Pizza la riscossa mediatica di Napoli e le nuove sfide con la Val d’ Aosta che apre più pizzerie

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Pizza la riscossa mediatica di Napoli e le nuove sfide con la Val d’ Aosta che apre più pizzerie la riflessione di Luciano Pignataro esperto enogastronomico giornalista de Il Mattino di Napoli : Ripercorrendo gli ultimi anni della pizza napoletana non c’è dubbio che il salto è stato fatto grazie alla generazione di mezzo, Gino Sorbillo, Enzo Coccia, i fratelli Salvo per citare i nomi più importanti nello stile napoletano che hanno migliorato il prodotto e soprattutto hanno agganciato l’autoreferente mondo napoletano ai circuiti mediatici e specialistici nazionali che prima di loro consideravano la pizza un cibo etnico.
Naturalmente lo hanno potuto fare perché comunque la tradizione è stata portata avanti, ma viene un momento in cui le auto prendono il posto delle carrozze e bisogna camnbiare la pavimentazione delle strade. E poi magari la metro al posto delle auto per tutelare l’ambiente e la vivibilità urbana. In carrozzella possono andare i turisti tra piazza Plebiscito e Santa Lucia, ma chi vive in città ha bisogno di ben altra vivibilità.
Sorbillo, Coccia, Salvo, tre cognomi che hanno un dato in comune: una lunga gavetta e una tradizione familiare che proprio con loro ha poi fatto il grande salto di qualità.
Ma l’evoluzione è andata avanti, a partire dagli ultimi cinque anni una nuova generazione di pizzaioli, non tutti magari con la stessa tradizione familiare, ha spinto in avanti l’orizzonte della pizza studiando impasti e non ponendo limiti alla sperimentazione. Una fenomeno nuovo, che per la prima volta è uscito dalla città per estendersi prima in provincia e poi negli altri capoluoghi campani e infine fuori regione. Parliamo dei Martucci, di Sammarco, Bonetta, Vitagliano, i Pellone della Loggetta, Porzio: una generazione che ha bruciato le tappe e che ha trovato investitori per aprire pizzerie, a volte più di una.
In soli cinque, sei anni, è praticamente avvenuto il miracolo: per mangiare una buona pizza, digeribile, con buoni ingredienti, non è più necessario fare i chilometri o andare solo dai soliti indirizzi, ma spesso basta scendere di casa. Un movimento incredibile, che ha coinvolto decine e decine di giovani.
Questa generazione ha però il compiti di alzare l’asticella, passare ad un ragionamento nuovo sui topping, oggi sicuramente non all’altezza degli impasti perché troppo grevi, pesanti, difficili da digerire, spesso solo un elenco di prodotti di qualità assemblati senza un ragionamento dietro. Ed è su questo che si giocherà la partita con il resto dell’Italia che invece è ricca di esponenti, anche giovani come Pier Daniele Seu, capaci di essere i primi.
Piano piano la pizza, come la pasta, diventerà un cibo nato a Napoli ma italiana, ed è giusto che le cose vadano avanti così se la regione che ha aperto più pizzerie in percentuale nell’ultimo anno è la Val d’Aosta! Stare fermi ha un valore? Sicuramente no perché non esiste settore gastronomico che è stato fermo negli ultimi vent’anni, persino gli spaghetti al pomodoro sono cambiati con un buon pomodoro e una buona pasta e buon olio!
La partita è aperta e una guida, per essere essa stessa utile, ha il dovere di registrare questi cambiamenti senza paraocchi, senza inutili nostalgie, ma con decisione e fermezza se vuole essa stessa sopravvivere. 50TopPizza è stata la novità nel panorama editoriale degli ultimi tre anni, ma forse è venuto il momento di cambiare passo anche per questa iniziativa che ha dettato i temi spinto sulla qualità.

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