Sorrento. Tasso, Caccioppoli, Merini, un formidabile trio

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Nella splendida cornice dell’Hotel Continental, grazie alla squisita ospitalità dell’albergatore Carlo Scala e di Luciano Russo, presidente dell’Istituto di Cultura “Torquato Tasso”, giovedì 13 giugno si è svolta la conferenza «Renato Caccioppoli, più che un uomo un’anima» tenuta dal prof. Alberto Cialdea, moderato dall’amico Gaetano Maresca. Data la fama di Renato Caccioppoli mi asterrò dal riportare la sua biografia ricordando solo che alla fine degli anni ‘80 la regista napoletana Marussa Gravagnuolo realizzò per la RAI un pregevole documentario sulla vita di Caccioppoli e nel 1992 la sua personalità tormentata è stata ricordata al cinema con un film diretto da Mario Martone e coprodotto da Rai Tre, Morte di un matematico napoletano, in cui il suo ruolo fu sostenuto da Carlo Cecchi. Renato Caccioppoli era un vero personaggio nella sua Napoli, nella quale visse ininterrottamente, a parte i tre anni di insegnamento a Padova tra il ‘31 e il ‘33. Città che era solito percorrere a piedi anche a notte fonda, con il consueto impermeabile chiaro e un po’ logoro indosso e con l’immancabile “Unità” infilata nella tasca, per coglierne silenziosamente il carattere o per meglio riflettere, accompagnato da giovani allievi o intellettuali ed amici della sinistra di allora. L’unico richiamo esplicito e costante alla sua memoria fu un necrologio anonimo apparso per anni ogni 8 maggio sul quotidiano «Il Mattino». Di Napoli amava soprattutto il caffè, «nero come la notte, dolce come l’amore, caldo come l’inferno». Il 29 giugno 1939 sposò in Municipio Sara Mancuso, conosciuta sedicenne nel 1936. Al di là dei successi che lo hanno reso celebre nella matematica, la sua vita fu sempre piuttosto problematica, ma anche caratterizzata dalla lotta e dal suo spirito anticonformista: la sua personalità eccentrica, profondamente antifascista, lo spinse a sperimentare la vita dei barboni e dei poveri e fu arrestato per accattonaggio. Nel 1938 improvvisò un discorso contro Hitler e Mussolini in visita a Napoli, insieme alla sua compagna Sara Mancuso fece suonare “La Marsigliese” dall’orchestrina di un ristorante all’aperto. Fu arrestato ancora e si salvò grazie all’intervento della zia Maria Bakunin docente di chimica nello stesso ateneo di Renato, che intervenne convincendo le autorità che il professor Caccioppoli era malato di mente cosa che lo accomuna a Torquato Tasso e Alda Merini. Più di quattro secoli li separano eppure, tutti e tre hanno vissuto la tragica esperienza del manicomio. Proprio all’interno del manicomio di Sant’Anna Tasso autorizzò la pubblicazione della “Gerusalemme Liberata”, una delle opere più importanti e belle della nostra letteratura con passi di altissimo livello stilistico e con passi particolarmente commoventi. Sono due le forme di disagio psichico sofferte dal nostro poeta, l’una, la tristezza di fondo che fa da basso continuo alla canzone della sua vita, l’altra, più grave e dolorosa, classificabile come psicosi depressiva, che ad un certo momento compare trovando, ben si intende, nutrimento dalla prima della quale ha la medesima tonalità e nella quale si innesta e si sviluppa. Di suo Torquato Tasso era quel che si può definire un uomo tendente alla tristezza indotto a tale inclinazione certamente da eventi significativi della sua vita. Di natura sensibilissimo, intelligentissimo e precoce, studiosissimo (ad otto anni sapeva di latino e di greco, bambino scriveva già poesie) a circa dieci anni dovette lasciare Napoli (altra coincidenza con Caccioppoli) e la madre per seguire il padre bandito dalla città per motivi politici e ne soffrì atrocemente. Più di 400 anni dopo la Merini dovette sopportare oltre al manicomio 46 elettroshock a cui è stata sottoposta ma, nonostante ciò, come lei stessa disse, la sua memoria non si è mai spenta e proprio in quegli anni quel dolore le permise di comporre versi sublimi e forti di significato. La poetessa era convinta, dopo aver vissuto queste esperienze sulla propria pelle, che le malattie mentali non esistessero. Disse, una volta fuori dal manicomio, che il vero inferno è la società, «è fuori, qui a contatto degli altri, che ti giudicano, ti criticano e non ti amano» . Alda frequenta le scuole professionali all’Istituto “Laura Solera Mantegazza”; chiede di essere ammessa presso il liceo Manzoni, ma – sembra incredibile – non supera la prova di italiano. In questi anni dedica molto tempo anche allo studio del pianoforte, cosa che la accomuna ancora al Caccioppoli. La sua prima, grande passione, infatti, fu la musica: a 17 anni, era bravissimo al pianoforte e molto promettente anche con il violino. Amore e talento per la musica li aveva ereditati proprio dal nonno Michail, che era stato amico di Wagner assistendolo, spesso, mentre componeva. Non è un caso che Wagner fu tra gli autori preferiti di Renato. Un giorno Renato si confidò con Benedetto Croce, chiedendogli di aiutarlo a scegliere tra la musica e gli studi universitari. Croce gli disse: «Caccioppoli, andate a Matematica, ci vuole un metodo che la passione non può dare. La musica sopravvivrà». Alda Merini data il suo ultimo lavoro nel 2006, e si avvicina al genere noir con “La nera novella” (Rizzoli) a testimoniare, forse, la sua tristezza, la sua angoscia. Anche per Caccioppoli gli ultimi anni della sua vita furono i più tristi: probabilmente vide molte delle sue aspirazioni politiche disilluse, sentì forse venir meno la sua vena matematica, soffrì l’abbandono della moglie, Sara Mancuso, cui era profondamente legato. Prese a bere sempre più e si isolò progressivamente. Ma ancora una piccola particolarità unisce «l’ape furibonda» e «l’albatro incompreso»: le loro date di morte, sembrano un “capriccio” matematico, Renato si uccise nella sua casa di Palazzo Cellammare l’8-5-1959 (8×5=40; 59-19=40). Alda muore a Milano il giorno 1-11-2009 (1; 11; 20-9=11; 2+9=11). Userò le parole del Tasso per salutare Ada e Renato: «O Musa, tu che di caduchi allori / non circondi la fronte in elicona, / ma sul cielo infra i beati cori / hai di stelli immortali aurea corona» (O Musa, tu che non ti circondi sul monte Elicona la fronte di allori destinati a cadere, ma hai una corona dorata di stelle immortali su nel cielo). Tasso adotta questa particolare invocazione nel primo canto della Gerusalemme liberata e mette subito le cose in chiaro, nessuna divinità pagana, niente blasfemia, l’opera è dedicata alla Madonna, la Madre dei cieli, che spera possa essere magnanima; alla sua materna intercessione affidiamo le anime di coloro che, incompresi nel loro peregrinare terreno, hanno finalmente trovata l’agognata pace.
Aniello Clemente

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