Clima impazzito e disastro idrogeologico

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    Sembra che il cambiamento climatico ed i conseguenti disastri idrogeologici siano da imputare all’attività umana. Per definire i termini della questione propongo una mia sintesi di un lungo e dettagliato articolo pubblicato qualche anno fa sulla prestigiosa rivista americana ‘Science’.

    La nostra civiltà, la nostra economia, il nostro stile di vita dipendono essenzialmente dall’energia generata dai combustibili fossili (petrolio, gas e carbone). Anche se non è precisamente prevedibile quando i giacimenti fossili saranno esauriti, un fatto è certo: prima o poi essi saranno finiti per sempre. Questo è un problema che si porrà nella seconda metà del secolo. Nel frattempo dobbiamo fare i conti con l’impatto negativo sul clima terrestre dell’anidrite carbonica (CO2) generata dalla produzione di energia con combustibili fossili. Quando bruciamo petrolio, gas o carbone nelle centrali elettriche, oltre all’elettricità, produciamo anche una grande quantità di anidrite carbonica (CO2) che viene dispersa nell’aria e si accumula, nel tempo, nell’atmosfera terrestre. L’alta concentrazione nell’atmosfera di CO2 è la causa primaria dell’effetto serra.

    L’effetto serra ha un impatto già nell’immediato con il tempo meteorologico impazzito e creerà sconvolgimenti climatici sempre più significativi nei prossimi anni. Nel peggiore dei casi c’è il rischio che si verifichi il cosiddetto “runaway greenhouse effect”.

    Questo fenomeno si può verificare quando la concentrazione nell’atmosfera di metano aumenta con l’aumento della temperatura causato dal CO2. Il metano è anch’esso un gas serra e l’aumento della sua concentrazione nell’atmosfera contribuirebbe ad aumentare a sua volta la temperatura (feedback positivo). Al momento grandi quantità di metano sono imprigionate nelle calotte polari e nel suolo ghiacciato della tundra siberiana. Un significativo aumento della temperatura causato dall’aumento della concentrazione di CO2 potrebbe causare lo scioglimento del ghiaccio e la liberazione nell’atmosfera del gas metano con conseguente balzo della temperatura a livelli che renderebbero non vivibile la superficie terrestre.

    Si tratta di un aumento esponenziale della temperatura che potrebbe cancellare la vita dalla faccia della terra. Alcuni modelli climatici prevedono che un evento del tipo di “runaway greenhouse effect” possa causare l’estinzione del 96% di tutte le specie marine e del 70% di tutti i vertebrati terrestri. Come vedi qui c’è in gioco la sopravvivenza dell’uomo e della maggior parte di animali sulla Terra.  Con quali mezzi la nostra civiltà sarà in grado di evitare il letale  “runaway greenhouse effect”? Analizziamo il problema nel dettaglio.

    La concentrazione di CO2 nell’atmosfera viene espressa in ppm cioè parti per milione (1 parte di  CO2  per 1 milione di parti di atmosfera). Ebbene, dati ricavati dall’esame degli strati profondi dei ghiacciai indicano che negli ultimi 800.000 anni il valore delle  ppm è rimasto compreso fra 180 ppm (cioè 180 parti di CO2  per 1 milione di parti di atmosfera)  e 270 ppm. Nell’arco di ottocento mila anni c’è stata insomma una variazione di concentrazione di anidrite carbonica nell’atmosfera di soli 90 ppm.

    Cos’è successo negli ultimi decenni? Misurazioni effettuate direttamente indicano che il valore è aumentato da 313 ppm nel 1960 a circa 375 ppm nel 2005 pari a incremento medio annuo di 1,4 ppm. L’incremento purtroppo è esponenziale e si teme il raggiungimento della soglia critica di 500 ppm in 4 o 5 decenni. Gli scienziati sembrano concordi nel ritenere che i prossimi 40 anni saranno cruciali per l’umanità. La strategia che gli scienziati realisticamente propongono è di mantenere la concentrazione di CO2 nell’atmosfera al di sotto dei 500 ppm.

    Anche se realistico l’obiettivo è molto difficile da raggiungere in quanto presuppone che tutta l’umanità adotti una politica comune per sostituire l’energia di origine fossile con energia alternativa. In questa strategia lo sviluppo di una fonte di energia che non produce CO2  come il nucleare di fusione (vedi qui) svolge un ruolo fondamentale.

    Ma cosa bisogna fare per rimanere al di sotto dei 500 ppm?

    Nel rapporto all’ONU dal titolo “Solving the climate problem for the next 50 years with current technologies”, gli scienziati hanno individuato cinque categorie di intervento:

    (1) Efficienza e risparmio energetico;

    (2) Utilizzo di gas naturale in sostituzione del carbone;

    (3) Cattura e immagazzinamento del CO2;

    (4) Fonti di energia rinnovabili;

    (5) Foreste e terreni agricoli;

    (6) Energia Nucleare.

    Gli scienziati hanno anche individuato una lista di provvedimenti da adottare. La lista non è una “pick-up list” dove ciascun paese sceglie cosa fare e cosa no. Non è sufficiente, come dice certa propaganda, attuare il risparmio energetico e utilizzare le fonti rinnovabili. I conti tornano e il piano ha probabilità di successo solo se si attuano tutti i provvedimenti proposti. Il recente summit di Madrid purtroppo dimostra che i vertici politici mondiali non hanno capito la gravità della situazione e questa è una pessima notizia.

    1. Efficienza e risparmio energetico

    Veicoli più efficienti

    Riduzione del consumo medio di carburante delle auto dall’attuale consumo medio 12 Km/litro al consumo medio a 24 Km/litro mediante interventi sulla dimensione e peso dei veicoli, su motori più efficienti e sulla disincentivazione dell’acquisto di veicoli ad alto consumo. Questo significa che con 4 litri di carburante dovrei fare quasi 100 Km. Obiettivo difficile da raggiungere se si considera che un’auto di media cilindrata consuma oggi circa 6 litri di carburante per fare 100 Km.

    Uso ridotto dei veicoli

    Diminuzione della percorrenza media annuale delle auto dall’attuale 16.000 km all’anno a 8.000 km all’anno mediante interventi sul disegno urbano e sul trasporto pubblico di massa, il car sharing oltre a restrizioni all’uso di veicoli ad alto consumo. Modificare il disegno urbano e migliorare il trasporto pubblico? Mi sembra difficile in particolare in Italia.

    Abitazioni efficienti

    Abbattimento di un quarto dell’emissione di CO2 degli edifici e delle abitazioni di nuova progettazione. Incentivi per l’isolamento termico, per pannelli solari, per centrali termiche, condizionatori, apparecchiature elettriche e sistemi di illuminazione efficienti. Almeno dove vivo io (Alto Adige) questa strategia è già attuata: tutte le case di nuova costruzione sono di classe energetica “A”

    Maggiore efficienza energetica delle centrali a carbone

    Raddoppio dell’efficienza delle centrali a carbone portandola al 60% rispetto all’attuale 32%.

    1. Utilizzo di gas naturale in sostituzione del carbone

    Siccome le centrali a gas inquinano molto di meno delle centrali a carbone, è necessario non costruire altre centrali a carbone e prevedere la sostituzione progressiva di buona parte delle centrali a carbone esistenti con centrali a gas.

    1. Cattura e immagazzinamento del CO2

    Carbon Capture and Storage (CCS) è una tecnologia che permette la cattura ed il successivo immagazzinamento in depositi geologici sotterranei di buona parte dell’anidride carbonica prodotta da impianti di produzione energia con combustibili fossili. Il processo si sviluppa in due fasi: (1) il combustibile fossile viene bruciato in una prima camera di combustione producendo CO2 e Idrogeno. L’idrogeno viene poi bruciato, senza emissioni, per produrre elettricità. (2) Il CO2 catturato è iniettato in immense caverne o depositi geologici sotterranei. Può sembrare strano ma questa è una tecnologia ben sperimentata, basti pensare che negli Stati Uniti, per soddisfare i picchi di domanda, ogni anno vengono iniettati ed estratti dai depositi geologici circa 4.000 miliardi di metri cubi di gas naturale. Un problema potrebbe essere la tenuta dei depositi geologici per lunghi periodi, alcuni secoli, senza perdite significative di CO2. Ricerche in tutto il mondo sono in corso per verificare questo aspetto.

    1. Fonti di energia rinnovabili

    Elettricità dal vento

    L’output degli impianti eolici è per sua natura intermittente. Un output di picco di 3 GW (1 Gicawatt = 1 miliardo di watt) corrisponde ad una capacità media di base di 1 GW. Per coprire la percentuale di abbattimento del CO2 prevista per questa tecnologia è necessario sostituire, nei prossimi decenni, a livello mondiale, 2.000 GW di elettricità prodotta dal carbone con la stessa quantità di energia prodotta dal vento. La produzione mondiale di elettricità dal vento è attualmente di circa 50 GW; ne consegue che la capacità degli impianti eolici dovrà diventare 40 volte maggiore di quella odierna. La superficie interessata all’installazione delle turbine a vento, in terraferma o in mare, dovrebbe essere di 30 milioni di ettari pari al 3% della superficie degli Stati Uniti. Cosa alquanto improbabile.

    Elettricità fotovoltaica dal Sole

    La produzione mondiale di elettricità fotovoltaica è al momento di 4 GW con una crescita media annuale del 20%. Per coprire la percentuale di abbattimento del CO2 assegnata al fotovoltaico è necessario moltiplicare per 500 l’attuale produzione prevedendo di utilizzare circa 2 milioni di ettari di terreno o 2-3 metri quadri a persona. Anche questo mi sembra poco attuabile.

    Energia geotermica

    L’energia geotermica è generata per mezzo di fonti geologiche di calore e può essere considerata una forma di energia rinnovabile se valutata in tempi brevi. Si basa sullo sfruttamento del calore naturale delle visceri della Terra. L’energia geotermica costituisce oggi meno dell’1% della produzione mondiale di energia. Bisognerà almeno moltiplicare per 60 la produzione di energia geotermica attuale.

    Idrogeno da fonti rinnovabili

    L’idrogeno come fonte di energia può essere prodotto anche utilizzando fonti energetiche rinnovabili come il vento. Se si usa l’elettricità prodotta dagli impianti eolici per produrre l’idrogeno da usare poi come carburante per le auto a fuel-cell l’intero processo sarebbe senza emissioni di CO2.

    Biofuels

    I combustibili fossili possono anche essere sostituiti dai biofuels come l’etanolo. Una produzione adeguata di biofuels richiederebbe 250 milioni di ettari di terreno coltivabile pari ad 1/6 della superficie mondiale coltivabile disponibile. La produzione attuale di etanolo è nel mondo di 680.000 barili al giorno è viene prodotto quasi esclusivamente in Brasile dalla canna da zucchero e negli Stati Uniti dal mais.

    Energia idroelettrica

    A causa del quasi esaurimento della possibilità di nuove grandi installazioni idroelettriche, l’incremento futuro della produzione di energia idroelettrica rappresenta solo una quota marginale nella strategia di abbattimento del CO2.

    1. Forestizzazione

    Anche alle foreste è stato assegnato un ruolo nella strategia anti-CO2. Le foreste possono concorrere all’abbattimento del CO2 in due modi: (1) riduzione a zero per i prossimi 50 anni del taglio delle foreste tropicali primarie; (2) forestizzazione di 250 milioni di ettari ai tropici o 400 milioni di ettari nelle zone temperate. Considerato cosa succede in Brasile nella foresta amazzonica sembra che si stia andando nella direzione opposta.

    1. Energia Nucleare da fusione

    L’energia nucleare da fusione ( vedi qui ) ha impatto zero per quanto riguarda le emissioni di gas serra ma è una tecnologia ancora in fase sperimentale.

    Come vedi sono tutti provvedimenti di non facile attuazione perché manca una volontà politica condivisa da tutte le super potenze. Enormi interessi economici bloccheranno ogni tentativo di rinuncia ai combustibili fossili.

    E’ allora? Ogni anno avremo fenomeni climatici più disastrosi? Le città al livello del mare saranno sommerse? Le attuali spiagge spariranno? O torneremo a uno stile di vita pre-industriale o addirittura al Medioevo?

    Non ho una risposta.

    Luigi Di Bianco

    ldibianco@alice.it

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