volta si commette l’errore di valutare il singolo alito di vento senza conoscere la rotta della nave.

Quello che serve a RAVELLO oggi è fissare la meta e mantenere la rotta con tutte le forze. Se non piace o non si condivide il “progetto Ravello”, lo si cambi, si produca una nuova vision del Paese, ma di grazia, ci si muova facendo convergere tutti gli sforzi in un’unica direzione; chi è contrario articoli proposte, non agiti anatemi.

Mi concedo una scivolata finale su un tema che i miei interessi personali in questo momento mi indurrebbero a non trattare, ma il mio amore per Ravello mi obbliga a farlo, anche perché mi hanno già ucciso moralmente e non penso che sono capaci di altro; ho impiegato capacità, energie e onestà, per raggranellare, centesimo dopo centesimo, una somma che qualche lestofante definì tempo fa “il tesoretto di Amalfitano”; quel tesoretto era tutto riversato nella proposta di bilancio 2019 per la gestione di Villa Rufolo; fra gli altri interventi prevedevo di investire la somma di 400.000,00 euro circa per un intervento di urgenza sull’auditorium Oscar Niemeyer: L’auditorium sta ancora lì nel suo degrado, del tesoretto nulla è dato sapere, e i censori di allora che tutto chiedevano di sapere e di censurare, fanno i lacchè oggi. Ma la colpa più grave è la mancanza di qualsiasi attività rivolta ad assicurare alla Fondazione la gestione dei tre beni; un delitto politico che non deve passare sotto silenzio, è stato il delitto, innescato da chi ha svenduto Ravello, pilotato dall’alto, ed eseguito da chi aveva ed ha come unico obiettivo il soddisfacimento di interessi personali dettati dalla bramosia di potere. Un delitto che, come un rullo compressore, ha travolto chiunque tentasse di fermarne l’affondo; un delitto nel quale i fiancheggiatori hanno colpe ancora più gravi degli esecutori. Sto parlando del delitto che ha portato Ravello e il suo Auditorium nelle Condizioni attuali.

All’Auditorium e al paese non serve che gli eventi in Auditorium si triplichino, serve che il contenitore venga riempito di contenuti molteplici e variegati così come ipotizzati nel progetto Ravello: scuole di danza, musica e teatro, convegnistica e formazione in genere; il tutto gestito in forma imprenditoriale dal soggetto Fondazione, facendo sistema e filiera con Villa Rufolo e Villa Episcopio; il resto è spazzatura.

Per chiudere in positivo,  urge ritrovare immediatamente la strada per assicurare all’opera più importante che negli ultimi cento anni è stata costruita, e non parlo solo di RAVELLO, un progetto di gestione che non può essere in capo al Comune di Ravello perché i Comuni non possono e non devono gestire, almeno direttamente, beni che richiedono specifiche competenze e specifici strumenti giuridici di gestione.

Il tempo è tiranno, intanto oggi già possiamo dire che si è impiegato più tempo per  pensarlo e realizzarlo, che per avviare una gestione degna di tale nome; è un dato oggettivo a fronte del quale non serve a nessuno, mentalmente onesto, sprecare energie per trovare colpe e colpevoli di un passato che, purtroppo, continua ad essere anche presente, ma che bisogna assolutamente evitare che diventi futuro.

Secondo Amalfitano

Uno che ci ha creduto e ci crede ancora”.

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