La politica e il buon samaritano

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    Ricordando gli insegnamenti del grande san Paolo VI mi viene da chiedere chi, fra chi ci governa, intende la politica come “la più alta forma di carità”. Il grande papa “timoniere del concilio” poteva dire perché aveva davanti a se personaggi della politica, da Giuseppe Dossetti a Giorgio La Pira da Aldo Moro a Giuseppe Lazzati e tanti altri che davvero vivevano la loro esperienza politica come servizio al Paese. Ora noi siamo invece sconcertati perché non passa giorno che non venga alla luce qualche scandalo che tocca proprio coloro che dovrebbero fare della politica la forma più alta di carità, e che invece la vivono come una spregiudicata attività per sé e per la propria sete di potere. « Porta sventura alla propria nazione colui che non semina un solo grano, che non posa un solo mattone o non tesse anche un solo indumento, ma che fa della politica la sua occupazione (K. Gibran) ». I politici, al di là delle vuote e roboanti parole, non sono più portatori di speranza, stanno rubando il futuro ai nostri figli, ai nostri nipoti lanciandoci verso un nichilismo aberrante, dove il matto del mercato di Nietzsche non grida più: « Dio è morto! » perché non si crede più a nulla. Piegati (ma sarebbe più opportuno “piagati”) sul “qui e subito”, morte e sepolte le ideologie di destra e di sinistra (che nostalgia i tempi di Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante), sono spuntati, come tignosa verdognola, ovolo malefico, paxillus involutus, porcino malefico, amanita pantherina, (come avrete inteso tutti funghi velenosi), una serie di partiti che parlano alla “pancia” della gente, che cavalcano paure vere o inesistenti o create ad arte per ottenere consensi perché quando le persone sono disperate, impaurite, sono più vulnerabili alle seduzioni di capipopolo che si presentano come i salvatori della Patria. Come scrivevo giorni fa, una nuova visione politica deve ripartire dall’umano. L’economia liberista ci ha insegnato a ragionare in termini di interesse, ma c’è anche chi con forte capacità di discernimento mette in pratica il proprio senso di giustizia senza badare a un personale tornaconto. Certo io da teologo so che l’umanesimo si fa in Cristo, ma chiunque può essere il “buon samaritano” che non si lascia influenzare dalla sua fede o da falsi pregiudizi: non parla, né medita: agisce e basta. È sotto gli occhi di tutti che la globalizzazione ha annullato tempi e schermi, siamo di fronte a una conoscenza globale del dolore, personale, dell’Italia, e quello lontano, da dovunque arrivi. La politica, pressata dai movimenti umanitari, non può più permettersi il lusso di ignorarlo, per questo, nel rispetto del proprio Dio, l’appello è per tutti gli “uomini di buona volontà”, di qualsiasi credo e fede, che possono incontrarsi in nuove agorà dove ognuno possa confrontarsi e le singole voci divenire armonia per il bene comune. Armonia perché consonanza di voci; combinazione di accordi; come ricorda Leopardi: «Passero solitario, alla campagna / cantando vai finché non muore il giorno; / ed erra l’armonia per questa valle».
    Aniello Clemente

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