Salerno. Chiesa di Santa Maria de Lama. Giuseppe Panariello con “TEMPOPRESENTE”.

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    Segnalazione di Maria Pia Daidone – Giuseppe Panariello esporrà a Salerno, alla Chiesa di Santa Maria de Lama, dal 5 al 20 ottobre 2019.

    Sabato 05.10.2019, alle ore 17.30, incontro culturale, a cura del sociologo e critico d’arte Maurizio Vitiello, con l’artista Giuseppe Panariello nella Chiesa di Santa Maria de Lama, ubicata nel pieno centro storico della città salernitana, esattamente ai “GRADONI DELLA LAMA”, una traversa di via Tasso, tenuta aperta dai volontari del TCI Territorio di Salerno.
    Saluti del Console Enrico Andria Coordinatore del TCI Territorio di Salerno.
    Il sociologo e critico d’arte Maurizio Vitiello presenterà la mostra “TEMPOPRESENTE” con opere recenti di Giuseppe Panariello, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Campania.
    Interventi di Pino Cotarelli, giornalista, critico teatrale, redattore di Teatrocult News e Proscenio, Franco Lista, architetto e docente UNISOB e Carlo Spina, avvocato ed ecologista.
    Periodo: sabato 5 – domenica 20 ottobre 2019; apertura: sabato e domenica, dalle ore 10.00 alle ore 13.00 o su appuntamento: cell. 339 692 32 51 – 347 811 61 90.

    Scheda della mostra “TEMPOPRESENTE”, a cura di Maurizio Vitiello:

    “TEMPOPRESENTE” è il titolo della mostra di Giuseppe Panariello, che sarà aperta, dal 5 al 20 ottobre 2019, nella Chiesa di Santa Maria de Lama, che è una delle più antiche chiese di Salerno. Edificata, in un primo momento come una cappella privata di alcuni nobili, quando la città era nel pieno della dominazione longobarda, vale a dire tra il X e l’XI secolo. Il nome de Lama è dovuto al torrente che scorre ancora adesso davanti all’edificio sotto il livello stradale. Inizialmente, questa chiesa doveva essere costruita su un preesistente edificio romano del II secolo, di cui rimangono alcune murature in “opus reticulatum”, e doveva presentare una pianta quadrata e un ingresso rivolto a sud: ciò che rimane di questo primo periodo è l’attuale cripta, in cui sono ancora visibili i resti di alcuni affreschi di fattura beneventana.
    Le elaborazioni convinte di Giuseppe Panariello contengono sensi e segmenti di una declinazione che ci fa pensare a Mark Rothko.

    … I quadri devono essere miracolosi.
    Nell’istante in cui un quadro è terminato,
    ha fine l’intimità tra la creazione e il creatore.
    Il creatore diventa esterno alla sua stessa opera.
    Per lui, come per chiunque altro
    Il quadro dovrà essere una rivelazione,
    la soluzione inattesa e inedita di un problema
    che da sempre urge dentro.
    … non credo che sia mai stata questione
    di essere figurativi o astratti.
    Piuttosto si tratta di porre fine a questo silenzio
    E a questa solitudine, di dilatare il petto
    E tornare a respirare. (Mark Rothko)

    Giuseppe Panariello, tra l’altro, precisa: “C’è discontinuità pittorica. Una netta contrapposizione con generi e mode pittoriche. Oggi, la pittura è governata dall’urgenza degli eventi sociali, dalla cronaca, dalla crisi mondiale della politica e tantissime altre criticità. Oggi, l’artista è il poeta contemporaneo della ricerca, necessaria per avviare una riflessione sulle variabili fondamentali sull’arte, senza cedere alla tentazione di far prevalere il mercato sulla personalità lavorativa.”

    Donatella Trotta, tra l’altro, segnala: “I supporti, poveri, e la materia pittorica, scelta con acuta cognizione per una disamina dei labirinti dell’anima, sommano composizioni senza compiacimenti, ma d’impatto. L’arte oltre l’arte. Per parlare alle coscienze di tutti con il linguaggio radicale – ancestrale – del gesto. E per generare un atto (non soltanto est-etico ma anche poetico, politico) che possa dare un senso nuovo all’insensatezza del mondo, un futuro al principio speranza, un orizzonte (o una meta, perennemente mobile) alla spaesatezza e all’erranza come destino dell’umanità … Nell’attuale crisi globale che è – prima ancora che economico-finanziaria e sociale – fondamentalmente una crisi di senso, e di orientamento, il progetto di Panariello offre così una significativa sintesi tra Oriente e Occidente che da anni, peraltro, ispira in modo subliminale la sperimentazione artistica dell’autore e didatta napoletano, permeando il dettato inconscio della sua concezione laicamente sacrale dell’arte, nutrendo la sua sensibilità vibratile e determinando il suo approccio non impositivo, prescrittivo, dogmatico ma sempre maieutico alla realtà.”.

    Giuseppe Panariello sottolinea icone metaforiche, penetranti nella loro semplicità formale, che investono e interrogano l’immaginario. Sono la libera evocazione di passati lontani, di testimonianze post-moderne, di equilibri estetici fondati sulla percezione di un tempo sempre presente. La visione di intenso rigore formale porta alla riflessione su un silenzio dell’anima, quell’anima che ha scandito il tempo e che ha conosciuto i luoghi di uno spazio interiore. L’opera resta come muta testimonianza, residuo di una realtà passata, ma non dissolta. Giuseppe Panariello, Pippo per gli amici, riesce con materiali particolarissimi a esprimere un’estetica d’indubbia qualità performativa e di primo piano concettuale. Dei suoi lavori si possono apprezzare finezza compositiva, equilibrio raggiunto, armonia della bellezza, spiritualità esistenziale, sensibilità ben distribuita, amalgama visivo.
    In conclusione, quest’esposizione merita attenzione per meglio comprendere la fattura di opere singolari e particolari, realizzate grazie al “gesto” cromatico con glitter su lamiere di ferro, appositamente fatte arrugginire.

    Maurizio Vitiello

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