Salerno. Arresti per sentenze della Tributaria, il ruolo centrale di Mauriello

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Il giudice tributario diventa consigliere dell’organo di autogoverno dei magistrati tributari, nonostante aggiustasse i processi ai contribuenti in lite con lo Stato scrive Gianni Colucci su Il Mattino di Napoli .
Il producer televisivo che stava per diventare direttore di Rai Uno, promette posto in tv al figlio del giudice che pilota a suo favore l’iter di un procedimento tributario in cui ci sono in ballo 230 mila euro. Due avellinesi finiscono nell’inchiesta sulle sentenze della commissione tributaria di Salerno. Mazzette tra i sette e i diecimila euro per cancellare debiti con il fisco, ma anche attività di intermediazione per conto di clienti privati.
Corruzione nella delicata materia tributaria ma anche disinvolta gestione di affari privati nelle aule del tribunale salernitano.
Come nel caso di Antonio Mauriello, casa a Salerno e origini di Contursi, padre di Claudio Mauriello presidente dell’Avellino Calcio, di proprietà del patron della Sidigas Gianandrea De Cesare. La Enerimpianti, l’azienda che controlla la Sidigas (l’impresa distribuisce il gas ad Avellino e provincia) ha un debito di quasi un milione con il fisco e con 10mila euro ottiene una sentenza favorevole al contribuente, secondo il gip. Per il gip del tribunale di Salerno, Mauriello «quale referente della Sidigas, consegnava al giudice Spanò, presidente della V sezione del Commissione tributaria di Salerno, 10mila euro per «pilotare l’iter del procedimento. L’obiettivo poi raggiunto, era di condizionare favorevolmente l’esito del procedimento tributario della Enerimpanti (titolare del 76 per cento della Sidigas). In secondo grado, a fine gennaio di quest’anno, il giudizio è favorevole. Per il gip, Spanò accettava la promessa di ulteriori utilità non meglio precisate al fine di interessarsi alla definizione favorevole di ulteriori appelli sempre riferiti alla Sidigas spa. Li aveva posti all’attenzione del giudice, particolarmente comprensivo, lo stesso Mauriello, ormai specializzato a trovare il giudice giusto. In attesa di fissare l’udienza per la trattazione, comunque, aveva avanzato le sue promesse a Spanò. In questa dialettica va segnalato, pur non avendo nessun rilievo nell’inchiesta, che Claudio Mauriello, figlio di Antonio, è presidente dell’Avellino calcio di proprietà del titolare della Sidigas, Gianandrea De Cesare.
C’era una certa discrezionalità nello stabilire quale cifra di danaro andasse ai funzionari e al magistrato tributario corrotto. «Si decideva al momento», dice uno degli indagati nel corso degli interrogatori.
«Giuseppe Naimoli, funzionario dell’ufficio, parlando dell’avvocato Mauriello, tra i dieci consiglieri del Csm presieduto da Antonio Leone, racconta: «Spesso mi consegnava dei foglietti sui quali erano riportati i numeri dei ruolo di registro generale riferiti a ricorsi che lo interessavano e che io dovevo porre all’attenzione di Pisanò (l’altro funzionario indagato, ndr) affinché questo si pronunciasse favorevolmente». E ciò avveniva con una regolarità tale che, appunto, la tariffa non era l’elemento principale dell’intera questione: bastava pagare. «Mauriello – dice Naimoli – si recava alla commissione tributaria di Salerno con cadenza settimanale prima che andasse a Roma per il suo nuovo incarico, dal mese di settembre 2018. «Dopo che era andato via, veniva a Salerno un paio di volte al mese». A fare cosa? «Mi chiedeva l’ordine del giorno della cause che erano in discussione nelle varie sezioni della Commissione per verificare se c’era qualche ricorso di suo interesse, in modo da poterne veicolare l’assegnazione verso la sezione in cui c’era un presidente o un giudice compiacente».
A maggio Naimoli aveva ancora precisato che non si «parlava mai direttamente della percezione di compensi per le sentenze pilotate», mentre abusivamente si introduceva nel sistema informatico per verificare ordine del giorno, sezione di riferimento, stampa del ruolo di udienza, al fine di facilitare a Mauriello il compito di far arrivare ai giudici compiacenti i procedimenti di interesse. Il tutto attraverso la consegna di una serie di foglietti, insomma il post it della corruzione.
Il gip del tribunale di Salerno Pietro Indinnimeo quando parla di Antonio Mauriello lo indica come un «fenomeno». Un fenomeno forse per aver costruito un sistema che il magistrato ritiene tutto centrato sull’avvocato avellinese.
«Le dichiarazioni di Spanò, Naimoli e Sammartino hanno evidenziato che Mauriello, fino a quando era alla sezione tributaria di Salerno ma anche quando assume l’incarico al consiglio di presidenza della giustizia tributaria, «ha continuato a pilotare ricorsi di società a lui riferibili o comunque di interesse professionale per il suo studio legale e commerciale».
Mauriello viene ritenuto «coordinatore e ispiratore degli episodi di corruzione più gravi ed è stato dipinto dai coindagati sia negli interrogatori, sia in modo spontaneo nelle intercettazioni, come un professionista venale, interessato esclusivamente al denaro, asservito a logiche del tutto distoniche con il ruolo di giudice tributario e di membro dell’organo di autogoverno».
Nella vicenda che riguarda Lieto Spanò si difende. Sulla vicenda dell’assunzione del figlio, il giudice corrotto ha spiegato: all’epoca «avevo sempre il problema legato alla ricerca di un’occupazione stabile e remunerativa per mio figlio Franco, le cui precarie condizioni economiche oltre che familiari… sono state la causa principale per la quale mi sono trovato coinvolto». In questo contesto, conclude il gip, Spanò «colloca le pronunce favorevoli che ha emesso, su richiesta di Mauriello, a favore dell’imprenditore Lieto».
Altri due irpini sono coinvolti nell’inchiesta. Si tratta di Vincenzo Castellano, avvocato arianese che ha un precedente procedimento in corso e un ex assessore del comune di Avellino negli anni 90, Modestino Martino. Castellano, tra le altre vicende, aveva consegnato mazzette per pilotare un procedimento da 18 mila euro poi finito a favore del contribuente. Costo: 1000 euro a un dipendete amministrativo della commissione e 2000 al presidente della sezione. Martino da consulente tecnico d’ufficio avrebbe pilotato un procedimento tributario da 5,2 milioni riguardante La Doria, impresa dell’agroalimentare di Angri.

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