Papa Francesco, immigrazione e “cultura dello scarto” – di Giuseppe Civale

Prendo spunto da un recentissimo intervento del Santo Padre pubblicato sul vostro giornale e relativo alla problematica dell’immigrazione. La retorica, gli annunci e le azioni ad effetto mediatico, cui Francesco tanto abilmente ricorre, rientrano nella dialettica della propaganda e del proselitismo e, come tale, continuano a dare un senso alla sofferenza delle popolazioni meno evolute, impedendo all’umanità coinvolta di cambiare il corso della propria storia. Il sistema morale richiede risposte complesse e radicali, ma la risposta cristiana è: “vogliamoci bene, tanto poi tutto si risolve”. Non funziona cosí e per questo basta vedere le attuali crisi di tanti sistemi economici sudamericani ed africani, ossia dei Paesi più visitati dalla Santa Madre Chiesa. Invece di aprire le braccia e di implorare la misericordia divina farebbe bene ad aprire le porte degli ariosi stanzoni del Vaticano e ad offrire ospitalità in uno dei tanti monasteri o conventi, abilmente convertiti in accoglienti e redditizi alberghi, beneficiando di vergognose forme di esenzione fiscale, pietosamente accordate dallo Stato italiano per enti ecclesiastici. La religione, a mio avviso, non c’entra niente. I primi a non rispettare i dettami della loro religione sono spesso proprio gli immigrati. Molti vengono in Europa convinti che le democrazie occidentali abbiano, da un lato, l’obbligo di mantenerli, dall’altro ha preso piede un permissivismo giuridico e culturale tale da giustificare la loro mancanza di rispetto per le nostre regole, che mentre invocano a loro favore, sotto sotto disprezzano. Per motivi di spazio e per non affliggere ulteriormente il paziente lettore mi fermo qui. Tuttavia a livello di Commissione Europea e, senza consultare il Vaticano, sono in fase di avanzata elaborazione alcune soluzioni del problema, condivisibili non solo sul piano della concretezza, ma anche sicuramente rispettose delle nostre regole democratiche.

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