Sulmona (AQ). Laboratorio d’arte MAW. Forte attesa per i “Collages” di HASSAN YAZDANI (HASSANSKI).

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    Segnalazione di Maurizio Vitiello – I collages di HASSAN YAZDANI (HASSANSKI) al Laboratorio d’arte MAW di Sulmona.

    COLLAGES
    HASSAN YAZDANI (HASSANSKI)
    a cura di Italia Gualtieri e Rino Di Pietro
    23 – 30 novembre 2019
    Laboratorio d’arte MAW
    Via Morrone 71 – Sulmona AQ

    Inaugurazione sabato 23 novembre 2019, ore 18.

    Dal 23 al 30 novembre 2019 il Laboratorio d’arte MAW ospita Hassan Yazdani e la sua mostra “Collages”, a cura di Italia Gualtieri e Rino Di Pietro, che presenta nuove opere a olio e una serie di carte incollate frutto delle ultime ricerche dell’artista.

    La mostra, che vede il patrocinio del Comune di Sulmona e dell’Agenzia Regionale per la promozione culturale, sarà inaugurata sabato 23 novembre alle ore 18.
    Interverranno Manuela Cozzi, Assessore comunale alla Cultura, e Raffaele Giannantonio, Professore di Storia dell’Architettura all’Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara e autore del testo critico.

    Hassan Yazdani, in arte Hassanski, è nato a Tabriz, in Iran, ma risiede da oltre trent’anni in Italia dove ha studiato pittura nelle Accademie di Belle Arti di Firenze e di Roma e maturato la sua vocazione. Legato ad una rappresentazione volta al reale, non dimentica però del contributo dato dall’astrazione, Hassanski ha espresso la sua ricerca in dipinti dalla particolare figurazione in cui il la memoria dei cromatismi violenti e struggenti della sua Terra d’origine ed un forte uso del pigmento, elementi estetici primari del suo linguaggio, hanno dato vita ad un segno denso e materico, dalla calda luminosità, che nell’amalgamafonde esperienze e ricordi e celebra il colore, inteso quale verità e principio stesso della forma.

    Nella produzione più recente, la sua indagine è andata esprimendo opere il cui linguaggio esibisce una più marcata indipendenza dalle referenze visuali degli oggetti della realtà, declinando nuove composizioni. Si tratta di dipinti, dove l’immagine traduce in forme geometriche e campiture più nette la realtà del paesaggio, costante attrazione di Hassanski. Ma soprattutto di collages, nuovo terreno della sua sperimentazione che in questa tecnica lenta e meticolosa, proverbialmente connessa al mondo orientale, ha generato lavori di fine struttura e di grande forza iconica ed interpretativa, spesso in relazione con le stesse opere pittoriche, a richiamare il prezioso apporto storicamente offerto da questa espressione alla ricerca artistica.

    “In effetti nelle tele di Hassanski – si legge nel testo di Giannantonio – sono presenti sia la ‘natura naturans’ dell’albero che quella “artificiale” delle fabbriche e delle desolazioni urbane, come testimonia in modo esemplare Wrecks (2014), opera con la quale il nostro autore ha ottenuto la Menzione Speciale per Artista Straniero nella 46^ edizione del Premio Sulmona. Questa mostra presenta però delle novità sconvolgenti proprio in quanto si scopre che novità non sono ma capaci comunque di far luce su alcuni aspetti interiori dell’uomo e dell’artista. Accanto agli olii sono presenti infatti numerosi collages, operine che Hassanski ha sempre prodotto, particolarmente negli ultimi anni: una stima sommaria ne computa circa 700. Per di più, gli stessi olii nascono dai collages, che costituiscono quindi per l’artista una sorta di costante produzione parallela, divenuta di organica e vasta (…) Nei suoi collages il nostro autore non opera se non con interventi minimali o con la firma, creando mondi virtuali dall’evidente carattere metafisico, a lungo represso. Si tratta in effetti di un percorso carsico che dai riferimenti a Sironi e Carrà (ma anche a Piero Della Francesca) sfocia nell’odierna sospensione spaziale delle piccole composizioni. Vediamo quindi scorrere nei collages – ma anche negli ultimi olii – rappresentazioni di paesaggi mentali in cui sagome di alberi campeggiano in ambientazioni urbane. Qui forme verticali (allusioni stilizzate alle presenze architettoniche se non allo skyline metropolitano) nascondono in qualche misura gli stessi alberi. Castelli abbandonati, vecchie fabbriche con ciminiere, il paesaggio di Hassanski è un misto tra elementi naturali ed industriali: l’albero e nel contempo il relitto, il cui incontro supera la bellezza, denunciano la violenza esercitata sulla natura dall’uomo, la cui figura è costantemente assente dalla tela. Il significato è appunto nel contrasto dei due elementi (natura e relitti/scorie urbane) che, privo di rapporto armonico, crea un paesaggio altro, in cui non sempre la natura ha il sopravvento”.

    Info:
    Associazione culturale MAW Men – Art – Work Laboratorio d’arte
    www.mawlab.org info@mawlab.org tel 0864210646

    NOTA BENE
    Si riporta il testo completo di Raffaele Giannantonio:

    “Hassan Yazdani, in arte Hassanski, torna ad esporre a Sulmona, dove ha consolidato la generale stima, condita da affetto e maturata nell’arco di quasi quarant’anni di residenza. Le opere della presente mostra confermano alcuni motivi di Pigmenta, la personale ospitata sempre a MAW dal 21 al 30 marzo 2015, che assumono così il valore di elementi strutturali della sua ricerca. Primo fra tutti il colore, inteso quale espressione dell’anima ed elemento di memoria in quanto appartenente alla sua Terra, dove le alture mostrano cromatismi violenti e struggenti. L’altro grande motivo strutturale è quello del paesaggio, espresso in prevalenza attraverso la figura dell’albero; sempre in Pigmenta la tela Cipresso in montagna (2005) rivelava l’influenza delle miniature persiane in cui il cipresso è presenza costante. Chi ritenesse però Hassanski un prosecutore esclusivo della grande tradizione della sua Terra sbaglierebbe, in quanto già le sue opere di formazione rivelano un deciso riferimento alla cultura visiva occidentale ed in particolare alla figurazione espressionista (Kokoschka), mentre quelle successive si mostrano influenzate da De Pisis e ancor di più Sironi. In effetti nelle tele di Hassanski sono presenti sia la natura naturans dell’albero che quella “artificiale” delle fabbriche e delle desolazioni urbane, come testimonia in modo esemplare Wrecks (2014), opera con la quale il nostro autore ha ottenuto la Menzione Speciale per Artista Straniero nella 46^ edizione del Premio Sulmona. La mostra del 2019 presenta però delle novità sconvolgenti proprio in quanto si scopre che novità non sono ma capaci comunque di far luce su alcuni aspetti interiori dell’uomo e dell’artista. Accanto agli olii sono presenti infatti numerosi collages, operine che Hassanski ha sempre prodotto, particolarmente negli ultimi anni: una stima sommaria ne computa circa 700. Per di più, gli stessi olii nascono dai collages, che costituiscono quindi per l’artista una sorta di costante produzione parallela, divenuta di organica e vasta. Interessante notare come questa particolare forma d’arte, adottata agli inizi del XX secolo da autori d’avanguardia quali Braque e Picasso (ne ricordiamo a proposito i papiers collés del 1912), abbia avuto per Hassanski un valore strumentale, a volte di promemoria per una successiva rappresentazione ad olio. Egli impiega brani di riviste, lacerti di carta da buttare, incredibilmente ricchi dal punto di vista cromatico, in quanto i prodotti a stampa odierni sono tavolozze molto ricche. Nei suoi collages il nostro autore non opera se non con interventi minimali o con la firma, creando mondi virtuali dall’evidente carattere metafisico, a lungo represso. Si tratta in effetti di un percorso carsico che dai riferimenti a Sironi e Carrà (ma anche a Piero Della Francesca) sfocia nell’odierna sospensione spaziale delle piccole composizioni. Vediamo quindi scorrere nei collages – ma anche negli ultimi olii – rappresentazioni di paesaggi mentali in cui sagome di alberi campeggiano in ambientazioni urbane. Qui forme verticali (allusioni stilizzate alle presenze architettoniche se non allo skyline metropolitano) nascondono in qualche misura gli stessi alberi. Castelli abbandonati, vecchie fabbriche con ciminiere, il paesaggio di Hassanski è un misto tra elementi naturali ed industriali, come visto nel già citato Wrecks: l’albero e nel contempo il relitto, il cui incontro supera la bellezza, denunciano la violenza esercitata sulla natura dall’uomo, la cui figura è costantemente assente dalla tela. Il significato è appunto nel contrasto dei due elementi (natura e relitti/scorie urbane) che, privo di rapporto armonico, crea un paesaggio altro, in cui non sempre la natura ha il sopravvento. Secondo Hassanski in Iran l’uomo, in quanto detentore del potere, è l’anti-bellezza, mentre compito dell’artista è di ri-creare la bellezza insita nelle forme e nei colori. Attualmente nel suo Paese d’origine si sono perse le forme ed i colori mentre le donne, involucrate in sacchi spenti, tentano di ravvivare la propria cromia con un tratto di rossetto, magari con un foulard: segni inequivocabili di una bellezza che cerca di venir fuori. Sbaglierebbe ancora chi considerasse Hassanski un pittore “politico”, in quanto il suo scopo è quello di rappresentare la realtà dell’Iran così come egli vede e sente. Inoltre la presenza quasi “pop” di brani di scrittura o di figure all’interno dei collages esprime la necessità inconscia di far “trovare” lettere o brani di figure poiché, come già detto in precedenza, Hassanski resta lontano da ogni tipo di cultura “orientale”. Ciò anche perché il “suo” Liceo Artistico Mirak di Tabriz era decisamente più “occidentale” rispetto agli altri due di Teheran ed Isfahan, quest’ultimo basato più sulla pittura tradizionale iraniana e la calligrafia. La storia della presente mostra di Hassanski è quella di una rinascita. Dopo che negli ultimi anni il collage aveva assunto dimensione autonoma, diventando una sorta di dipendenza, il nostro artista ha deciso di fermarsi e di riprodurre su tela alcuni dei collages, arrivando a buttare via tutte le riviste. Al momento attuale Hassanski ha interesse ad usare di nuovo l’olio ma non sa se riprenderà a realizzare quei collages che, allo stato attuale, sembrano aver costituito una ricerca autonoma, una fase storica necessaria a consentirgli di fare ciò che ora sta facendo. E quindi, come il Rick Deckard di Blade Runner, egli potrebbe concludere: «Non sapevo per quanto tempo saremmo stati insieme. Ma chi è che lo sa?».

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