Brozo-Lukaku  è inter!  -Giampaolo: Milan sei immaturo 

 

Male, molto male. Marco Giampaolo ha perso nel peggiore dei modi il suo primo derby milanese. Il suo Minlan ha effettuato un solo tiro (al 40’ della ripresa) in tutta la partita: Theo Hernandez (uno dei più illustri «desaparecidos» di Milanello) ha timbrato il palo esterno dimostrando che Rodriguez «porta sempre il pane a casa» (come ha detto Giampaolo), ma quello sfornato 3 settimane prima… Per sua fortuna (si spera…) il tecnico milanista ha già a sua disposizione già 2 partite a brevissimo termine (Torino nel turno infrasettimanale e Fiorentina) per tentare di mitigare la rabbia e la delusione del Mondo Milan per uno dei peggiori derby casalinghi disputati durante quasi 120 anni di storia rossonera.

NESSUN ALIBI. La notte di San Siro è stata lunga. Lo stato maggiore di Casa Milan non ha perso tempo. Allenatore e squadra sono stati inchiodati davanti a responsabilità e obblighi ben precisi. Marco Giampaolo ha perso in soli 90′ gran parte del credito faticosamente accumulato nella lunga estate ricca di incognite, premesse, promesse, buone intenzioni. Un gruppo di lavoro spinto dalla forza della critica e dei tifosi fin da primo giorno di raduno. Ma l’ingiustificabile sconfitta nel derby non può essere ammessa, non ha alibi, è senza senso. Nel dopo-partita Giampaolo ha cercato di spiegare cosa è successo al suo Milan. «So che il risultato condiziona il giudizio, perdere il derby è un dolore. Siamo partiti un po’ così, con qualche titubanza di troppo, poi ci siamo assestati e abbiamo fatto bene. Siamo stati in partita, abbiamo colmato il divario di esperienza che c’è tra le due squadre. L’equilibrio è stato rotto da quella punizione. Non mi è più piaciuta la reazione disordinata che abbiamo avuto, ci siamo disuniti, abbiamo reagito emotivamente. Bisogna restare dentro la partita con organizzazione, ma sono cose che si assimilano con il lavoro e con il tempo, non siamo ancora maturi, c’è da lavorare. Questa squadra può arivare al quarto posto? In questo momento non so rispondere, bisogna lavorare e crederci».

 

MALEDIZIONE. Quindi anche l’effetto-Giampaolo (imbattuto nei derby genovesi e vincente dopo le soste dei campionati) sembra già essersi dissolto. Quello di ieri sera è il terzo derby consecutivo perso. Il Milan non ne vince uno in campionato dal 31 gennaio 2016. Un’eternità… Giampaolo adesso sarà costretto a cambiare per forza di cose. Prima di tutto l’atteggiamento e anche qualche elemento. I «nuovi» (Leao ed Hernandez) non sono poi da buttare. Ma nessun tiro in porta, come si giustifica una negatività così clamorosa. «In queste prime partite stiamo faticando su questo aspetto – ha spiegato – l’ideale sarebbe recuperare il pallone più alti per essere più vicini alla porta. Non mi piace giocare con un solo attaccante davanti, per questo insisto con il 2+1». Leao («non difende mai ma è agile, regala bei numeri») può essere utilizzato come prima punta. Piatek non c’è e quando di vede non è certo quello ammirato un anno fa. Anche il centrocampo va rivisto e corretto. Bennacer merita nuova fiducia. Conti nella difesa a 4 non funziona. A Torino torna Calabria dopo la squalifica.

 

La sfida di San Siro ha una sola protagonista, nel recupero ha sfiorato la terza rete con Candreva. Terzo clean sheet in 4 incontri, miglior difesa (un solo gol subìto)

BROZO-LUKAKU è inter!

Conte resta solo in vetta alla classifica: due lampi nerazzurri piegano il Milan, che non è mai pericoloso e alla fine subisce il gioco dell’Inter. Donnarumma limita i danni

L’Inter si è presa il derby con forza e merito. Un successo netto quello dei nerazzurri, spinti dai gol di Brozovic e Lukaku, ma anche dalle intuizioni tattiche di Conte che prosegue la sua corsa solitaria in vetta alla classifica: 4 giornate, 4 vittorie e 12 punti. Tornato in Italia dopo l’esperienza al Chelsea, l’ex ct ha ripreso da dove aveva lasciato (con la Juve) ovvero dal primo posto solitario in classifica, legittimato contro un Milan che è nettamente più indietro nel suo progetto. Giampaolo ha provato a contrastare i cugini, ma la sua squadra, dopo un primo tempo nel quale in qualche modo aveva tenuto botta, si è squagliata nella ripresa, praticamente senza far sporcare i guantoni ad Handanovic. Merito della difesa di Conte (3 gare su 4 in A senza reti al passivo) e in generale di un’Inter che è compatta come un monolite e ha lanciato un altro messaggio alla Juventus e al Napoli: nella corsa allo scudetto c’è anche lei.

DERBY VIVO. Handanovic e compagni fin dall’inizio hanno dato l’impressione di avere qualcosa di più. In un derby intenso e che non ha tradito le aspettative, hanno giocato meglio e hanno mostrato più intraprendenza, mentre il Milan è uscito fuori dal guscio solo nella seconda parte del primo round, quando aveva già rischiato di essere sotto nel punteggio (errori sottoporta di Lukaku e D’Ambrosio). Giampaolo aveva provato a sorprendere con Leao, all’esordio dal 1’, a fianco di Piatek e con Suso inizialmente trequartista nel 4-3-1-2 (poi è tornato al 4-3-3), ma Conte non si è fatto spiazzare e in fase di non possesso ha fatto pressare Biglia, la mente del Diavolo, a Sensi o a Brozovic. L’Inter puntava sull’ampiezza, sfruttando l’intraprendenza dei suoi esterni, molto alti, grazie ai cambi di gioco di Brozovic; il Milan si difendeva con ordine, ma circolava la palla con troppa lentezza. Ecco perché i nerazzurri hanno allungato le loro mani sulla gara: più possesso, più tiri nello specchio e più cross, con un unico neo, quello di essere rientrati negli spogliatoi sullo 0-0.

BROZO E LUKAKU. L’Inter è tornata in campo nella ripresa con lo stesso atteggiamento con cui aveva iniziato la sfida, ma stavolta ha trovato subito l’1-0 con una conclusione di Brozovic deviata in rete dallo sfortunato Leao. Il derby ha preso una piega ancora più netta perché a quel punto Conte ha arretrato il baricentro per difendersi con più sicurezza e sfruttare le ripartenze. Il suo capolavoro sono stati i cambi tutti azzeccati e il 5-4-1 (Politano e Barella esterni in mediana) con il quale si è preso il raddoppio e ha sfiorato il tris (2 leghi colpiti). Il Milan ha ribaltato il dato del possesso palla (43% nei primi 45’, 59% nei secondi), ma ha chiuso la gara con un solo tiro (innocuo) nello specchio perché Piatek è stato annullato dai superbi Godin, De Vrij e Skriniar e perché il centrocampo non ha sfornato un’idea. Qualche lampo di Leao e di Hernandez ha movimentato la prova della squadra, ma Giampaolo, che già era stato “beccato” da Boban, ha molto da lavorare. E’ come se il tecnico ex Samp non fosse ancora entrato nel dna del Milan: lui e i nuovi acquisti. Conte sotto questo aspetto è avanti anni luce e può godersi anche il terzo gol in A di Lukaku che ha pure esultato per il 2-0 con la mano all’orecchio come Icardi, il suo predecessore. Per l’Inter, imbattuta negli ultimi 7 derby, è stata un’altra notte da ricordare. Da capolista. L’1-1 di martedì contro lo Slavia ieri sera sembrava lontano anni luce.

Litigare porta bene. Solo 4 giorni dopo il testa a testa negli spogliatoi, proprio Brozovic e Lukaku regalano il derby all’Inter, che così si conferma prima e solitaria in vetta alla classifica. Serviva una risposta dopo il passo falso in Champions e i nerazzurri l’hanno data. Anche a Conte, che, dopo lo Slavia Praga, aveva denunciato che quello che si era visto in campo non era ciò che veniva provato in allenamento. Contro il Milan, invece, è riapparsa la sua Inter. «La prestazione di martedì ci aveva lasciato l’amaro in bocca – ha ammesso Conte -. Ma forse proprio questo ci ha dato una carica supplementare questa sera (ieri, ndr), stavolta avevamo il veleno dentro. Quel pareggio è stato utile per farci capire alcune cose, così siamo riusciti a tornare rapidamente sulla strada giusta. Si è alzato il livello di attenzione». E lui ha potuto alzare le braccia in segno di vittoria sotto la curva nerazzurra: «Oggi sono primo tifoso dell’Inter, oggi non dormo per l’Inter. Lo sarò finché resterò qui. Era lo stesso al Chelsea. Questo sono io».

SANGUE NELLE VENE. Chissà, volendo, magari anche il litigio ha stimolato ancora di più Brozovic e Lukaku. «Si è trattato solo di un chiarimento verbale, ma ben vengano queste cose, significa che c’è sangue nelle vene – non ha negato Conte, che semmai se l’è presa perché l’episodio è trapelato – La talpa? Non ce n’è solo una, ma una comitiva. Spero aggiusteremo questo aspetto, significherebbe che stiamo crescendo. Problemi, comunque, con ragazzi come loro e come tutto il resto della squadra non ce ne sono. Sono tutti eccezionali. Questo è un gruppo che ha piacere a stare assieme. Semmai, in campo, ogni tanto serve essere più smaliziati».

SE VOGLIAMO, POSSIAMO. Beh, con il Milan, i nerazzurri lo sono stati. E, soprattutto, hanno rispettato le consegne dell’allenatore. «Era il primo derby e tenevo a vincerlo, avvertivo un po’ di pressione – ha raccontato ancora Conte -. Noi abbiamo un’idea nel fare la fase di un possesso e un’altra in quella di non possesso. Stasera (ieri, ndr) si sono viste entrambe abbiamo pressato in maniera importante e il possesso palla non è mai stato fine a sé stesso. I complimenti non vanno ai singoli, ma all’intera squadra. Si è visto che se vogliamo, possiamo. Solo su un paio di errori nostri il Milan è riuscito a ripartire. Abbiamo sicuramente lavorato nella giusta maniera, oggi la differenza non si è vista dal punto di vista fisico nonostante avessimo giocato pochi giorni fa e loro no. Siamo stati vivi, brillanti. Abbiamo margini di crescita, ma dobbiamo continuare a lavorare». Intanto è arrivato il quarto successo di fila con Spalletti in panchina, nel 2017. Allora la serie si fermò alla quinta giornata, con un pareggio a Bologna. Stavolta, il quinto ostacolo davanti ad Handanovic e soci sarà la Lazio. E infatti ecco puntuale l’avvertimento di Conte: «Avevo chiesto i 3 punti per restare in testa, ma non è il momento di illudersi visto che è già capitato di recente». Resta il fatto che l’Inter ha vinto il terzo derby consecutivo. E che, per l’ultima sconfitta in campionato, occorre andare indietro fino a inizio 2016. Numeri sufficienti per far esultare Steven Zhang su Instagram: «Milano siamo noi. Sempre».

 

fonte:corrieredellosport

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