Repubblica apre con “La prima cosa bella” di Gabriele Romagnoli con la vista dalla tomba di Essad Bey sul cimitero di Positano

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Repubblica apre con “La prima cosa bella” di Gabriele Romagnoli con la vista dalla tomba di Essad Bey sul cimitero di Positano. Forse il cimitero più panoramico del mondo, quello della perla della Costiera amalfitana, ha colpito così tanto la prima firma di Repubblica, da aprire il giornale con il suo punto quotidiano “La prima cosa bella” con la vista dalla tomba del famosissimo scrittore Azerbajano, una tomba particolare e suggestiva, orientata verso il simbolo dei Mussulmani, La Mecca .

La prima cosa bella di venerdì 20 settembre 2019 è la tomba di Essad Bey a Positano: riposa in pace, reca pace ai mondi. Chiudo l’estate da questa finestra sul mare. Il cimitero è cattolico, il defunto di origini ebraiche, convertito all’Islam. Di famiglia azera, nacque a Kiev, studiò a Berlino, visse a Vienna e New York, terminò la sua esistenza davanti al Golfo. Scrittore, biografo, romanziere, era così anticomunista che pure i fascisti lo lasciarono campare, nonostante avesse dovuto fuggire dalla Germania per le leggi razziali. Il suo vero nome era Lev. Firmò i suoi libri di successo come Kurban Said. A Positano si spacciava per principe turco, ma molti lo credevano un venditore di stoffe egiziano. Era un opportunista, un apolide, un dimenticato. Fu definito “un commediante che amò giocare con sé e con gli altri fino alla fine”. Quando morì gli organizzarono un bel funerale, gli misero un corano per cuscino, lo portarono per gli infiniti gradini, sulla tomba misero una buffa scultura con un turbante, anche se indossava il fez. Tempo dopo qualcuno fece notare che non era ben orientato verso la Mecca, lo riesumarono e lo spostarono. Un gran daffare, ma l’Azerbaijan che lo rivoleva, poi riconobbe: lì è stato amato. Bella, la sua vita finta. Ma più belli gli abitanti di quel borgo tartassato, spopolato, per un terzo emigrato in America, dove chi restava sperava per gli altri accoglienza e fortuna e allora apriva le braccia a ‘sto turco, a ‘sto egizio, a quest’uomo.

essad bey

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