Cellulari sepolti in casa: che danno provocano?

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A livello globale, il mercato della telefonia mobile è cresciuto negli ultimi anni, ma solo grazie alla domanda dei Paesi emergenti. Tra il 2012 e il 2015, i proprietari di smartphone nel mondosono raddoppiati, avvicinandosi ai due miliardi. Ma in Europa il numero di intestatari di un numero di telefono cellulare già nel 2013 aveva superato quello degli abitanti. E i segnali che il mercato europeo sia ormai saturo non mancano: i consumatori tendono infatti a mantenere i dispositivi più a lungo. Nei cinque Paesi più popolosi dell’Ue la vita media di un cellulare è aumentata dai 18 mesi del 2013 ai 21,6 del 2016. Tanto che le vendite sono in continua diminuzione dal 2007: dagli oltre 300 milioni venduti nel 2007 ai 182 milioni del 2017.

Contemporaneamente ha avuto un boom il mercato dell’usato nato agli inizi del 2000 nei paesi più poveri. Oggi anche in l’Europa sempre più consumatori si rivolgono agli smartphone ricondizionati, una tendenza alimentata dalla rapida successione di nuovi modelli. Nel 2017, per esempio, in Francia gli smartphone ricondizionati rappresentavano il 10% del volume complessivo delle vendite, circa 2,14 milioni sui 20,2 milioni venduti. Tuttavia il 70% dei telefoni cellulari raccolti nel mondo sviluppato viene rivenduto nei paesi in via di sviluppo.

Si tratta comunque di un mercato minoritario, considerando che in Europa si recupera solo il 12% dei telefonini. Ad alimentarlo sono soprattutto smartphone ritirati dalle società telefoniche, le quali hanno avviato campagne che permettono ai clienti di cambiare cellulare ogni anno, o lo danno in leasing. Proposte commerciali che, se da una parte favoriscono il riuso, dall’altra mantengono alta la domanda di nuovi modelli, alimentando il circolo vizioso.

Così, l’unica strada per interromperlo è raccogliere ciò che non si usa, smontarlo, riutilizzarlo. Questi dispositivi vengono denominati “rigenerati” e possono variare in base allo stato (Grado A, B ecc…)

Però questa strada non è buon vista dagli acquirenti, per colpa anche della scarsa pubblicità nei suoi confronti. Mentre troviamo anche persone che preferiscono conservarsi i propri vecchi telefoni in casi di “emergenza” come quando si rompe quello in suo. Ma queste persone sono a conoscenza di che valore abbiano questi smartphone apparentemente “vecchi”? Si stima che oggi nell’Unione siano almeno 700 milioni i dispositivi sepolti. In uno scenario ipotetico, dove tutti questi dormienti venissero raccolti e riciclati, si potrebbero recuperare circa 14.920 tonnellate tra oro, argento, rame, palladio, cobalto e litio, un “pacchetto” del valore di oltre i miliardo di euro. Tutte materie prime che oggi la Ue è costretta a importare, rimanendo vittima delle fluttuazioni di mercato, dazi doganali e pressioni politiche. Per i ricercatori, la chiave è ottimizzare quella catena di produzione che parte dall’estrazione di materie prime e termina con lo smaltimento (raro), l’esportazione (1 su 5) o il “letargo” (la maggior parte) dei telefoni cellulari. Un ciclo produttivo sempre più soggetto a vincoli ambientali e di risorse, ma che contemporaneamente è messo sotto una continua pressione perché deve produrre modelli sempre più evoluti a prezzi competitivi.

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